Si parla ad esempio molto spesso della deindustrializzazione in Europa, che in realtà è più una trasformazione che una fine vera e propria dell’industria. Interessante a questo proposito è un libro recentemente pubblicato da Pierre Veltz, sociologo, ingegnere ed economista francese, specialista dell’organizzazione delle aziende e delle dinamiche territoriali. Il libro, intitolato “La société hyper-industrielle” (con il sottotitolo “Le nouveau capitalisme productif”) indica come in realtà non vi sia una regressione dell’industria, ma una profonda trasformazione, soprattutto della sua organizzazione. La rivoluzione in atto e con la quale dobbiamo confrontarci non concerne tanto l’automatizzazione di taluni compiti lavorativi, quanto piuttosto la connettività derivante dalle reti di comunicazione che agevola ulteriormente la dispersione della produzione in tutto il mondo, l’inclusione dell’utilizzatore nei cicli di produzione e la ricezione costante dei dati di utilizzo grazie alle varie piattaforme di scambio di dati. Per cui Veltz ritiene che l’industria stia diventando un servizio come gli altri, mentre molti servizi si organizzano secondo criteri industriali, rendendo sempre più difficile la distinzione fra i due rami economici. È un brevissimo e parziale riassunto, ma fornisce comunque spunti importanti. Cioè che la trasformazione non è per forza negativa, ma permette sviluppi anche impensabili.