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Coronavirus
17.04.2020 - 11:000

Cerny contrario al piano di riaperture: "Rischiamo una seconda ondata ancora più devastante e un nuovo lockdown"

Per il direttore dell'Epatocentro Ticino alla Clinica Luganese le scuole dovrebbero restare chiuse e si dovrebbe riaprire solo quando i contagi sono azzerati. E sulle case anziani dice che...

MONCUCCO - “La seconda ondata in Ticino potrebbe essere ancora più devastante della prima. È troppo presto per riaprire, anche se a tappe...”. Lo ha dichiarato a La Regione il professor Andreas Cerny, direttore dell’Epatocentro Ticino alla Clinica Luganese Moncucco.

Secondo Cerny, le differenze di gestione tra la Svizzera e i Paesi asiatici che hanno saputo controllare l’epidemia sono evidenti. “Loro hanno riavviato alcuni settori solo quando non avevano più contagi. In Svizzera, i casi sono in calo ma ne abbiamo ancora. Si rischia di affrontare la seconda ondata senza medicamenti efficaci. Rischiamo un secondo lockdown”.

Un farmaco che funziona ancora non esiste, come noto. Cerny sarebbe più tranquillo se si affrontasse una seconda epidemia con una cura efficace: ma quanto ci vorrebbe? Lui parla almeno di qualche settimana, però l’economia, come noto, morde il freno. Il suo consiglio sarebbe continuare con limitazioni ‘lombarde’, osservando nel contempo le riaperture graduali di paesi come Svezia, Austria, Danimarca.

“A far partire la seconda ondata saranno quelle persone, che ora sono in fase di incubazione e hanno un decorso asintomatico. Ora sappiamo che non sono facilmente riconoscibili, molti non hanno nemmeno la febbre. Più aspettiamo, meno asintomatici avremo in circolazione, e meno rischieremo una seconda grave ondata”, ribadisce, facendo notare come in Ticino, rispetto al resto della Svizzera, la mortalità causata dal Coronavirus sia 13 volte più alta. Da qui, le sue paure. 

Su come evitare contagi, Cerny ha le idee chiare: scuole chiuse, mascherine (“servono per evitare la diffusione del virus da parte degli asintomatici”), distanza sociale. E per le case anziani, chiusura ai visitatori fino a quando il virus non circolerà più. A suo avviso, anche in questi casi i contagi sono nati dagli asintomatici, si sarebbero dovuti eseguire tamponi e test sierologici su chi lavora nelle strutture, ma in Ticino non era semplice eseguirli.

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