L'imprenditore ricorda la dura vertenza sull'ex terreno delle Ferrovie, quando lui e Bignasca erano concorrenti per ospitare il Centro federale di calcolo. Da lì, Bignasca decise di fare un giornale
LUGANO - “Dovevamo vederci domani per discutere di alcune cose relative al Campo Marzio. E invece… non potrò nemmeno andare al suo funerale, purtroppo, perché a quell’ora ho l’inaugurazione del Resort di Agra…”. L’imprenditore Silvio Tarchini è stato, indirettamente e suo malgrado, una delle “cause” della nascita del Mattino e poi della Lega. Lui e Giuliano Bignasca erano allora concorrenti per un terreno, quello del Centro di calcolo di Manno.
“In effetti - dice -, io sono stato un po’ l’artefice indiretto della nascita della Lega. Il Politecnico di Zurigo aveva deciso di portare in Ticino il Centro di calcolo e io ero già in contatto con loro tramite Fulvio Caccia. Alla fine hanno deciso di fare un concorso pubblico, e Bignasca ha partecipato. Nel frattempo lui era andato a informarsi su alcuni terreno che io avevo acquistato dalle Ferrovie federali, le quali li avevano espropriati a una fondazione con l’intenzione, poi abbandonata, di realizzare uno scalo ferroviario. Emerse che, prima di venderli a me, avendo rinunciato al progetto dello scalo, avrebbero dovuto riproporli alla Fondazione. Per farla breve c’era stata una causa propugnata civile da Bignasca e conclusasi con un risarcimento da parte delle Ferrovie. Il Mattino era nato in seguito a quella vicenda”.
Ma noi, ricorda Tarchini, eravamo solo concorrenti. Non nemici. “Io guardavo i miei interessi, come faceva il Nano, e alla fine il Politecnico optò per costruire il Centro sul mio terreno”.
Dopo quella vicenda, continua l’imprenditore, siamo diventati amici. “Con Bignasca ho sempre avuto un ottimo rapporto, l’ho sempre apprezzato per la sua generosità, la sua franchezza, e la sua capacità di prendere in mano le cose e di decidere. Per la sua concretezza. Ci siamo sentiti al telefono due giorni fa, l’ultima volta”.
Dal punto di vista politico, racconta Tarchini, Bignasca aveva le sue idee, a volte discutibili, ma ha lasciato senza dubbio un segno indelebile e ha cambiato la politica in Ticino. “È stata una persona unica sotto questo profilo. Certo, aveva i suoi toni suoi metodi a volte rozzi, e per questo con lui, ogni tanto, bisognava alzare la voce e affrontarlo di persona. Apprezzava chi lo affrontava di petto”.
E poi, aggiunge, era un uomo che aveva una sola parola: bastava una stretta di mano per capirsi con lui. “Nei primi anni Novanta aveva pubblicato alcune cose infondate contro di me, sempre legate alla vicenda del Centro di calcolo: gli ho telefonato e gli ho detto ‘adesso la smetti di rompermi le scatole’. Lui mi ha promesso che avrebbe smesso, e non ha più scritto una riga”.
emmebi