La 38enne di Manno è stata schiacciata da uno dei due enormi massi che hanno lambito la cascina dell'alpeggio. Il medico della Rega ha ritrovato la bimba accanto a lei viva per miracolo. GUARDA LE FOTO
CAMA – Aveva 38 anni, era biologa. È morta schiacciata da un enorme masso venuto giù dalla montagna insieme a una frana di 50'000 – forse 100'000 - metri cubi di roccia e detriti. La vita di Katia Boschi, di Manno, si è spenta giovedì notte all’Alp de Lagh. A 1'280 metri di quota, in Val Cama, comune di Verdabbio. Nel luogo che tanto amava: accanto all’alpeggio che gestiva d’estate dal 2004, unendo passione e conoscenze professionali.
Quando ha sentito il fragore della montagna che franava – erano le 2 e mezza di notte - è uscita a vedere cosa stava succedendo con una delle due figlie in braccio. La bimba è scampata alla morte per miracolo: era ancora abbracciata alla madre quando i soccorritori l’hanno trovata. Tutti, lassù, sono scampati alla morte per il miracolo. Anche il marito di Katia, e l’altra loro bambina, e i ragazzini che campeggiavano nella zona, a pochi passi dalle riva del lago: tredici bambini svizzero-tedeschi tra i 10 e i 13 anni che partecipavano a una colonia organizzata dal WWF. Con loro c’erano 4 accompagnatori. I massi che si sono fermati a pochi metri dalla cascina hanno dimensioni impressionanti. Avrebbero potuto spazzare via tutto.
La Polizia cantonale grigionese ha aperto un’inchiesta per capire cos’ha causato la frana. Già da giorni, forse a causa delle abbondanti piogge, i proprietari dei rustici avevano sentito degli rumori di massi che si muovevano, e nella montagna erano ben visibili delle fratture. I primi massi sono caduti verso la mezzanotte di giovedì, poi la frana assassina. Così un luogo incantevole si è trasformato in un inferno.
“Era un paradiso. Ora è un inferno. Il medico della Rega ha tolto dalle braccia della madre, investita dal masso, la figlia più piccola, di pochi anni”, ha detto alla Regione il sindaco di Verdabbio Antonio Spadini, appena sceso dall’elicottero dopo la ricognizione all’Alp de Lagh. “È successo qualcosa di inimmaginabile, ma poteva essere una tragedia ben più grande. Quella non è mai stata una zona pericolosa. Ora dobbiamo pensare anche a come far scendere le centinaia di capre presenti sull’alpe, capire come fare per la mungitura. Poi diramare un avviso per rendere impraticabile la zona”.