POLITICA E POTERE
Tre domande a Roberto Caruso: "Il licenziamento, Marina Carobbio e il mio futuro..."
"Uno dei mantra dipartimentali è che, finché c’è una procedura in corso, non si può parlare. Quando la procedura è chiusa, però, non serve più a nulla parlare"
TiPress/Francesca Agosta
POLITICA E POTERE

Licenziamento di Caruso, 'achtung' della Gestione al Governo

15 MAGGIO 2025
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I deputati dell’MPS Sergi e Pronzini hanno chiesto che i consiglieri di Stato si assumessero la responsabilità finanziaria del costo (circa 1'500 franchi) legato al ricorso al Tribunale amministrativo che lei, Roberto Caruso, ha vinto. Il Tribunale ha riconosciuto che le è stato negato, nella procedura di licenziamento, il diritto di essere sentito e ha bacchettato il Governo. Il Parlamento nei giorni scorsi ha respinto la richiesta di Sergi e Pronzini, ma l’aspetto clamoroso del caso è il rapporto della Commissione della gestione. Un rapporto contrario alla richiesta dell’MPS, ma che una decina di deputati hanno firmato con riserva, il che è stato letto come un segnale di avvertimento – anche a futura memoria – nei confronti del Governo. Secondo lei quel rapporto firmato con riserva è un atto di sfiducia della politica nei confronti dei vertici del DECS?

All’inizio dello scorso mese di giugno, a pochi giorni dalla fine della scuola, il Consiglio di Stato mi ha sospeso senza alcun preavviso da ogni obbligo lavorativo. A inizio agosto il Tribunale Amministrativo (Tram) ha annullato la decisione di sospensione poiché il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (Decs) aveva violato sistematicamente il mio diritto di difesa e non giustificato la repentina sospensione. Pochi giorni dopo questa severa sentenza del Tribunale, la sezione amministrativa del Decs mi ha nuovamente sospeso. In seguito, ancor prima di ricevere le mie osservazioni alla seconda sospensione, il Consiglio di Stato mi ha licenziato violando ancora una volta il mio diritto di essere sentito. E due. Questi fatti sono stati resi pubblici dai media e si inseriscono in un contesto più ampio dove, in più casi, il Decs è reo di non rispettare il diritto costituzionale di essere sentiti.

Lo scorso mercoledì ho visto in streaming la discussione avvenuta in parlamento e credo che il rapporto firmato con riserva sia un segnale di sfiducia nei confronti del Decs, ma non nei confronti del Governo. Dubito che i vari deputati dei partiti di governo, intervenuti aspramente contro l’operato del Governo, non si siano anticipatamente confrontati con il proprio Consigliere di Stato.

In questi mesi lei ha avuto occasione di confrontarsi con la direttrice del DECS Marina Carobbio? E in caso contrario, se potesse incontrarla che cosa le vorrebbe dire e spiegare?

Non ho avuto modo di confrontarmi con la signora Carobbio. Tuttavia ho cercato di comunicare con lei. Le ho scritto alcune email molto prima della mia sospensione per informarla e per chiedere un interessamento da parte sua riguardo alla situazione che da tempo si protraeva e stava peggiorando nella sede in cui lavoravo. Non ho mai ricevuto risposta. Uno dei mantra dipartimentali è che, finché c’è una procedura in corso, non si può parlare. Quando la procedura è chiusa, però, non serve più a nulla parlare, le decisioni sono prese e non si può tornare indietro per correggere qualcosa. Oramai siamo alle battute finali. Quindi, anche se potessi incontrare la direttrice del dipartimento, non ci sarebbe più molto da dire, forse che avremmo potuto evitare tutto quanto è successo con un incontro o una semplice telefonata tanto tempo fa. Resto tuttavia aperto al dialogo e a lasciarmi sorprendere.

Nell’estate scorsa, quando il suo caso era appena scoppiato, lei dichiarò che le sarebbe piaciuto tornare a insegnare. Ora, dopo tanti mesi di battaglia, è ancora di quella opinione in merito al suo futuro? O ha altri progetti professionali?

La lontananza da scuola ha fatto emergere da subito sentimenti e valori che non immaginavo così intensi e belli. La vicinanza e il sostegno dei miei allievi ed ex allievi ha dato un senso di pienezza a questi “primi” 35 anni di insegnamento, mi hanno trasferito tanta energia e voglia di ottenere giustizia. Nondimeno i sentimenti belli sono complementari a quelli meno belli, cioè alla discreta indignazione che mi accompagna per quanto successo. D’altronde bisogna anche indignarsi e fare qualcosa, per reagire, per cercare di stare bene, per non disinteressarsi.

Il mio unico progetto professionale è quello di tornare a scuola, ho ancora il desiderio di imparare dai miei studenti.

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