CRONACA
Franco forte, “noi non taglieremo!”: la scelta ‘controcorrente’ della Jetpharma di Balerna: “Non possiamo aggiungere danno al danno”
Intervista al fondatore della ditta attiva nel settore della farmaceutica Alberto Martinoli: "Un grosso errore scaricare sui dipendenti le difficoltà legate al cambio"

BALERNA – In questi giorni stanno emergendo in maniera dirompente le conseguenze ‘ticinesi’ della decisione della BNS: reazioni, controreazioni, analisi ‘apocalittiche’, inviti alla calma e, soprattutto, tensioni. Molte aziende hanno deciso di correre ai ripari o porre rimedio alle conseguenze tagliando i salari, aumentando il monte ore, sospendendo le tredicesime… Molte, ma non tutte. Strada diversa è stata intrapresa dalla JETHPHARMA di Balerna, che ha deciso di non intervenire sui propri dipendenti e di reagire anzi impegnandosi in un nuovo piano di investimenti per il prossimo triennio.

L’azienda, fondata 30 anni fa dall’ingegner Alberto Martinoli, che impiega attualmente 60 persone, si occupa di micronizzazione di sostanze per l’industria farmaceutica e la produzione di macchinari. Settore in cui è leader, detenendo “diversi trade marks a livello mondiale ed una posizione di riconosciuta capacità e competenza”.

Ebbene, come si legge nel comunicato stampa giunto dall’azienda, “il suo fondatore ha deciso nel corso di un recente Consiglio di Direzione insieme ai suoi figli Luca e Stefano (la ditta è interamente di proprietà della famiglia Martinoli, si spiega più avanti), di non procedere ad alcuna revisione delle retribuzioni dei propri collaboratori, pur nella complessa e mutata situazione di competizione commerciale derivata dalle problematiche del cambio Euro/Franco. Tale decisione è stata presa sulla base di una chiara convinzione che per vincere sui mercati globali sia necessaria la massima qualità del processo produttivo, ma pure un personale altamente qualificato e motivato”.

L’azienda, si legge ancora, ritiene insomma “di poter almeno per ora operare in modo autonomo e di assumersi pur in un momento complesso la totale responsabilità dei contraccolpi dovuti all’instabilità valutaria, ritenendo ciò parte della missione imprenditoriale connaturata in aziende che rispondono in primis a sé stesse e a propri capitali”.

Leggendo fra le righe: il corso della valuta è un rischio aziendale da non far pesare sui propri dipendenti. Una posizione rara in questo momento, facciamo notare all’ingegner Martinoli.

“Certo – commenta –. Ma le spiego subito il perché: come azienda forniamo offriamo un servizio di nicchia, operiamo per l’industria farmaceutica svizzera, europea, americana e giapponese. Servizio che si basa su due pilastri fondamentali per noi: uno è la tecnologia, con le macchine da noi progettate che ci consentono una certa eccellenza in questo campo. Eccellenza che però non sarebbe completa se non poggiasse su un secondo pilastro, che sono le competenze e le capacità dei nostri collaboratori”.

È perciò l’insieme di questi due aspetti, prosegue, a essere offerto alla clientela. “Ed è questo che ci permette di ambire a mercati estremamente interessati alla qualità. Come tutti abbiamo sentito il colpo della decisione della BNS, anche noi abbiamo avuto perdite valutarie. Ma non possiamo permetterci di aggiungere danno al danno”.

Insomma, il lavoratore è una risorsa che non va penalizzata per fattori che da lui non dipendono. “Sarebbe un grosso errore per noi. Se trasferissimo le conseguenze sui dipendenti creeremmo una forma di disturbo tale per cui la qualità del servizio completo offerto alla clientela diminuirebbe e annullerebbe i vantaggi di mercati che abbiamo ricercato e raggiunto. Questa è la motivazione per cui abbiamo deciso di sopportare all’interno dell’azienda la perdita data dal cambio ridotto praticamente alla parità, senza coinvolgervi i lavoratori”.

Che le conseguenze, pur essendo un settore di nicchia e altamente specializzato, vi siano, lo prova la decisione presa invece dalla Micro-Macinazione di Monteggio, che opera nello stesso ambito della JETPHARMA, ma che ha proceduto con tagli del 10% sui salari. Come vede quindi il clima sociale che si è instaurato e la reazione dei colleghi imprenditori chi ha scelto di optare per una via molto differente?

“Sono un imprenditore vecchia maniera, uno di quelli che ‘bada al suo orticello’. So che, come noi, anche altri staranno vivendo delle difficoltà e non voglio esprimere giudizi sul loro comportamento. Posso dire solo che, per quello che concerne la JETPHARMA, ritengo un grosso errore scaricare sui dipendenti le difficoltà legate al cambio. Questa è la mia opinione”.

La strada intrapresa per affrontare la crisi è invece quella degli investimenti “per il prossimo triennio proprio con l’obiettivo di rendere ancor meglio competitiva l’azienda e proteggerla ulteriormente da scossoni del mercato di guardare al futuro quindi”, si spiega nel comunicato.

“Posso parlare solo per me e di quello che abbiamo deciso di fare noi. Ossia stringere i denti e lavorare al meglio delle nostre possibilità. Il piano di investimenti è una scelta naturale: la tecnologia cambia in continuazione, gli investimenti non possono quindi interrompersi, ma devono aumentare nel limite del possibile e del ragionevole”.

Insomma, commenti su come dovrebbe reagire il sistema industriale ed economico ticinese, preferisce non farne, ma se dalle azioni si vuole trarre una ricetta, quella di Martinoli per la propria azienda è di “continuare a investire per essere attrattivi, spronando i dipendenti a partecipare al successo aziendale”, non infiacchendo gli animi, aggiungiamo noi, con misure che vadano a toccare i loro salari.

E a proposito di lavoratori, infine, una domanda si impone: chi sono? Nel quadro attuale elemento importante è il rapporto fra lavoratori residenti o meno, perché, va da sé, cambia il peso che ha il dipendente per un’azienda. “Abbiamo una buona fetta di frontalieri, quasi la metà dei 60 dipendenti lo sono. Ma non ci basiamo su questo aspetto, scegliamo in base alle competenze e alle capacità del singolo. Chiaro, ci rivolgiamo al mercato del Cantone, ma la dove non riusciamo ad avere le competenze necessarie guardiamo fuori, sia al resto della Svizzera sia all’estero. Non abbiamo mai fatto però una politica del frontalierato, la nostra politica di assunzioni si basa sulle competenze della persona, il suo background e quello che serve all’azienda in quel momento”.

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