Il Consiglio di Stato ha partorito un Frankestein istituzionale. Zali ottiene tutto. Gobbi dimezzato ma con una miniera di voti. Per i partiti è un grande pareggio
di Andrea Leoni
La prima volta che m’è arrivata all’orecchio l’idea dell’accrocchio, l’ho ritenuta talmente inverosimile da non approfondirla. Poi con il passare dei giorni e delle ore, quando i riscontri si sommavano da fonti qualificate e diverse, ho capito che l’ipotesi era concreta. Non ci potevo credere, ma era vero. Del resto quanto deciso ieri dal Governo, è un’autentica operazione da Fatapolitica. Di quelle che di solito restano nell’immaginazione delle menti più fervide. Invece è realtà.
Il Consiglio di Stato ha partorito un Frankestein istituzionale. All’unanimità. Questo Esecutivo, lo sappiamo, non conosce la grammatica della maggioranza, cioè l’idea di governare facendo delle scelte chiare, risolute, comprensibili. Ha un’impostazione unanimistica, del compromesso purchessia, di un’interpretazione radicale della concordanza e della collegialità che sfocia quasi sempre nell’immobilismo e nel dipartimentalismo più sfacciato. L’accrocchio è in qualche modo l’emblema di questo approccio dogmatico.
Eppure la sfibrante fatica con la quale il Collegio è giunto al “risultato”, così come le sfumature del comunicato stampa, rivelano in maniera cristallina come persino un Governo con questa impostazione istituzionale, abbia dovuto deglutire un rospo pesantissimo. C’è un imbarazzo evidente anche nella scelta di non convocare una conferenza stampa per confrontarsi e motivare il parto al Paese.
Difficile comprendere cosa abbia spinto davvero il Governo a non prendere la decisione più semplice: o sì o no. Certamente un insieme di fattori, frutto di trattative articolate su sottilissimi equilibri politici e personali. Si vocifera ad esempio che negli ultimi giorni Claudio Zali abbia manifestato più volte ai colleghi, e forse non solo, l’intenzione di andarsene qualora l’arrocco fosse stato bocciato sine die. Il ministro del Territorio, così narrano le informate mura di Palazzo, non ci stava a perdere la faccia dopo averla messa davanti ai suoi ex colleghi magistrati, nell’avventurosa partecipazione all’anno giudiziario (“ci vediamo l’anno prossimo”). Sottinteso, con il potenziale addio di Zali, l’ingresso in Governo di Piero Marchesi, cioè di un nuovo partito e con una nuova clamorosa tempesta governativa. Il tutto con all’orizzonte il delicatissimo voto di settembre sulle iniziative sulle casse malati e con un tempo relativamente breve alle prossime elezioni. Fantapolitica? Chissà... Si dice anche che qualche ministro potesse avere un po’ di cattiva coscienza. Nel senso di aver accordato agli arrocchisti un sì di principio, salvo poi rimangiarselo dopo le polemiche scaturite dalla notizie e dagli strappi collegiali dei leghisti. Sicuramente c’è anche dell’altro, ma questo non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai.
Non stiamo qui noi a ricamare moralismi sul bene del Paese e delle istituzioni. Chi vivrà, vedrà. A livello partitico c'è stato un grande pareggio. La Lega è riuscita ad acciuffare un risultato insperato e non banale, dopo che tutte le forze politiche si erano schierate contro l’arrocco. Di fatto Zali porta a casa tutto ciò che desiderava, ottenendo altresì di non occuparsi dei settori del DI con cui ha meno affinità (comuni). Mantiene anche al Territorio la gestione degli uffici che lo hanno portato nelle grazie dell’elettorato rossoverde. Ne esce maluccio Norman Gobbi, più che altro a livello comunicativo. L’ammissione di rinunciare alla polizia a causa del processo per l’incidente in Leventina (era questo uno dei motivi reali dell’arrocco? E perché rivolerla, la polizia, dopo la prima autosospensione, quando già si sapeva che ci sarebbe stato il processo? ), così come l’assegnazione della Divisione delle costruzioni, citiamo dal comunicato governativo, “per riequilibrare il carico di lavoro”, non sono un bel ritratto. Il DI viene sostanzialmente svuotato della sua essenza, ma la Divisione delle costruzioni è una miniera d’oro e di voti.
Mezza sconfitta, o mezza vittoria, anche per gli altri partiti di Governo. Se l’arrocco è stato fucilato, come richiesto, hanno dovuto comunque scendere a patti con i desiderata di via Monte Boglia, sfociati in un compromesso di difficilissima digestione. Attenzione: parliamo di successi o insuccessi parziali, di tappa. I conti si faranno a fine legislatura. E solo lì sapremo se saranno di Pirro o no.