Intervistato dal blog Fatcugnos, Don Grampa racconta il suo ‘dopo mandato’ proponendo, con certo rammarico, una riflessione sulla figura del vescovo emerito GUARDA IL VIDEO
CASTEL SAN PIETRO – Emarginato, così si sente dopo il suo ‘pensionamento’ il Vescovo emerito Don Mino Grampa. Raggiunto presso Villa Turconi, dove ora risiede e dove prende posto anche l’Istituto S. Angelo di Loverciano per ragazzi diversamente abili, Don Grampa ha raccontato a Fatcugnos, blog ticinese dedicato alla solidarietà, del suo ‘dopo mandato’ proponendo, con certo rammarico, una riflessione sulla figura del vescovo emerito.
Una figura per certi versi non più attuale secondo Don Mino. Istituita circa mezzo secolo fa da Paolo VI, la sua istituzione ha posto il limite dei 75 anni per il mandato dei vescovi, prima a vita. E se allora era motivata (“C'erano molti vescovi sopra gli 80/90 anni ed era bene che entrassero in un periodo di pausa”), oggi, con la vita che si è allungata, “a 75 anni ci si sente ancora in piene forze e con molta energia da mettere a disposizione”.
Ci si sente quindi messi da parte. Un sentimento che coinvolge ora circa il 30% dei vescovi e che pone un problema nuovo alla Chiesa per la figura stessa dell’emerito che, riflette Don Grampa, “continua ad essere vescovo ma non ha più la possibilità di svolgere un ministero. Non ha più dei fedeli riconosciuti, non ha più una Chiesa dove tenere le sue funzioni e celebrazioni. Resta vescovo, fa parte del collegio apostolico, ma si trova spesso messo ai margini. E questo dipende anche dalla sensibilità dei confratelli”.