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14.05.2017 - 09:530
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Penso che la barriera dei 1000 km non stop sia alla mia portata...". Manuele Morelli sogna nuova imprese: "L’importante è fare tutto con il sorriso sulle labbra"

Intervista all'imprenditore ticinese, ed ex presidente del Bellinzona, dopo che al Race Across Italy ha percorso 800 chilometri senza dormire per 38 ore: "Cosa spinge a queste prove? È una cosa che ti nasce dentro gradualmente affrontando allenamenti sempre più lunghi, conoscendo gente che pratica questa disciplina estrema, udendo e leggendo i loro racconti di questa o quella corsa folle. Non da ultimo forse un nemmeno tanto inconscio desiderio di scoprire dove è il limite"

Manuele Morelli cosa ti ha spinto ad affrontare una prova così dura, percorrendo 800 km in bici con un dislivello di 10'000 metri e senza dormire per 38 ore?

Non c’è un qualcosa di chiaramente identificabile che mi ha spinto. È una cosa che ti nasce dentro gradualmente affrontando allenamenti sempre più lunghi, conoscendo gente che pratica questa disciplina estrema, udendo e leggendo i loro racconti di questa o quella corsa folle. Non da ultimo forse un nemmeno tanto inconscio desiderio di scoprire dove è il limite.   

 

Che cos’hai provato alla fine, raggiungendo il traguardo?

Un frammisto di gioia, soddisfazione, commozione e rilassamento. Il ricordo non è nitidissimo perché la fatica, la mancanza di sonno, il freddo e qualche dolore hanno in parte preso il sopravvento. Leggevo però negli occhi del team che mi ha accompagnato, e senza il quale non sarei mai giunto alla fine, una sorta di appagamento e felicità per il lavoro compiuto, senza dimenticare le lacrime di gioia della mia compagna: ecco è forse questo ciò che più mi è rimasto.   

 

C’è stato un momento in cui hai avuto la tentazione di fermarti e di dire ‘basta’?

Sono partito come se non ci fosse un domani, convintissimo di riuscire a giungere al termine. L’opzione fallimento non l’ho mai presa in considerazione. Di base se pensi ti fermi mentre se pedali arrivi. C’è stato comunque più di un momento difficile, in particolare a circa 50 km dal traguardo dopo una discesa di oltre 25 km a 3 gradi (il corpo stanco morto e mezzo disidratato è più sensibile) quando in preda ad un principio di ipotermia non riuscivo più a controllare il tremore. Altro momento non evidente quando con 650 km nelle gambe ed oltre 8000 metri di dislivello, va affrontata una salita di oltre 20 km. Da un certo momento in poi però, diciamo forse dopo i 600 km, ogni difficoltà viene presa come un nemico che ti vuole fermare e la battaglia è fra te e lei: ecco, quando subentra questa fase, essere sconfitti diventa assai poco probabile, fai come un click e ti senti invincibile.   

 

Come ci si allena e quanto per compiere un’impresa del genere?

Questa prestazione è il frutto di anni ed anni di ciclismo, anche agonistico. Sono arrivato alla gara con 10'000 km percorsi da novembre e quasi 100'000 m di dislivello nelle gambe, oltre a svariate sedute in palestra. Il piano d’allenamento che ho personalmente preparato (non mi affido per scelta a preparatori perché nessuno conosce il mio corpo meglio di me) prevede un’alternanza di 3-4 settimane di carico e di una di allenamenti rigeneranti. Mano a mano che la gara si avvicina si allungano le distanze senza però tralasciare allenamenti alla soglia o anche oltre. In particolare ho percorso in due occasioni oltre i 300 km ed un ultimo allenamento sulla distanza a 3 settimane dall’impegno agonistico di 400 km. Oltre è inutile allenarsi, oltre è la testa che comanda. Dal punto di vista mentale mi focalizzo alcune settimane prima con quanto mi attende cercando di viverlo mentalmente in anteprima. Occorre arrivare convinti e sereni, consapevoli di aver fatto quanto possibile in allenamento e decisi che nulla e nessuno potrà impedirti di coronare il tuo sogno sportivo.   

 

Al termine del percorso cos’è stata la prima cosa che hai fatto? Un sonno di 12 ore?

Sono evidentemente crollato nel sonno. Dopo 5 ore ero apparentemente come nuovo ed ho affrontato il viaggio di rientro. Nei 3-4 giorni non ero particolarmente brillante, la fame era molta ed il sonno assai profondo. Dopo 4 giorni il recupero era completato. Per il recupero atletico completo occorrono invece al mio corpo almeno 3 settimane. In bici per una passeggiata ci sarei invece risalito il giorno successivo, tanta è la passione che mi anima.   

 

Tu eri l’unico ticinese. Quanti erano i partecipanti e quanti sono arrivati fino in fondo?

I partecipanti erano 65, tutta gente super preparata. Al traguardo ne saranno giunti una quarantina.   

 

Mentre tu pedalavi Ueli Steck moriva sull’Everest. Non credi che gli sport estremi possano indurre le persone a porre pericolosamente sempre più in là l’asticella del limite umano?

Realizzare sogni arditi comporta inevitabilmente qualche rischio. Occorre nel limite del possibile accettare la sconfitta quando essa è inevitabile (successe a me lo scorso anno alla Race Across Italy dopo circa 500 km) ed occorre trovare la forza di ripartire grazie anche alla sete di rivincita. A volte sapersi fermare, più facile a dirsi che a farsi, è insomma la cosa più saggia da farsi e bisogna pensare che già essere al via di certe prove significa essere dei vincenti.  

 

Sappiamo che non intendi fermarti… Cos’hai in mente per i prossimi mesi? 

Mi piacerebbe in particolare, oltre che tornare alla Race Across Italy del 2018 per migliorarmi sensibilmente, effettuare un’altra pedalata di beneficienza (nel marzo 2016 raccolsi fr. 16'000 per la Lega contro il Cancro percorrendo a tappe i 2300 km che separano Barcellona da Potenza passando per Genova). Penso che la barriera dei 1000 km non stop sia alla mia portata, vedremo dai… L’importante è però sempre fare tutto con il sorriso sulle labbra.

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