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02.05.2018 - 09:260
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Nessuna parola può spiegare che cosa hai realmente fatto nella mia vita". Armando Dadò racconta le lettere dei bambini poveri aiutati a distanza dal Ticino

Nell'editoriale pubblicato sull'ultimo numero della rivista il Ceresio, l'editore illustra i progetti dell'associazione AVAID: "Quello che sembra un piccolo aiuto, di fatto trasforma completamente l’esistenza di molte persone"

di Armando Dadò


Si possono fare molti discorsi sulla povertà, si possono sostenere opinioni diverse, ma purtroppo a regnare sovrana è ancora l’indifferenza. La nostra società è in gran parte dominata dalla cultura dell’indifferenza. Di fronte alla tragedia di tanti bambini che campano in ambienti privi di tutto e costretti a sopravvivere miseramente, molti si limitano a un’alzata di spalle.

 

Fortunatamente, però, c’è anche chi agisce, chi decide di intervenire. Sarà magari una goccia nel mare, come dicono i cinici e gli scettici, ma ogni aiuto può cambiare la vita di un bambino. Intendiamo parlare di AVAID, un’associazione basata sul volontariato, fondata nel 1995, con sede a Lugano, che conta su un buon numero di donatori e che svolge il suo aiuto provvidenziale attraverso progetti in Kenia, Uganda, Brasile, Haiti e Libano.

 

In Ticino i volontari che sostengono questa attività sono oltre cinquecento e versano ogni anno un contributo che permette a 580 bambini e ragazzi in Kenia di andare a scuola e di imparare una professione. Quello che sembra un piccolo aiuto, di fatto trasforma completamente l’esistenza di molte persone. Chi sostiene quest’associazione ha anche la certezza che i mezzi messi a disposizione non sono sciupati in attività burocratiche, ma sono impiegati fino all’ultimo centesimo per sostenere chi si trova nel bisogno. Qui non c’è opacità ma solo trasparenza, e coloro che desiderano vedere con i propri occhi hanno la possibilità di recarsi sul posto per verificare l’utilizzo dei fondi. In oltre vent’anni, molti lo hanno fatto.

 

Nessuna parola può spiegare che cosa hai fatto per me

 

Fra il bambino aiutato e il sostenitore a distanza si instaura un bel rapporto e il bambino scrive ogni anno al termine della scuola una lettera in cui spiega com’è andato l’anno e quali risultati è riuscito a conseguire. Al termine del ciclo scolastico sarà in grado di avviare una piccola attività e di camminare da solo per la sua strada. Il bambino, fattosi adolescente e uscito dalla miseria, si rivolge al suo benefattore con sincera riconoscenza: «Nessuna parola può spiegare che cosa hai realmente fatto nella mia vita». Sono lettere commoventi, che riempiono il cuore di gioia e danno a chi le riceve la consapevolezza di aver compiuto qualcosa di buono. Se il donatore intende continuare nel suo sostegno, l’associazione gli sottoporrà il caso di un altro bambino sfortunato.

 

Abitare in una topaia

 

Denis, per esempio, abita con la mamma e altri fratellini in una delle più grandi baraccopoli di Nairobi. La baracca in affitto in cui dimorano ha una sola stanza con muri di fango e tetto di lamiera. Non ci sono finestre, non c’è elettricità. L’acqua viene acquistata da venditori ambulanti. Le latrine sono in comune con i vicini. Le fognature scorrono all’aperto. La piccola criminalità è assai diffusa. La situazione economica di questi tribolati è fragilissima. Il padre non vive con la famiglia in modo costante e, a volte, scompare per mesi. La mamma, che fa la parrucchiera, fatica a pagare l’affitto e a procurarsi il cibo. Grazie al Sostegno a distanza (SAD), Devis può ricevere un’istruzione di qualità, che gli permetterà di accrescere la sua autostima e di affrontare il futuro con buone prospettive. È un gesto che costa poco, ricambiato da sentimenti di riconoscenza che da noi non sempre si trovano. La possibilità di aiutare questi bambini va colta come un’occasione imperdibile. Magari ricordandosi della parabola del buon samaritano, una delle pagine più commoventi e significative del Vangelo che – come balsamo benefico – fa sempre vibrare le corde del cuore.


*editore - Editoriale pubblicato sull'ultimo numero della rivista Il Ceresio

 

AVAID: chi è e che cosa fa

 

Nata nel 1995 a Friburgo, dove prende il nome di AVAID, Association de Volontaires pour l’Aide au Développement, e dopo i suoi primi passi per sostenere l’opera di alcuni medici ticinesi in Africa, oggi AVAID, con sede a Lugano, ha sostenitori in varie località della Svizzera ed è attiva con progetti in Kenia, Uganda, Brasile, Haiti e Libano. Attraverso il network della Fondazione AVSI, di cui è socio fondatore, AVAID può essere presente in una cinquantina di Paesi. Se molta strada è stata fatta, una costante resta la missione di AVAID: promuovere e realizzare programmi di aiuto allo sviluppo, ponendo l’accento sulla dignità della persona e privilegiando interventi a favore dei bambini e delle famiglie per rispondere ai loro bisogni essenziali. Il progetto fondamentale di AVAID è il Sostegno a distanza (SAD), che coinvolge 580 bambine/i e ragazze/i in Kenia, 27 ad Haiti e una quindicina in Brasile.

 

L’ultima nata «amicizia dell'altro mondo» è quella tra la Svizzera e il Brasile, attraverso l’esperienza di una giovane volontaria ticinese, che si propone di aiutare i bambini dell’Asilo Etelvina di Belo Horizonte.

 

AVAID sostiene anche progetti specifici con contributi pubblici e privati. Alcuni sono i progetti della «Campagna Tende», la campagna di raccolta fondi che tutto il network AVSI organizza a favore di alcune situazioni emblematiche. Altri progetti nascono intorno alle opere che seguono i bambini del Sostegno a distanza. Ad esempio, alcuni progetti mirano a sostenere la scuola Little Prince Nursery and Primary School nello slum di Kibera a Nairobi, partner anche del Sostegno a distanza; altri progetti nascono dal network AVSI e dalla vasta rete dei partner locali.

 

Fondamentale per realizzare i progetti è il sostegno dei donatori, ai quali AVAID garantisce la massima trasparenza e l’efficacia nell’azione. I donatori sono sempre invitati a verificare l’utilizzo dei fondi e nei suoi oltre vent’anni di esistenza molti di loro hanno visitato i progetti di AVAID nei Paesi dove opera.

 

Il comune ideale che lega AVAID ai partner locali permette infatti un rapporto di fiducia, la condivisione di metodi e contenuti, per cui l’implementazione dei progetti diventa immediata e agile. Così, quando i partner locali hanno un bisogno specifico, manifestano ad AVAID una richiesta e insieme si definisce un progetto per la ricerca di finanziatori. Così è stato per diversi progetti in Kenia. Per esempio, l’aula attrezzata di catering della scuola professionale St. Kizito e l’inserimento di educatori specializzati alla scuola Little Prince, entrambi a Nairobi, oppure a Mutuati la realizzazione della mensa alla scuola S. Riccardo e l’informatizzazione della gestione del microcredito alla cooperativa Cowa.

 

In un mondo di bisogni immensi, AVAID riesce a rispondere soltanto ad alcune piccole richieste. Ma certamente il contributo che offre cambia concretamente le condizioni di tante persone. Quello che può sembrare un piccolo contributo, per molti diventa qualcosa che trasforma la vita. (mtg)

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