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18.05.2018 - 17:490
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Armando Boneff: "La chiusura del GdP mi ha lasciato di stucco. Condivido lo stupore verso la Curia e mi sento disorientato dal comportamento del vescovo Lazzeri. Portare i libri in Pretura? Scelta avventata..."

Intervista a cuore aperto allo storico vignettista del Giornale del Popolo: "Stamattina ho aperto il giornale e non mi sono trovato. Sono rimasto un po’ sbigottito e credo sia comprensibile perché sono 32 anni che disegno per il quotidiano”

di Andrea Leoni


Armando Boneff, innanzitutto le chiedo un commento generale sulla chiusura del Giornale del Popolo.


“Sono rimasto di stucco, anche perché l’ho appreso dalla stampa…E quando l’ho letto credevo fosse uno scherzo. Sapevo che c’erano delle difficoltà e avevo anche chiesto se potevo in qualche modo dare un contributo per uscire dalla situazione. Ma sono stato tranquillizzato. Poi ieri è arrivata la notizia”.

 

Che effetto le ha fatto questa mattina non vedere la sua vignetta sul GdP?

“Ho aperto il giornale e non mi sono trovato. Sono rimasto un po’ sbigottito e credo sia comprensibile perché sono 32 anni che disegno per il quotidiano”.

 

E ora che si dovrebbe fare a suo avviso?

“L’ambiente democristiano ticinese dovrebbe riflettere sull’importanza che può avere un quotidiano, per poter far sentire la propria voce. Un quotidiano certo di nicchia ma comunque con una sua forza e un suo ruolo sociale”.

 

Forse, a questo punto, è più realistico pensare a un settimanale.

“Meglio un settimanale che niente. Qualsiasi soluzione diversa dalla chiusura definitiva, è migliore. Però mi lasci dire che non si tratta di elemosinare un sostegno per salvare il GdP in qualche forma. Come le dicevo dovrebbe essere l’ambiente cattolico a sentire questa esigenza. Se non la sente vuol dire che forse non c’è più la necessità”

 

Qualcuno potrebbe rispondere che se questa esigenza non la sente la Curia, perché dovrebbe sentirla qualcun altro?

“Io non lavoro per la Curia! Lavoro perché credo nell’idea del Giornale del Popolo. Un quotidiano che peraltro non è così monolitico come può apparire. Io, ad esempio, non sono mai stato un tipo da Curia. Il Vescovo l’avrò visto un paio di volte da quando è stato nominato”.

 

Condivide lo smarrimento, lo stupore e anche la critica verso come la Curia ha gestito questa situazione?

“Sicuramente. Anche perché non è la prima volta che accade. Io ho già vissuto un’esperienza simile prima della direzione di Claudio Mésoniat”.

 

Come giudica le modalità con cui il vescovo Lazzeri ha chiuso il GdP? Il fatto che non sia stato previsto neppure un piano sociale per i dipendenti.

“Mi disorienta perché si tratta di un metodo non ispirato ai valori del giornale”.

 

E la scelta di porta i libri in Pretura?

“Mi pare sia stata una scelta sbagliata. O quanto meno avventata, improvvida”

 

Fatte le critiche al vescovo-editore ritiene che anche la direzione del giornale abbia delle responsabilità?

“Guardi, io sono sempre andato d’accordo con Alessandra Zumthor. È una giornalista in gamba ed è una brava organizzativa. Forse le manca un po’ di esperienza commerciale. Ma sono sicuro del fatto che non era stata messa al corrente neppure lei dell’imminente chiusura del giornale”.

 

Che idea si è fatto dei motivi per cui si è arrivati a questa situazione?

“La mia impressione è che la salvezza del GdP si poteva costruire riunendo tutte le forze in campo. Invece sono state calate delle situazioni sbagliate dall’alto. E non mi riferisco alla separazione con il Corriere, che è stata sostanzialmente una scelta obbligata. Ritengo, ma posso sbagliarmi, che bisognava agire in modo diverso fin dall’inizio, anche pensandoci due volte prima di scegliere Publicitas. Ma ormai quel che è fatto è fatto”.

 

Che effetto le fa, dopo oltre 30 anni, il pensiero che non dovrà più disegnare le sue vignette per il GdP?

“Mi lascia sbigottito. Serve un po’ di tempo per rendersi conto della situazione. Anche perché la forza del Giornale del Popolo è sempre stata nell’idea. Non abbiamo mai lavorato solo per ricevere la paga a fine mese”.

 

Infine, c’è un pensiero che vuole rivolgere ai suoi colleghi che hanno perso il posto?

“Li capisco perché anch’io ho perso una parte del mio lavoro, che era fissa. Spero di cuore che si riesca a mettere insieme qualche cosa per non far morire il Giornale del Popolo. Sempre che i nostri lettori siano interessati ad ascoltare ancora la nostra voce”.

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