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Cronaca
15.01.2020 - 16:220
Aggiornamento: 16.01.2020 - 12:05

Cosa sta succedendo in Vaticano tra Papa Ratzinger e Papa Francesco?

Il terromoto delle ultime ore dopo il libro sul celibato, gli appunti sulla pedofilia e la guerra tra le due fazioni che fanno capo ai due Papi. Ricostruzione e contraddizioni di un settennato che ha cambiato la Chiesa

di Andrea Leoni

C’è una premessa cruciale da tenere sempre presente, un po’ come una bussola, per analizzare con cognizione di causa quanto sta avvenendo in Vaticano: mai nella storia millenaria della Chiesa vi era stata una coabitazione tra un Papa reggente e un Papa emerito.

L’istituzione cattolica non conosce prassi e codici a cui appoggiarsi, per vivere con certezza e serenità il doppio papato. Inevitabile quindi che, di volta in volta, si crei qualche piccolo o grande precedente, che non può che creare confusione in una casa con regole e riti scolpiti nella pietra dei secoli.

Il corpo della Chiesa, come ha scritto di recente Massimo Franco, non ha ancora assimilato questa novità. Non lo ha fatto il clero e neppure i fedeli. In alcune nunziature, ha osservato il giornalista, vi sono appese le foto di entrambi i Pontefici.  Un po’ come se nelle ambasciate fossero esibiti i ritratti di due presidenti. Un'anomalia.

L’Emerito: una figura che giuridicamente non esiste

La figura del Papa emerito è talmente inedita che il diritto canonico non ne norma neppure l’esistenza. E di conseguenza neppure i comportamenti: cosa può o non può fare. In questi anni si è molto discusso tra i giuristi della Santa Sede sul modo migliore per colmare questa lacuna. Una corrente di pensiero ritiene che, in caso di rinuncia, il Pontefice dimissionario debba ritirarsi in clausura, rinunciando a qualsiasi apparizione pubblica e ad esternare il proprio pensiero. Una tesi comprensibile in un modello di governo che prevede l’elezione di un “regnante”, che per sua stessa natura mal si concilia con forme di diarchia. Questo al di là dell’approccio collegiale che un Papa può esercitare o meno nella sua azione.

Nessuno, tuttavia, si è per il momento azzardato a scrivere e ad emanare le regole dell’Ufficio del Papa Emerito. Qualunque legge, infatti, potrebbe apparire come punitiva, o censoria, nei confronti di Joseph Ratzinger.

Un lungo settennato

Da qui nasce il primo problema. Probabilmente nessuno in Vaticano si aspettava che il Pontefice tedesco potesse vivere tanto a lungo. Sono passati quasi sette anni da quell’11 febbraio del 2013, quando il conservatore Ratzinger annunciò l’atto più rivoluzionario della Chiesa moderna, rinunciando al ministero petrino ed istituendo la figura del Papa emerito.

Una rinuncia motivata ufficialmente per ragioni di salute e per l’età avanzata ("ingravescente aetate”).  Ufficiosamente si scrisse in lungo e in largo di un Papa logorato dallo scandalo Vatileakes.

I dubbi sulla rinuncia e la teoria del complotto

Fatto sta che nell’anno di grazia 2020 Benedetto XVI vive e lotta insieme a noi. Nonostante il peso dei 92 anni e gli inevitabili acciacchi, il Pontefice dal suo ritiro nel monastero Mater Ecclesiae, all’interno delle mura vaticane,  continua ad esercitare la sua influenza incontrando cardinali, scrivendo testi e facendo trapelare il suo pensiero. La circostanza che il Papa Emerito sia ancora in vita o comunque non sia ritirato nel silenzio e nella preghiera, ha inevitabilmente dato ossigeno alle speculazioni sulla sua rinuncia. Qual è stato il vero motivo? All’interno del mondo cattolico più radicale c’è un’ampia letteratura complottista in materia: c’è chi ritiene Bergoglio un usurpatore e Ratzinger l’unico Papa davvero legittimato a fregiarsi del titolo, costretto a dimettersi dai soliti Poteri forti (e occulti, in questo caso).

Il partito di Santa Marta e quello del Mater Ecclesiae

Ma questo è il verbo degli estremisti, le minoranze più oltranziste di questo Vietnam vaticano. Il vero scontro è quotidianamente sostenuto dai due partiti che si confrontano all’interno della Chiesa. Il partito di Santa Marta, la residenza dove vive Papa Bergoglio, e i ratzingeriani che continuano a bussare al monastero Mater Ecclesiae. Dire che queste due aeree di pensiero rappresentino la totalità della Chiesa, sarebbe un grossolano errore. All’interno stesso di questi gruppi gli accenti possono essere assai diversi. Ma certo queste due fazioni hanno il loro peso, specialmente all’interno della Curia romana e del Collegio cardinalizio.

È bene sottolineare come siano più gli aderenti a queste due "tifoserie", che i Papi stessi, a tenere vivo lo scontro, alimentando le provocazioni e cercando di farsi interpreti del pensiero del rispettivo leader. Come del resto accade spesso in politica.

Il pontificato: un ministero allargato?

Basta una dichiarazione interpretabile per alimentare polemiche, veleni e diffidenze. Una delle più significative, siamo nel 2016, fu quella di mons. Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia e l’uomo più vicino in assoluto a Ratzinger: “Dall’elezione del suo successore, Papa Francesco – disse l’alto prelato – non ci sono due Papi, ma di fatto un ministero allargato con un membro attivo e uno contemplativo. Per questo, Benedetto non ha rinunciato né al suo nome né alla talare bianca. Per questo, l’appellativo corretto con il quale bisogna rivolgersi a lui è ancora ‘Santità’”.

Ma può la cattedra di Pietro essere allargata, condivisa in qualche modo, seppur con una chiara distinzione tra chi è attivo e chi è contemplativo?

Bergoglio: “Il Papa è uno”

A questa esternazione Bergoglio rispose direttamente  interpellato da una giornalista durante un volo per una visita di Stato: “Il Papa è uno”, tenne a sottolineare Francesco, pur lodando il predecessore come “il nonno saggio che mi custodisce la schiena con la preghiera” . Ma soprattutto aggiunse una postilla, perché suocera intendesse: “Ho sentito che alcuni sono andati a lamentarsi da lui del nuovo Papa e li ha cacciati via, con il migliore stile bavarese”.

Sempre in quell’occasione il Pontefice argentino ricordò il discorso che Ratzinger tenne ai cardinali poco prima dell’inizio del Conclave, il 28 febbraio 2013: “E tra voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza”. Parole che i bergogliani recitano a memoria ogni volta che hanno il sentore di un’invasione di campo da parte dell’Emerito.

Ratzinger-Bergoglio: nel 2019 la svolta nei rapporti

In realtà solo nell’ultimo periodo di questo lungo settennato, si è avuta percezione di un Ratzinger effettivamente attivo e interessato a prendere posizione. Prima, come si spiegava poc’anzi, erano più i cardinali dell’ala tradizionalista a tirare per la giacchetta il Pontefice. A farsi in qualche modo scudo della sua indubbia autorevolezza teologica e morale, per rafforzare le proprie azioni e accreditare la propria posizione.

Ma l’anno scorso qualcosa cambia.  Nell’aprile del 2019 Bendetto XVI rompe il silenzio e pubblica su un mensile bavarese le sue riflessioni legate al tema della pedofilia nella Chiesa. Si tratta di “appunti” assai significativi che, in puro stile ratzingeriano, assumono i contorni di un vero e proprio manifesto dottrinale.  “Come ha potuto la pedofilia raggiungere una dimensione del genere? - si chiede il Pontefice - In ultima analisi il motivo sta nell’assenza di Dio. Anche noi cristiani e sacerdoti preferiamo non parlare di Dio, perché è un discorso che non sembra avere utilità pratica”.

Va precisato che il Pastore tedesco (come lo definì il Manifesto in una mitologica prima pagina il giorno della sua elezione) chiese ed ottenne da Francesco l’autorizzazione a poter pubblicare le sue note. Ma il Papa argentino avrebbe potuto fare altrimenti, censurando il predecessore?, si domandarono maliziosamente diversi osservatori di vicende vaticane.  Sarebbe stato un assist formidabile per i suoi detrattori.

Ma nonostante il benestare papale, la divisione apparve per quella che è e le tifoserie si scatenarono nuovamente. Del resto come può la Chiesa parlare con due voci, su un tema decisivo come quello della pedofilia? Il cortocircuito fu inevitabile come le polemiche che ne seguirono.

Di fatti poche settimane dopo Benedetto XVI, in un colloquio con il Corriere della Sera, sentì il dovere di ricordare a tutti che “il Papa è uno, Francesco”.

Il libro sul celibato

Ma la vera frattura è quella di queste ore. In Francia viene annunciata la pubblicazione di un libro scritto a quattro mani dal cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, e dal Papa Emerito. La pubblicazione tratta dello spinoso tema del celibato nel sacerdozio. La tesi è forte e chiara: nessun cedimento e messa eccezione. Tesi sottolineata con una citazione di Sant’Agostino che sembra direttamente rivolta a Bergoglio: “Non posso tacere” .

In Vaticano scoppia il finimondo. Il libro, oltre ad apparire come una chiara invasione di campo nell’attività di Francesco, ha una tempistica sospetta. Esce infatti a cavallo tra il delicato Sinodo sull’Amazonia e la decisione che il Papa dovrà prendere rispetto alle raccomandazioni dell’assemblea dei vescovi. Il Sinodo ha infatti proposto una deroga al celibato nel sacerdozio per permettere a uomini sposati di celebrare i sacramenti “nelle zone più remote della regione amazzonica”. A questo proposito va sottolineato come, in generale, la posizione teologica di Francesco sul celibato sia in continuità con quella di Benedetto XVI. Su questa specifica eccezione, che se accolta sarà comunque un precedente, il Papa come detto deve ancora determinarsi.

Imbarazzo in Vaticano

Per questo la grana è grossa, stavolta. La prima reazione che filtra dalle mura vaticane è che Ratzinger sia stato in qualche modo circuito dal cardinale co-autore del libro. Ma Sarah non ci sta a passare come colui che ha ingannato l’Emerito e allora pubblica su Twitter tutta la corrispondenza intercorsa con Bendetto XVI. La parola “libro” non c’è ma appare chiara la volontà del Papa di autorizzare la pubblicazione delle sue riflessioni in materia. Sarah tiene pure a ribadire la propria fedeltà e obbedienza a Francesco, affermando che il suo libro non rappresenta un attacco al Papa, ma questo appare più come obbligo retorico, considerate le circostanze.

E quindi come se ne esce? Con una soluzione democristiana. Il Papa chiede e ottiene di ritirare la sua firma come co-autore.  Questa la spiegazione di Monsignor Gaenswein: “Il Papa emerito sapeva che il cardinale stava preparando un libro e aveva inviato un suo testo sul sacerdozio autorizzandolo a farne l'uso che voleva. Ma non aveva approvato alcun progetto per un libro a doppia firma né aveva visto e autorizzato la copertina. Si è trattato di un malinteso, senza mettere in dubbio la buona fede del cardinale Sarah”.

Il libro sarà dunque pubblicato con la sola firma del Cardinale ma “con il contributo di Bendetto XVI”. Sembra cambiare la forma, ma non la sostanza. Certo, per farsi un’idea precisa, bisognerebbe conoscere il testo vergato da Benedetto XVI, che Sarah ha integrato nelle sue riflessioni. I bergogliani sostengono che l’alto prelato africano abbia messo in atto una manovra spericolata per colpire Francesco e accreditarsi tra i conservatori come leader papabile. Il risultato finale è stato comunque un pasticcio.

La battaglia continua

È probabile che dopo questo forte scossone, sul Vaticano cali di nuovo una cappa di quiete apparente. Sembra invece destinata a proseguire la battaglia tra le due fazioni, tra bergogliani e ratzingeriani, tra progressisti e conservatori. Le riforme impostate all’interno della Chiesa da Francesco stanno a poco a poco lievitando, accentuando le spaccature nella Curia. Ma non sono solo le questioni interne ad alimentare lo scontro. C’è quello che avviene nella società a provocare distinguo e divisioni.

Il tema dei migranti, i rapporti con il mondo islamico e con la Cina, la politica sovranista e populista che fa breccia in una parte importante del mondo cattolico ma che viene vista con il fumo negli occhi dalla Santa Sede. Sono questioni scottanti, mine da schivare sul percorso dell’unità della Chiesa. 

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