MONTECENERI - Cucire ciò che è stato strappato, tagliato, reciso. Ricucire… Con il filo della matita e l’ago delle idee. Ricucire le ferite inferte al territorio in decenni di antropizzazione (come dicono i geografi), in un susseguirsi di insediamenti umani - urbani, artigianali e industriali -. Ricucire quelle ferite, deturpanti come cicatrici, per restituire al territorio un patrimonio verde che è andato perduto. Farlo non con la nostalgia passatista del “Ragazzo della via Gluck”, ma con una visione razionale, passionale e futuristica. Farlo per la gente che da lì ci passa, che lì ci lavora, e soprattutto che lì ci vive.
Questo è, in poche parole, il senso del PAV, acronimo che sta per Progetto Alto Vedeggio, e che prevede la copertura di circa due chilometri di autostrada utilizzando il materiale di scavo proveniente dai grandi cantieri, creando aree rigorosamente verdi e non edificabili.
Un progetto ideato 5 anni fa ma che avanza troppo lentamente, nonostante sia sostenuto da ben 6'400 firme, e abbia raccolto consensi quasi unanimi tra la popolazione. Un progetto che ora rischia però di arenarsi nelle secche della politichetta di paese, mal digerito, forse, da chi avrebbe voluto la primogenitura dell’idea. Forse anche vecchi rancori hanno contribuito a suscitare qualche mal di pancia… Chi lo sa…
Ora, qualche dato. Sulla strada cantonale in quello spicchio di territorio transitano circa 35'000 veicoli al giorno, sull’autostrada altri 55'000. Sono numeri impressionanti. Senza alcuna prospettiva di decrescita. Che dovrebbero preoccupare e allarmare tutti, non soltanto gli ambientalisti.
La piana del Vedeggio, tra Rivera e Mezzovico, è uno dei punti più critici, stretti e trafficati del Ticino. Nella vallata, parallele al fiume che le dà il nome, corrono la A2, la cantonale e la ferrovia. Che cosa si può fare per restituire respiro, dignità e verde a quell’area, che tra l’altro ha grandi potenziali di sviluppo sul piano turistico e ricreativo grazie al progetto Tamaro Park?
L’architetto Marco Giussani, che ha uno studio a Bironico nello storico palazzo Manetti, qualche anno fa ha avuto un’idea: ricoprire alcuni tratti di autostrada (e una parte di cantonale) riutilizzando il materiale di scavo proveniente dai grandi cantieri e dall'edilizia.
In gergo edile si parla di “inerti”. In Ticino se ne producono ogni anno in ragione di circa un milione e mezzo di metri cubi, due terzi dei quali vengono riciclati o smaltiti come “pattume”. Ma per 400'000 metri cubi di materiale inerte di ottima qualità, non c’è una destinazione utile e l’unica soluzione è esportarli in Italia, con i relativi costi in termini economici e ambientali, oppure depositarli nelle discariche come fossero rifiuti che in realtà non sono. Solo considerando le grandi opere come tram/treno, Locarno A2-A13, 3a corsia Lugano-Mendrisio, Alptransit Lugano-Chiasso nei prossimi anni avremo un esubero di 10/12 milioni di metri cubi di materiale di scavo.
“Disfarsi” di questo materiale, portandolo in discarica, costa 50 franchi al metro cubo, ai quali vanno aggiunti i costi di trasporto. Ebbene, 40 franchi di quei 50 si possono reinvestire per creare nuove aree verdi. Il punto, spiega l’architetto, è che non si erano mai messi in relazione il tema dello smaltimento degli inerti con quello della riqualifica del paesaggio, della sua ricucitura e del suo recupero a livello territoriale. Così, da un’idea che ora ha preso piede anche in altre regioni attraversate dall’autostrada, è nato il PAV.
“Due problemi insieme – dice Giussani – hanno originato un’opportunità. Invece di costruire altri ripari fonici, ferendo e cementificando ulteriormente il paesaggio, abbiamo proposto una copertura dell’autostrada”.
Una copertura progettata su tre tratti dell’A2 tra Rivera e Mezzovico, che restituirebbe alla natura e alla gente 210'000 metri quadrati di verde. Terreni non edificabili, nessuna speculazione, dunque, ma fruibili, e rigorosamente verdi. “L’obiettivo è ricucire, ricucire una vallata e i paesi che sono stati divisi dall’autostrada e dalla ferrovia”.
Lo studio di fattibilità è concluso da tempo, con tanto di giudizio favorevole da parte del Cantone, per la precisione del Dipartimento del territorio diretto da Claudio Zali. Nelle scorse settimane, a cavallo del Natale, i municipi di Monteceneri e di Mezzovico hanno esposto i progetti invitando la popolazione a visionarli e ad esprimere la propria opinione. Che del resto era già sintetizzata in quelle oltre 6'500 firme raccolte tre anni fa.
Il prossimo passo sarà modificare il piano direttore cantonale e in seguito i piani regolatori. Poi inizierà la progettazione vera e propria. Orizzonte ca. cinque anni per iniziare i lavori, che vedranno la realizzazione progressiva delle coperture. Gli investimenti sono stimati in circa 210 milioni, oltre 180 dei quali saranno autofinanziati grazie al riutilizzo del materiale di scavo e al risparmio dello smaltimento in discariche. Un esempio virtuoso di “economia circolare”.
Questo progetto, conclude Giussani, “rappresenta un cambio di mentalità importante nella gestione e nella rivalorizzazione del nostro territorio, un nuovo modo di vedere le cose, che va oltre il progetto stesso”.