CRONACA
Il più antico campo di calcio, dove alla fine il capitano sconfitto veniva decapitato. Alla scoperta di Chicén Itzà
Si tratta di un complesso di rovine maya di fama mondiale situato nella penisola dello Yucatan, patrimonio mondiale dell'UNESCO e fra le sette meraviglie del mondo

Non solo droga, cartelli e sgradevoli fatti di cronaca. Il Messico è (anche) tanto altro. Basta dare un’occhiata alle numerose escursioni effettuabili per rendersene conto. Posti incantevoli con la natura e la storia come assolute protagoniste. È il caso dei ‘Cenote’, il nome dato a delle profonde grotte con presenza di acqua dolce. Ma è anche, e soprattutto, il caso di Chichén Itzá, complesso di rovine maya di fama mondiale situato nella penisola dello Yucatan.

Il sito archeologico trasuda storia e cultura. Non è infatti un caso che sia stato riconosciuto dal 1988 patrimonio dell’umanità UNESCO e inserito, tredici anni fa, tra le sette meraviglie del mondo. Meraviglie come la famosa ed affascinante piramide di Kukulkan, meglio nota con il nome di “El Castillo”. Visitare Chichén Itzá è una tappa obbligatoria per chi si reca in Messico, anche se – dicono le guide del posto - “ci vogliono circa tre giorni per visitarla interamente”. Ma quell’ora e mezza di visita tanto basta per respirare – nonostante il clima sempre torrido – un pezzo di storia che merita di essere conosciuto, raccontato e vissuto.

Nel complesso di Chichén Itzá è pure presente il più grande e antico campo per il ‘gioco della ‘pelota’, un antenato del gioco del calcio e considerato uno dei riti sacri in tutta la mesoamerica. Al termine di ogni partita si teneva un sacrificio umano che prevedeva la decapitazione del capitano sconfitto – drogato e legato prima del rito – in un apposito sito.

A corredo dell’articolo alcune fotografie scattate all’interno di Chichén Itzá e di uno dei Cenote presenti a pochi chilometri di distanza.

Riccardo Vassalli

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