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18.03.2020 - 18:580
Aggiornamento: 20:35

Svizzera blindata, ma per l'Ufficio federale della sanità i cantieri devono restare aperti. Un'altra volta vergogna! Li chiuda il Governo

La Società impresari: “Purtroppo la tanto declamata unità di condotta presuppone un’assunzione di responsabilità e di chiarezza che le autorità e una parte dei committenti non hanno ancora dimostrato”

Ma a che gioco stiamo giocando?! Col fuoco, e a Berna sono in piena sindrome schizofrenica. La Confederazione blinda la Svizzera e dichiara lo stato di emergenza nazionale – quella che il Consiglio federale he definito “situazione straordinaria” - ma lascia aperti i cantieri?!

Operai che lavorano a stretto contatto l’uno con l’altro, spesso al chiuso, con un altissimo rischio di veicolare quel maledetto virus che tutte le cittadine e i cittadini responsabili di questo Paese stanno cercando di combattere stando a casa. Stando a casa e limitando al minimo i contatti sociali.

Ma i cantieri sono un’attività urgente? Dov’è l’urgenza? Se lo chiedeva stamattina in un’invettiva anche il presidente del PPD, Fiorenzo Dadò.

 

E a questo punto la domanda che sempre più cittadini si pongono è: ma cosa si aspetta a mettere sotto tutela i vertici dell’Ufficio federale della sanità e il suo Generale Cadorna, Daniel Koch?

 

Diverse imprese ticinesi hanno spontaneamente deciso di chiudere i loro cantieri, dove lavorano prevalentemente frontalieri, per contribuire a contenere la diffusione del Coronavirus – per primo lo ha fatto il patron del Gruppo Axim, Enrico Rossini -, ma le indicazioni che arrivano da Berna sono di segno opposto: continuate a lavorare!

 

Un’altra decisione assurda, in chiaro contrasto con il decreto che lunedì scorso, con colpevolissimo ritardo, ha blindato l’intero Paese, chiudendo scuole, parchi, locali pubblici, cinema, teatri, saloni, palestre, stazioni sciistiche, mercati e quant’altro (leggi qui). Un’altra volta “Vergogna!”.

 

Che la raccomandazione di non chiudere i cantieri arrivi da Berna lo scrive a chiare lettere la sezione ticinese della Società impresari costruttori (SSIC) che oggi ha inviato ai propri membri la seguente comunicazione: “Da un lato le Autorità cantonali hanno decretato sabato scorso la necessità di ridurre al minimo indispensabile tutte le attività economiche private e, dall’altro lato, proprio ieri un documento elaborato dall’Ufficio federale della sanità pubblica cita testualmente che “I cantieri rimangono invece aperti”. In questo momento, essendo decretata la situazione straordinaria a livello nazionale, le misure federali hanno priorità su quelle cantonali”.

 

Quindi? Quindi se non cambia qualcosa nelle prossime 48 ore lunedì i cantieri riapriranno.

 

“Nei giorni scorsi – si legge nella circolare della Società impresari - abbiamo cercato in tutti i modi di provocare una decisione vincolante da parte del Consiglio di Stato sull’obbligo o meno di chiusura (non fosse che per fare un po’ di chiarezza). L’auspicata decisione non è però finora arrivata”.

 

Forse questa decisione arriverà nelle prossime ore, e c’è da sperarlo! Perché il Consiglio di Stato sta valutando di ordinare autonomamente la chiusura di tutte le attività legate all’edilizia senza attendere Berna. Esattamente come ha fatto oggi Ginevra.

 

“Per noi sono evidenti le oggettive difficoltà nel far rispettare sui cantieri le accresciute norme igieniche e la distanza sociale tra i lavoratori. Tutti oneri, quelli di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori che sono, per legge, demandati ai datori di lavoro”.

 

Uno dei problemi che preoccupano gli impresari, piccoli o grandi che siano, è quello dell’accesso al lavoro ridotto, alla disoccupazione parziale per i loro dipendenti, in altre parole, in modo da evitare il fallimento.

 

E anche qui la circolare della SSIC è chiara: “Nonostante il fatto che diverse imprese di costruzione abbiano inoltrato la richiesta di lavoro ridotto a causa della pandemia già verso la fine della scorsa settimana, al momento attuale non conosciamo nessuna impresa che abbia ricevuto una decisione in merito (p.f. avvisarci subito in caso di decisione ricevuta). Abbiamo interpellato, in tal senso, anche i responsabili cantonali dell’esame di queste domande senza però ottenere certezze sull’effettiva concessione dell’orario ridotto”.

 

Abbiamo l’impressione, prosegue la circolare, “che si stiano attendendo da Berna (la legge per la disoccupazione parziale è infatti federale) indicazioni più precise nei prossimi giorni in merito ai settori riconosciuti. Venerdì 20 marzo, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) dovrebbe uscire con indicazioni che, per una volta, speriamo siano chiare”.

 

Ancora una volta la Confederazione si sta dunque dimostrando incapace di gestire questa situazione di emergenza, generando incertezza nella popolazione e nei datori di lavoro.

 

“È evidente che se alle imprese dovesse venir negato l’accesso alla disoccupazione parziale – scrivono ancora i vertici della Società impresari -, le ditte che hanno chiuso sarebbero costrette a riprendere a breve l’attività sui cantieri, con tutte le conseguenze del caso in termini di contagio. Tra l’altro, all’inizio della prossima settimana si prevede un ulteriore peggioramento della situazione sul piano sanitario!”.

 

Non compete alla SSIC decidere se sospendere le attività oppure no, conclude la circolare. “Questa è una misura che deve essere presa dalle autorità, dai committenti, dalle imprese e/o di comune accordo fra questi tre attori. Noi facciamo il possibile affinché ciò possa essere fatto con il minore dei mali per i nostri associati. Purtroppo la tanto declamata unità di condotta presuppone un’assunzione di responsabilità e di chiarezza che, almeno per il momento, le autorità e una parte dei committenti (anche pubblici! ndr) non hanno ancora dimostrato”.

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