CRONACA
La versione del veterinario: "Mi sono fidato della signora. Ora ricevo minacce di morte"
Parla il veterinario che ha eutanasiato Sturn: "Ho ricevuto un'email dalla collega del rifugio, io non potevo sapere che era stato adottato lì e sarebbe potuto tornarvi. Ha detto chele dispiace per quel che stiamo passando"

MENDRISIO – Il veterinario che ha praticato l’eutanasia a Sturn esce allo scoperto, con una missiva ai media, in cui racconta di essere vittima di minacce di morte.

“Si è scatenato un putiferio di lettere di insulti e di minacce di morte indirizzate al nostro studio per mail, telefono e soprattutto sui social”, scrive. Tanto che ha chiuso la pagina Facebook.

Sulla versione della vicenda rimane fermo: “L’ultimo weekend ero di servizio per il picchetto veterinario cantonale. Alle 8 di sabato mattina si è presentata in urgenza una signora in lacrime dicendomi che aveva deciso di far eutanasiare il suo cane cieco e sordo cha abbaiava giorno e notte. Mi ha detto che da settimane aveva provato di tutto, che i vicini l’avevano denunciata, che la polizia era venuta a più riprese e che adesso le aveva ingiunto di far eutanasiare l’animale, altrimenti avrebbero provveduto loro. Io ho controllato il cane che effettivamente era cieco e sordo e abbaiava senza sosta”.

Ha consultato online il registro AMICUS dei cani, verificando che l’animale appartenesse alla signora. “Lei mi ha ripetuto che lo faceva su ingiunzione della polizia e che era l’unica soluzione. L’eutanasia è sempre una decisione dolorosa per il proprietario, ma anche per il veterinario. Mi sono fidato di quello che diceva la proprietaria”, spiega. Ma poi “due giorni dopo sono stato contattato da una collega veterinaria che si occupa di un canile nella regione di Como. Mi ha informato che il cane era stato dato in adozione da loro e mi ha richiesto un certificato di decesso”.

Insomma, non sapeva che avrebbe potuto riconsegnare l’animale al canile dove era stato adottato. Anche perché, e qui riporta la lettera che gli ha scritto la collega del rifugio stesso: “chi cerca il chip del cane in anagrafe svizzera vede solo la data in cui è stato iscritto, ma non i “trascorsi” italiani, per cui so che non potevate sapere che il cane proveniva da un rifugio, dove avrebbe potuto tranquillamente tornare”. Un errore concettuale che è costato la vita a Sturn e una bufera al veterinario.

“Purtroppo stiamo stati tutti presi in giro da una persona e concordo che la situazione sia ora tutt’altro che piacevole, come sempre quando la folla si muove pensando solo a vomitare la propria rabbia, che sia dal vivo o su un social. Ho già espresso tutte le mie perplessità riguardo a certi comportamenti anche al direttivo dell’associazione, sono furibonda”, ha aggiunto la collega del rifugio, esprimendo poi solidarietà, come a scagionare chi ha deciso per l’eutanasia: “Mi dispiace moltissimo per quello che state passando. Come mi diceva un’amica, i social ti triturano e ti sputano fuori, c’è solo da sperare che passi in fretta”.

Intanto è partita un’iniziativa cantonale per cambiare a monte le cose, ovvero fare in modo che non si possano eutanasiare animali sani, diverse associazioni sono pronte a creare petizioni al riguardo.

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