CRONACA
Oliver Camponovo: “Vi racconto i miei anni nel tritacarne della giustizia e dei media”
Intervista all’ex municipale di Chiasso recentemente prosciolto dal reato di riciclaggio: “Grazie alla mia famglia e agli amici ritrovati”

di Marco Bazzi

 

MENDRISIO - Quarantasei anni, una carriera politica da giovanissimo nel Municipio di Chiasso, nella legislatura 2004-2008, Oliver Camponovo è stato accusato di riciclaggio nell’ambito della sua professione di fiduciario. Cinque anni fa, era il 2017, é stato condannato a tre anni, in prima istanza, dal Tribunale penale federale, per un caso di presunte attività di riciclaggio di danaro legato alla ‘Ndrangheta. Un suo cliente, il molisano Franco Longo, é invece stato condannato a cinque anni e mezzo di reclusione.

Ma Camponovo non si è arreso. Avendo sempre, prima, durante ed in seguito al giudizio, rivendicato la sua innocenza, ha quindi interposto ricorso nel 2018 contro la sentenza di primo grado e, nei giorni scorsi, il Tribunale federale gli ha dato ragione, prosciogliendolo definitivamente dall'infamante condanna per riciclaggio relativamente agli anni 2013 e 2014. Tuttavia, la "battaglia" non è ancora finita, perché il suo caso è stato rinviato a una nuova Corte, che dovrà esaminare alcuni reati minori che gli vengono contestati. Se fosse il titolo di un film, sarebbe “I migliori anni della nostra vita”.

 

Già, perché alla soglia dei quaranta Camponovo si è trovato sotto inchiesta ed è finito nel tritacarne della giustizia e del tam-tam mediatico, senza nemmeno esattamente capire il perché. E il tritacarne ha iniziato a macinare lento, lentissimo, tanto che la Suprema Corte, oltre che censurare l'arbitrio nell'averlo ritenuto colpevole di riciclaggio, ha anche censurato la violazione del principio di celerità nell'ambito del procedimento penale.

 

“Come ho vissuto questi anni? Con tanta fatica, soprattutto a livello interiore, in quanto ho sempre saputo di non avere commesso il reato di riciclaggio che mi era stato contestato – racconta a liberatv -. Sa, il lasso temporale dal 2016, ossia quando ha avuto inizio il procedimento nei miei confronti, ad oggi, rappresenta circa un decimo della mia vita. In questo lungo periodo è stato faticosissimo sopportare l’onta di quel reato imputatomi, ed è stato difficile mantenere un buon equilibrio, sia sul piano personale, che famigliare. Perché è difficile vivere ‘normalmente’ la quotidianità, quando ti trovi nel tritacarne, specialmente perchè, in funzione di una vecchia carica politica, il tuo procedimento viene considerato di pubblico interesse, e quindi il tuo nome viene pubblicato, con grave danno al principio della presunzione d'innocenza, quantomeno nella ‘corte dell'opinione pubblica’. Fortunatamente, ho una moglie ed famiglia molto forte e compatta, e che ciò che non ci ha uccisi ci ha resi più forti e coesi.”

 

Anche sul piano professionale i problemi non sono stati pochi. Camponovo, già prima dell'inizio del processo, aveva rinunciato alla patente cantonale di fiduciario, che gli era costata anni di studio e di impegno, ed ha pertanto dovuto cercare nuove strade.

 

“Devo dire, però, che la cosa che mi ha fatto molto piacere è quella di aver ritrovato alcuni miei ex compagni di scuola, dall’asilo all’università, che da tanti anni non sentivo più, e che —conoscendomi — hanno sempre creduto nella mia innocenza e, da veri amici, si sono fatti vivi per chiedermi se avessi bisogno di aiuto, e questo mi ha dato grande forza dal punto di vista del morale”.

 

All’inizio, quando la sua vicenda giudiziaria è diventata di pubblico dominio, la gente lo guardava con occhi strani: “Mi giudicava senza avere conoscenza del caso. Poi, con il passare del tempo, le cose si sono normalizzate, ma la questione per me più importante è il fatto che, oggi, con la sentenza del Tribunale federale, sia venuto a meno quell’alone di infamia legato al riciclaggio. Una volta che sei dentro a una storia come quella che ho vissuto, non hai alternative. Bisogna combattere giorno per giorno, andare avanti, ed alzarsi ogni mattina come se nulla fosse perchè la vita va avanti comunque. Oggi mi sento sollevato, anche se il procedimento andrà avanti per alcuni reati minori. So che mi aspettano altri anni di battaglie, ma ora la situazione, anche processuale, è molto, molto meno pesante. Saranno i tribunali a giudicare le mie azioni, ma questa volta in un procedimento che potrà essere portato a compimento in serenità”.

 

Proprio per una delle imputazioni residue, quella di "carente diligenza in operazioni finanziarie" Camponovo ritiene, come ha sempre affermato a sua difesa, di aver fatto le verifiche necessarie in relazione alla provenienza dei fondi poi finiti nel mirino degli inquirenti: “Ho basato le mie verifiche di diligenza sulle informazioni di chi, in banca ed in assicurazione in Svizzera, aveva precedentemente seguito quelle persone, e che al tempo avevano il certificato penale immacolato. Ero convinto che i fondi che arrivavano da banche ed assicurazioni in Svizzera avessero eventualmente solo questioni di carattere fiscale da affrontare e risolvere, e non certo penale. Inoltre tutte le operazioni erano plausibili. Penso di essermi semplicemente trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Come anche ex-post penso che si siano adottati due pesi e due misure diverse tra me e chi prima di me ha gestito questi fondi per quasi 20 anni”.

 

Quando è scoppiato il caso, Camponovo ha deciso di cambiare aria e, per due anni, è andato a lavorare a Zugo. “È stata una scelta che mi ha aiutato a vivere la vicenda giudiziaria con un po’ di distacco - racconta -. Ho conosciuto persone nuove, in una città diversa. È stato un arricchimento su diversi fronti, sia personali sia professionali. Ringrazio in particolare mia moglie ed i miei figli per avermi sempre aiutato in questi difficili anni ed oggi il mio obiettivo principale è quello di dare alla mia famiglia il massimo possibile della qualità della vita con me, qualità che in parte era venuta meno”.

 

Una riflessione, infine, sul ruolo che i media hanno giocato nella sua vicenda. “Come potete immaginare ho sentito molto la pressione mediatica, e onestamente non sapevo nemmeno come affrontarla e gestirla. Comunque, quando ti succede quello che è successo a me, hai il focus mentale sul processo e ti mancano il tempo e l’energia per seguire quello che scrivono o dicono di te. Di sicuro non ero preparato all’idea di essere sui giornali per mesi, o addirittura anni. Capisco bene che i media si debbano interessare a un caso come il mio, ma per alcuni di questi sarebbe certamente servita maggiore prudenza, concedendomi quantomeno la presunzione di innocenza. Ma non voglio rivangare il passato, voglio soltanto andare avanti con la mia vita e deciderne il futuro”.

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