CRONACA
La vita stellata di Bernard Fournier
Lo chef si è raccontato in una lunga intervista a TeleTicino: dalla formazione sulle navi da crociera alla decisione di chiudere il suo ristorante di Campione

CAMPIONE D’ITALIA - Il 18 giugno chiuderà per sempre i battenti del suo ristorante: Da Candida, a Campione d’Italia. Un locale iconico dove, negli ultimi 30 anni, moltissimi ticinesi e lombardi si sono regalati una cena stellata. Con la chiusura della Candida si volta una pagina prestigiosa della storia della gastronomia del nostro territorio e della vita del suo chef patron Bernard Fournier.

Una vita ricca di esperienze, dalla Francia all’enclave campionese, che il cuoco ha ripercorso in una lunga intervista andata in onda durante l’ultima puntata di Detto tra noi su TeleTicino (per rivederla clicca qui). Una chiacchierata ricca di spunti, di cui vi riproponiamo alcuni passaggi salienti.

“La scoperta della parola cuoco”

“Io sono figlio di macellai e vengo da un piccolo paese della Lorena. Quando avevo 14 anni e mezzo ho sentito per la prima volta la parola “cuoco”. E allora mi sono messo a riflettere su questa professione, finché ho deciso di iscrivermi alla scuola alberghiera di Strasburgo. Dopo una settimana di corsi avevo già deciso che il mio obbiettivo era quello di avere un mio ristorante”.

La formazione

“Ho fatto più di quattro anni e mezzo sulle navi da crociera. Ha livello professionale non era il top, ma ho imparato tante cose. A cominciare dal saper convivere con gli altri e a gestire situazioni incredibili. Ad un giovane fa bene vivere questo genere di situazioni. E quando non ero sulle navi facevo degli stage negli alberghi, perché ogni sei mesi a bordo c’erano tre mesi di ferie. Poi ho deciso di fermarmi all’Hilton di Orly a Parigi, dove ho conosciuto una bella ragazza trentina, Adriana, che è diventata mia moglie. Dopo il matrimonio si è aperta la possibilità di trasferirci Trento, ad aprire un ristorante. Io non parlavo una parola d’italiano e volevo fare cucina francese trent’anni fa a Trento. Auguri, mi dicevo….”.

L’esperienza dell’Hilton è stata fondamentale. Guadagnavo tre volte meno che sulle navi, ma è stata una decisione voluta. La Hilton, infatti, aveva un centro di formazione a Basilea e ci facevano fare dei corsi di formazioni. E io cercato di imparare il più possibile, anche facendo degli stage interni sul management. E quando mi sono sentito pronto, ho detto: ok, si può volare”.

Il primo piatto firmato Bernard Fournier

“Sfoglia di branzino con porri e burro bianco. L’ho rimesso anche nell’ultima carta della Candida e l’ho chiamato “Ricordo di Trento”. E infatti molta gente mi ha chiesto: cosa c’entra il branzino con Trento? È un piatto che ho creato 38 anni fa quando ero in Trentino e mi piace moltissimo”.

Quella volta che venne a pranzo Fellini

“Un giorno a Trento prendo una prenotazione per dieci persone a pranzo. Era piena estate e ed era bello poter mangiare all’aperto, ma loro volevano a tutti costi la saletta interna. Io non parlavo bene l’italiano e segno la prenotazione come “Fedidi”. A mezzogiorno e mezzo entra in cucina una ragazza che si occupava del servizio e mi dice balbettando: “Chef, c’è Fellini!”.

L’arrivo a Campione

“A Trento il ristorante andava benissimo, ma appena sono entrato Da Candida e ho visto l’affresco sul soffitto, mi sono detto: questo posto è per me. Come in tutti i villaggi anche a Campione c’erano delle chiacchiere. Dopo sei mesi che avevamo aperto, si diceva che avremmo chiuso”.

La crisi di Campione

“Tre anni prima della chiusura del casinò, noi abbiamo chiuso i rapporti con loro e abbiamo fatto bene. C’erano dei clienti della casa da gioco che avevano dei comportamenti che non andavano bene con il mio modo di pensare…noi ci siamo sempre considerati un’enclave nell’enclave. E infatti anche quando ha chiuso il casinò, noi abbiamo resistito tranquillamente”.

La decisione di chiudere

“A una certo punto nella vita bisogna saper voltar pagina. Ho 67 anni, negli ultimi cinque anni abbiamo cercato di costruire un futuro per il ristorante. Abbiamo parlato con diversi giovani e bravi chef. Ma purtroppo nessuno di loro ha avuto il coraggio di lanciarsi e questo nonostante sia già tutto avviato. Il ristorante è sano economicamente. Certo, non si fanno più le cifre di un tempo, ma il locale va bene. Non prendere la decisione di chiudere avrebbe semplicemente voluto dire rimandare il problema”

“I tempi sono cambiati, è vero. Ma davvero oggi è più difficile per un giovane? Penso al mio percorso: Parigi, Trento senza parlare l’italiano, Campione senza conoscere nessuno e dove abbiamo dovuto investire molto. Era facile trent’anni fa?”.

La critica a Masterchef

“Masterchef è stato un danno perché oggi si fa più fatica a trovare personale di sala: tutti voglio cucinare. Il programma manda un messaggio sbagliato perché fa credere che chiunque può diventare chef”.

La stella Michelin

“La stella per me non è mai stato un obbiettivo. Tanti chef mi hanno chiesto: come hai fatto a prenderla? Non c’è una ricetta. Lavori per i clienti, il business va bene e poi con calma, se sei bravo, a un certo punto la Michelin ti nota e ti dà la stella. Ma non c’è una formula. Io non ho mai avuto la paura di perderla, anche perché una volta ce l’hanno tolta. Era il 2004, avevo comprato casa e ho dovuto ristrutturare la cucina del ristorante e a un certo punto sono andata in tilt. Ho scritto alla Michelin ringraziando e dicendogli che mi facevano un favore. Senza la stella Bernard Fournier poteva non esistere per un po’, perché aveva troppi problemi. E sei anni dopo, senza cercarla, è ritornata”.

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