CRONACA
Esce "Bionic Rider": Matteo Conconi racconta come si corre con una protesi
Il rider ticinese presenta il suo secondo libro, scritto in collaborazione con Teresa Chiriacò. "Lo sport mi ha aiutato a evadere dalla mia diversità".

MENDRISIO – C’è chi lo sport lo vive come svago. Chi lo trasforma in ambizione. E poi c’è chi – come Matteo Conconi – lo affronta come una sfida quotidiana alla gravità, ai limiti del corpo, e agli sguardi degli altri. Un downhill a ostacoli, alcuni invisibili e altri no, che Matteo ha imparato a domare con un solo braccio e una forza che non smette di stupire e contagiare per entusiasmo e vitalità.

Matteo corre. Corre davvero, su sterrati e trail, con la sua mountain bike tra boschi e discese. Corre anche contro l’idea che la normalità sia quella che dipingono gli altri. Lo fa con una protesi al braccio sinistro. E sì, in sella alla mountain bike va anche forte. Merito di un lavoro certosino di meccanici, ortopedici, fisioterapisti e artigiani della precisione che sfornano soluzioni su misura per permettergli di gareggiare con sempre maggiore sicurezza.

Anche i racconti di questo team tecnico e umano sono inclusi nel nuovo libro “Bionic Rider” (Salvioni Edizioni), scritto in collaborazione con la giornalista Teresa Chiriacò, e presto disponibile per il pubblico. Interviste, foto, schemi delle protesi, dettagli meccanici e racconti personali: c’è tutto. C’è tutto l’essere di Matteo: vivace, intraprendente, pieno di forze, ma anche di paure.

“Non sono un fenomeno – ci racconta – e se ce l’ho fatta io, può riuscirci chiunque. Dopo l’incidente volevo solo capire se riuscivo ancora ad andare in bici, se potevo tenermi in equilibrio con un solo braccio. Poi è diventata una passione e oggi gareggio contro atleti normodotati”.

“Bionic Rider” è un viaggio dentro l’inclusione, ma anche nella determinazione. Un libro che non parla solo di sport, ma di ciò che succede quando ami qualcosa così tanto da spingerti oltre ogni barriera. “Più miglioravo in bici, più la protesi doveva migliorare con me. Doveva essere ad hoc. Ogni passo avanti era una sfida anche tecnica”, spiega Matteo. E lo dimostrano le interviste raccolte nel libro: ingegneri, meccanici, terapisti e preparatori raccontano in prima persona cosa significa lavorare con un atleta come lui.

Ma c’è anche la parte più umana, più calda. Quella che fa venire la pelle d’oca. “Nell’ultima gara al Passo del Tonale, il team Le Marmotte del Tonale mi ha accolto come se mi conoscessero da anni. In realtà mi vedevano per la prima volta. È stato incredibile. Ma devo dire che tutti i team sono così, ognuno fa un po’ parte di tutte le squadre. C’è un ambiente davvero stupendo, fatto di rispetto, inclusione e condivisione. Ci vogliamo tutti bene tra di noi”.

E poi c’è lo sport come fuga. Come trasformazione. “Lo sport mi ha aiutato a evadere dalla mia diversità. Dicono che io ho dato qualcosa allo sport, ma è lo sport ad aver dato qualcosa a me. Ora affronto piste nere nei bike park. Anni fa mi sembrava impossibile anche una mini discesa.” Accanto a Matteo, come penna e come presenza, c’è Teresa Chiriacò. Giornalista, attenta e sensibile, ha scelto di credere fin da subito a questa storia. “Appena ci siamo parlati – racconta Matteo – ha detto subito: ‘Questo libro lo scrivo con te’. Aveva voglia di raccontare la mia volontà di abbattere i pregiudizi, soprattutto nello sport, dove ancora a volte ti senti dire: ‘Non ce la puoi fare’.”

Ma “Bionic Rider” non è scritto solo per chi pratica sport o vive una disabilità. “È un libro che vuole arrivare a tutti. Agli adulti. Ai ragazzi. A chi si sente in difficoltà. A chi ha bisogno di un motivo per ripartire”.

“Lo sport – conclude Matteo – è la benzina più importante per noi ciclisti. È come avere muscoli in più. Ti fa andare a tuono. E ti cambia la vita”.

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