Il killer ha lasciato un biglietto di addio: "La CTE mi ha rovinato". Aveva scritto alla Federazione senza ottenere risposta
NEW YORK – È partito da Las Vegas a bordo della sua BMW nera. Ha guidato per due giorni, attraversando mezza America. Destinazione: New York, grattacielo al 345 di Park Avenue. Lì ha impugnato un fucile M4 e ha fatto fuoco. Quattro morti, un ferito grave, poi si è ucciso. Si chiamava Shane Devon Tamura, aveva 27 anni e un passato da promessa mancata del football. Secondo la polizia, soffriva di encefalopatia traumatica cronica (CTE), una malattia neurodegenerativa che colpisce molti ex atleti colpiti da traumi cranici ripetuti. Proprio come lui.
Tamura è entrato nell’atrio del grattacielo – dove si trovano gli uffici della NFL e di Blackstone – nell’ora di punta, senza dire una parola. Ha sparato al poliziotto Didarul Islam, poi a una donna nascosta dietro una colonna. Una guardia giurata, colpita dietro una scrivania. Infine un dipendente della NFL, ferito ma vivo. Poi la salita al 33esimo piano, agli uffici della Rudin Management. Lì ha sparato ancora e si è ucciso con un colpo al petto.
Nel suo zaino: un revolver carico, caricatori, farmaci. Ma soprattutto, un messaggio di addio, scritto a mano, trovato nei pantaloni. Tre pagine per spiegare tutto: “La CTE mi ha rovinato. Il football mi ha fatto bere un gallone di liquido antigelo”, scrive citando Terry Long, ex giocatore NFL morto suicida nel 2005. Tamura si sentiva tradito dalla Lega. Aveva presentato reclami, chiesto prevenzione, attenzione. Nessuna risposta. “Non puoi andare contro la NFL. Ti schiacceranno”, ha scritto. E poi la richiesta alla scienza: “Studiate il mio cervello, per favore. Mi dispiace. Dite a Rick che mi dispiace per tutto”.