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Il Federalista
23.02.2024 - 10:240
Aggiornamento: 16:17

“Scuole sature di ideologia”? Il 'woke' bussa alla porta dei licei svizzeri. E in Ticino...

Oltre Gottardo divide il progetto di introdurre la materia “Educazione allo sviluppo sostenibile". Attesa la presa di posizione del Dipartimento

Articolo a cura sella Redazione de Il Federalista

In Ticino, la scuola fa raramente capolino sulla scena politica (e annesso coro mediatico). Siamo in tempi di rovente e non immotivata polemica su risparmi e tagli, con i dipendenti pubblici, insegnanti compresi, sulle barricate per stipendi e rincari. Intanto però nella scuola svizzera ci sono cantieri aperti e movimentati. E quando si parla di “scuola svizzera” si parla, quanto a normative, anche dei nostri licei. Quali cantieri, quali problemi? Le notizie arrivano dalla stampa d’Oltregottardo.

“Scuole sature di ideologia”, titolava nei giorni scorsi fa il domenicale del Tages Anzeiger. Addirittura? A suonare l’allarme, tra gli altri, vi è un docente e pubblicista molto noto nella Svizzera tedesca, anche in virtù della sua militanza politica nei Verdi liberali (è granconsigliere a Berna): Alain Pichard. Bersaglio dei suoi strali è il nuovo Piano Quadro per le scuole di maturità proposto dalla Conferenza dei direttori della pubblica educazione (CDPE), ovvero l’organo che unisce i “ministri” della scuola dei Cantoni elvetici. Il Piano è ora al vaglio dei 26 esecutivi cantonali e dovrebbe entrare in vigore già a partire dal prossimo agosto.

(Ri)educazione allo sviluppo sostenibile 

Sotto la lente dei critici (tra i quali, come vedremo, vi sono anche alcuni Governi cantonali) è finita in particolare una nuova “tematica trasversale” proposta dal Piano Quadro, che fornisce indicazioni di massima su come organizzare i piani di studio a livello cantonale. La “tematica” è denominata “Educazione allo sviluppo sostenibile (ESS)”. Suo obbiettivo, secondo il documento, sarebbe quello di una “trasformazione verso una società sostenibile”. “Non si tratta – precisa la SonntagsZeitung - solo di proteggere il clima e la biodiversità, ma anche di combattere ‘il razzismo, le ingiustizie sociali ed economiche o l’ingiusta distribuzione tra i sessi’”. 

Tutte cose buone e giuste, a noi pare. Intenti più che nobili. Cosa dunque inquieta Pichard? “Il compito della scuola è trasmettere la conoscenza per consentire agli studenti di formarsi i propri giudizi”. Infatti. Ma con il nuovo piano, tuona “l’insegnante più noto della Svizzera” (a detta del giornale zurighese) “il nostro sistema educativo si sta sviluppando in una direzione pericolosa che può portare a una sorta di rieducazione totalitaria”. Non sono caramelle. Vediamo di entrare in medias res.

"Bando alle conoscenze. Si vogliono misurare gli allievi sulla base di attitudini"

Siamo di fronte, spiega Alain Pichard al Federalista, a una variazione sul tema delle “competenze trasversali”, ritornello che accompagna la didattica scolastica ormai da decenni. Un paradigma, a suo giudizio, già di per sé problematico: “Qui si arriva a proporre di valutare negli allievi dei tratti di carattere e delle attitudini. Il focus non è più sulle buone vecchie materie scolastiche, che per me dovrebbero essere al centro della scuola. Si inizia a parlare di competenze che devono poter essere valutate e misurate”. E Pichard prende come esempio la “sostenibilità”: “Ma la sostenibilità non è che un'espressione. Ci sono una settantina di definizioni, interpretazioni diverse di cosa significhi la parola”.

Va notato che il “galateo” proposto dal Piano Quadro è carico di espressioni come “società giusta”, “limiti planetari e sociali”, “giustizia intra e intergenerazionale”, “persone di tutte le identità di genere”, “olistico”, “trasformativo”, “trasformazione socio-ecologica”. “Per me – riprende Pichard – ciò non ha nulla a che vedere con la scuola. Lo dico io che sono membro dei Verdi liberali, e non mi si può certo accusare di non avere a cuore le questioni ambientali. Ma la didattica dovrebbe essere una prerogativa di noi professori, invece qui sono i burocrati a dire come le cose devono funzionare. Non c'è nessuna prova, enumerata nel documento, che questo approccio possa avere un effetto positivo sull'apprendimento”.

Pichard è un fiume in piena, e punta il dito contro quello che a suo dire è ormai un vizio della politica. “La frequento da tempo e costato che tende sempre più a far risalire i problemi sociali a deficit educativi. E man mano si istituiscono specializzazioni pedagogiche per risolverli: l’educazione alla sicurezza stradale, l’educazione alla salute, ecc. Più aumento questi compiti, però, e meno il docente potrà contribuire ad affrontarli. Soprattutto, si privano gli stessi insegnanti del tempo necessario per comunicare agli allievi le conoscenze reali, significative, che a livello di liceo sono il calcolo integrale, la capacità di comprendere dei testi scientifici complessi, ecc.”.

Un aggiornamento che manca dal 1994 (ma suscita reazioni contrastanti) 

La SonntagsZeitung intercetta una voce positiva sul progetto ESS proposto dal Piano Quadro, quella di Lucius Hartmann, presidente dell’Associazione degli insegnanti svizzeri delle scuole di maturità, secondo il quale “l’attuale Piano Quadro degli studi risale al 1994: un aggiornamento era necessario”. Le scuole superiori, spiega Hartmann, non devono garantire solo che i loro diplomati siano pronti per affrontare gli studi universitari, ma anche che sviluppino “una profonda maturità sociale”. Espressione che non piace affatto al germanista dell’università di San Gallo Mario Andreotti, che ribatte sarcastico: “Qual è il contenuto dell’espressione ‘profonda maturità sociale’? Devo forse andare a incollarmi su una strada trafficata a causa del cambiamento climatico?".

E i Cantoni?

Per quanto è dato sapere, il discusso Piano Quadro ha suscitato reazioni contrastanti da parte degli esecutivi cantonali. La Direzione della formazione del Canton Zurigo ha avvertito che “il principio della neutralità politica” non dovrebbe essere “influenzato attivamente” dalle scuole e che, di conseguenza, alcune formulazioni andrebbero “riviste” (di ugual parere la Conferenza dei presidi delle scuole secondarie di Zurigo). E se per Obvaldo il progetto di “Educazione allo sviluppo sostenibile” sarebbe “troppo tendenzioso”, Lucerna ha tagliato corto: “È ovviamente un’agenda politica”. Perplessità anche da parte del Governo del Canton Argovia.

E nella Svizzera romanda? Ci ha pensato, lunedì, il quotidiano Le Temps a condurre una breve inchiesta tra i direttori dell’educazione dei Cantoni di area francofona (titolo aperto e up to date: “Trop woke, le futur plan d’études des gymnases?”).

Sdrammatizza Sylvie Bonvin Sansonnens, consigliera di Stato friburghese all'istruzione: "Non credo che ci sia un'agenda di parte dietro la versione che è stata messa in consultazione".

Da parte sua, il vallesano Christophe Darbellay, che come vice presidente della Conferenza dei direttori della pubblica educazione è tra i promotori del Quadro, non nutre dubbi: “Parlare di sostenibilità al giorno d’oggi non è wokismo: è indispensabile per preparare la nuova generazione alle grandi sfide del pianeta”.

Di diverso parere il ginevrino Jean Romain, scrittore, già insegnante di filosofia e uomo politico (PLR): “Che si parli nella scuola di sviluppo sostenibile non è affatto illegittimo, ma ciò che è inaccettabile sono i termini usati, chiaramente orientati a imporre una forma di consenso morale. Questo è inammissibile!”. Per Romain, il Piano Quadro non deve imporre una visione unica a docenti e allievi, ma lasciare l’opportunità di sviluppare la discussione, di lasciar esprimere pareri opposti: “La scuola non deve diventare un stampino”.

E in Ticino?

La domanda ovviamente “scotta”: come ha reagito il nostro DECS di fronte al progetto del Piano quadro degli studi per le scuole di maturità? Ci ripromettiamo di chiederlo quanto prima a Marina Carobbio, che rappresenta il Cantone nella Conferenza intercantonale dei Direttori dell’Istruzione.

In attesa, tastiamo il polso di un insegnante che, in quanto docente liceale di storia ma anche per il suo ruolo di presidente del sindacato docenti OCST, ha certamente avuto occasione di… mettere le mani in pasta. Giusto, Gianluca D'Ettorre?

Certamente, anche se da un’angolatura particolare. Molto opportunamente i docenti del medio superiore sono stati consultati, e in due occasioni. Su una prima bozza e poi, più di recente (tra settembre e novembre dell'anno scorso), su una seconda versione prossima al testo finale. Il Ticino ha fatto un lavoro capillare che non credo sia stato tentato altrove: sono stati convocati dei gruppi di materia, i cosiddetti “gruppi disciplinari”, da tutte le sedi delle scuole medie superiori, che hanno dunque preso visione del Piano Quadro che compete la loro materia. Sono poi intervenuti i gruppi disciplinari cantonali, che hanno fatto una sintesi delle posizioni emerse. A partire da questa sintesi il Dipartimento ha elaborato un documento, che però ancora non conosco e che non mi risulta sia stato reso pubblico. 

Per quel che ha potuto osservare, quali sono state le reazioni, in particolare sulla questione della “educazione alla sostenibilità”?

Come ho detto, il focus cui hanno prestato particolare attenzione i docenti è stato quello della propria disciplina, non quello relativo alle questioni più generali. Se questo è stato il punto di forza del lavoro, dunque, e cioè la volontà di coinvolgere tutti, è stato però anche la sua debolezza, perché questa compartimentazione ha frammentato il discorso. Non c’è stata perciò una presa di posizione ufficiale sul tema "sostenibilità" né su altri punti problematici contenuti nel piano.

A quali aspetti si riferisce?

Parlo per esempio dell’insistenza con cui nel documento si suggerisce di puntare, in tutte le discipline, su quelle attività che sono “propedeutiche all’approccio scientifico”, quasi trascendendo la singola materia. Ma non tutte le materie -ad esempio la mia, la storia- si prestano a illustrare quei caratteri del metodo che sono simili a quelli delle scienze sperimentali.

Un esempio.

Non sempre il metodo consistente nel partire da un'ipotesi e verificarla tramite l’osservazione ha validità nella mia disciplina, dove può prevalere l'analisi delle fonti. L’impressione è in generale che la materia debba divenire funzionale ad altro, a qualcosa di “superiore”: le famose competenze transdisciplinari, come appunto la questione dello sviluppo sostenibile. Come se nella Storia ci fosse chiesto di dare priorità all’illustrazione degli effetti della società umana sulla natura, sull'ambiente. Se mi occupo ad esempio delle Repubbliche Marinare del tredicesimo secolo, il focus deve andare sull’impatto delle colonie veneziane e genovesi sulla costa del Mediterraneo? Questo però non è un tema storiografico. È una logica esterna, o “superiore” alla disciplina. Con l’educazione alla sostenibilità si va in una sorta di “comportamentalismo”: la sostenibilità diventa il prisma attraverso cui guardo la realtà e formo la persona.

 

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