IL FEDERALISTA
Paolo Rossi: "Il mercato elettrico si liberalizza. Ecco cosa succederà"
"parte del dibattito politico sembra ancora legata a logiche ideologiche, dimenticando che l'efficienza di un sistema si misura dai suoi risultati "

di Paolo Rossi - articolo pubblicato su ilfederalista.ch

Con l'annuncio del Consigliere Federale Albert Rösti, la Svizzera si prepara ad aprire il proprio mercato elettrico. Una decisione che giunge con quasi vent'anni di ritardo rispetto ai Paesi vicini , ma che non per questo risulta meno importante. Anzi: il disegno preannunziato dal Governo introduce una riforma che – se ben applicata – potrebbe rafforzare il servizio pubblico e aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento. Eppure, parte del dibattito politico sembra ancora legata a logiche ideologiche, dimenticando che l'efficienza di un sistema si misura dai suoi risultati e dalla sua capacità di adattarsi alle trasformazioni.

1 Liberalizzare non significa privatizzare

Innanzitutto un chiarimento fondamentale: liberalizzazione del mercato dell'energia non è sinonimo di privatizzazione. Il cuore del servizio pubblico – la rete di trasporto dell'elettricità – resterà un monopolio naturale. Ed è giusto che sia così. La separazione tra rete e prodotto, già prassi consolidata in Germania, Italia e Francia, ha portato nei fatti maggiore trasparenza ed efficienza, garantendo nel contemporaneo libertà di scelta per i consumatori, senza smantellare le tutele pubbliche.

Oggi, grazie al fotovoltaico e alle tecnologie di accumulo, ogni cittadino può decidere se autoprodurre energia, se venderla, se acquistare elettricità rinnovabile, oppure optare per un mix. Il prezzo non è più dunque l'unico criterio di scelta ambientale: entrano in gioco anche valori, origine geografica dell'energia e prestazioni tecniche. Il mercato, se ben regolato, permette questa pluralità.

2 Più controllo e meno abusi

L'esperienza europea insegna che l'apertura del mercato determina il rafforzamento dell'Autorità di vigilanza, allo scopo di evitare abusi da posizioni monopolistiche , che la sola proprietà pubblica delle imprese elettriche (quella che conosciamo anche in Ticino) non è in grado di garantire. In questo senso la nuova ElCom (l'Autorità svizzera per l'elettricità), avrà poteri più ampi per contrastare posizioni dominanti, evitare sussidi incrociati tra elettricità, gas e acqua potabile, e garantire la trasparenza dei prezzi. Si tratta di un punto cruciale: un mercato aperto senza regole e caos; un mercato aperto con regole chiare è vantaggioso per tutti.

Particolarmente rilevante, nella separazione “non solo contabile” tra rete e commercio, secondo l'esperienza europea, è la limitazione nell'uso dei dati di consumo unicamente a favore di una gestione efficiente della rete. Un segnale forte contro il rischio di una “mercificazione” dei dati privati e un favore di una digitalizzazione al servizio dell'interesse collettivo.
 
3 La rete va ripensata, non solo gestita

Il cambiamento più profondo, tuttavia, riguarderà la concezione stessa della rete elettrica. Fino a pochi anni fa la rete era costruita per trasportare l'energia “dall'alto verso il basso” : grandi impianti di produzione centralizzati, trasporto nei diversi livelli di tensione, fino a ogni singolo consumatore. Oggi, con la produzione diffusa – fotovoltaico in primis – la rete deve gestire anche i flussi “dal basso verso l'alto” , con i consumatori/produttori (in gergo “ prosumers ”) che immettono in rete l'energia non auto-consumata.

È come utilizzare una rete stradale a senso unico nelle due direzioni di marcia, dove quindi la regolazione, anche con l'impiego di tecnologie digitali e dell'AI, deve essere molto accurata e più dinamica per evitare incidenti. A questo si aggiungono nuove sfide legate alla crescita dei consumi elettrici, con l' elettrificazione dei trasporti e del riscaldamento , e con un uso dei dati sempre più strategico.

4 Il coordinamento europeo è necessario

La liberalizzazione annunciata è comunque anche un segnale verso l'Europa . La Svizzera dispone di 41 connessioni internazionali con Germania, Francia, Italia e Austria . Collaborare con questi partner – e tornare a condividere regole comuni dopo anni di isolamento – è fondamentale per garantire la stabilità della rete. L'esempio del blackout subito dalla Penisola Iberica , che dispone di 4 soli allacciamenti al continente ma con un consumo decisamente superiore al nostro, mostra quanto questa cooperazione sia essenziale.

Storicamente , dagli anni '50 la Svizzera era stata promotrice di questo coordinamento (con la creazione del dispacciamento center di Laufenburg). L'interruzione degli ultimi anni, dovuta alla mancanza di un accordo quadro con l'UE, ha generato incertezze e costi (dell'ordine di decine di milioni di franchi). Ora, il processo di liberalizzazione spiana la strada per rilanciare una collaborazione strutturata con i vicini europei, nello stesso interesse della sicurezza del nostro approvvigionamento.
 
5 Un'opposizione ideologica?

Alla luce di tutto questo, lascia perplessi l'opposizione espressa da una parte dello spettro politico , che sembra preferire la difesa di un modello idealizzato , piuttosto che confrontarsi con i contenuti reali della riforma. Un servizio pubblico moderno non si misura con lo statalismo, ma con la capacità di tutelare i cittadini in un contesto in evoluzione.

In questo caso, il rafforzamento della rete, la libertà di scelta per i consumatori e il ritorno a un mercato interconnesso e regolato a scala continentale rappresentano un salto di qualità, non un arretramento.

6 Le centrali a gas: una polizza per l'inverno

Anche sul secondo punto dell'annuncio – la costruzione di centrali a gas per coprire eventuali emergenze invernali – esprimo un'opinione è positiva. Si tratta di una scelta pragmatica, che non va letta come un tradimento degli obiettivi climatici, ma come una polizza assicurativa.

Come per le assicurazioni– responsabilità civile, danni da eventi naturali – che stipuliamo privatamente per tutelarci da ipotetici rischi, anche in questo caso si tratta di pagare un premio per evitare potenziali scenari di penuria invernale. È possibile che quelle centrali non entreranno mai in funzione. Ma in caso contrario, ci salveranno da situazioni problematiche . La domanda chiave è dunque: quanti rischi vogliamo correre?

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