Ora è il candidato di punta del Partito. E Parla di Patrizia, Borradori, Giudici, dei metodi leghisti.
di Marco Bazzi
LUGANO - Marco Jermini, a questo punto, dopo il ritiro di Patrizia Pesenti, la strada della sua elezione in Municipio a Lugano sembra spianata. Ammesso che anche lei non abbia qualche clamoroso ripensamento dell’ultima ora…
Figuriamoci! Io ci sono. E sa perché? Perché il socialismo lo sento nella pancia. Per me essere socialista non è una questione di testa, di logica o di programmi. È qualcosa che sento dentro, ed è sempre stato così.
Comunque, senza l’ex consigliera di Stato, lei è senza dubbio il candidato di punta del Partito socialista.
Andiamoci piano, anche perché in lista ci sono altre persone che possono aspirare all’elezione. È chiaro che Patrizia avrebbe fatto un’ottima votazione e sarebbe stato difficile contrastarla. Ma credo anche che con lei in lista il Partito socialista avrebbe potuto tentare la riconquista del secondo seggio. Vede, a me interessa soprattutto che il Partito faccia a Lugano il miglior risultato possibile, al di là del fatto che io entri o non entri in Municipio. Mentirei se dicessi che non ci tengo. Ma prima di tutto viene il Partito. Per questo credo che adesso dobbiamo mettere in campo la miglior lista possibile.
E com’è a suo avviso “la miglior lista possibile”?
Prima di tutto in campagna elettorale, soprattutto in una campagna come questa, così aperta e importante, bisogna raschiare il barile in tutti i settori e in tutte le aree del proprio partito. Le liste ‘monocromatiche’ indeboliscono i partiti. Il PS deve quindi essere aperto a tutte le sue diverse componenti e proporre una lista con candidati di diversa sensibilità: alcuni un po’ più a destra, altri un po’ più a sinistra. Solo così potremmo ottenere un buon risultato. Non appiattendoci su una sola posizione.
A quale posizione allude?
Voglio dire che se fossimo tutti uguali, allineati su posizioni monolitiche, il PS non avrebbe la possibilità di fare un buon risultato in aprile. Se tutti i candidati fossero sulle posizioni del vicepresidente Sergio Roic, per intenderci, il risultato sarebbe nettamente inferiore a quello che potremmo ottenere con una lista forte ma aperta, non monocromatica, appunto, ma policroma, per restare in tema di colori.
E in cosa sta questa diversità che lei auspica?
Sta nello stile, negli atteggiamenti, nelle idee, nelle posizioni, nelle sensibilità dei singoli candidati.
Ma adesso bisogna completare la lista: sostituire i due candidati che si sono ritirati, non solo Pesenti, ma anche Nenad Stojanovic.
Certo, ma ora lo scenario cambia perché le persone che hanno dichiarato la loro indisponibilità a candidarsi alla luce della presenza di Pesenti potrebbero anche cambiare idea. Secondo me, ma è un’opinione strettamente personale, non bisogna partire dalla lista di Cadro (nrd: la riunione in cui a fine anno sono state messe al voto le candidature) ma ricontattare tutte le persone che avevano manifestato verso la candidatura un interesse che non si è poi concretizzato.
Ma manca poco al termine per la presentazione delle liste.
Lo so, non c’è tempo da perdere. Bisogna fare in fretta ed evitare che tutti dicano la loro, altrimenti non finiamo più. Bisogna anche evitare le sparate dei singoli e prendere in mano la situazione con decisione per trovare soluzioni condivise che siano nell’interesse del Partito. L’operazione va gestita dagli organi della Sezione e portata a termine in modo tempestivo. Non si tratta di un ‘ripescaggio’, ma semplicemente di ricontattare le persone che sono entrate in linea di conto nella composizione della lista. Ma ripeto: questo è quello che farei io. È la mia opinione.
Non sappiamo esattamente cosa abbia indotto Pesenti a gettare la spugna. Ha detto che una parte del Partito le remava contro. Diciamo che la sua linea era considerata da molti militanti troppo di “centro-destra” o comunque troppo vicina al “centro-destra”.
A me la presenza di Patrizia non disturbava affatto, anzi. Era un suo diritto essere su questa lista e la sua presenza avrebbe sicuramente giovato al partito. Però, al di là del caso Pesenti, bisogna evitare l’errore di confondere l’opposizione – che è ferma e condivisa nel nostro Partito – a un modo di fare politica basato sul dileggio e il disprezzo dell’avversario con una pregiudiziale di principio contro candidati e posizioni di centro-destra. Nel senso, che non dobbiamo accettare la logica dell’insulto e dell’attacco personale, ma dobbiamo saperci confrontare con tutti sul piano delle idee.
Lei si riferisce evidentemente ai “modi” della Lega e del Mattino…
Sì. Io accetto senza problemi di essere criticato per quello che penso, che dico o che faccio. Non accetto però di essere dileggiato, mettiamo, perché sono sovrappeso, come in effetti un po’ lo sono. Non so se è chiaro il discorso. Non ci si può sedere a un tavolo con chi ti attacca o ti deride per motivi che nulla hanno a che fare con la tua azione o le tue posizioni politiche.
Parliamo un po’ degli altri. Il grande tema della campagna elettorale luganese è quello del sindaco: Giorgio Giudici, la continuità, o Marco Borradori, il rinnovamento. Lei che pensa?
Guardi, come Partito abbiamo deciso di pensare soprattutto alla nostra campagna e ai nostri obiettivi. Ne abbiamo parlato. Ma la conclusione è stata quella di non prendere posizione ufficialmente per l’uno o per l’altro. Almeno per ora.
Ma lei un’idea ce l’avrà…
Più o meno, ma vorrei capire ancora alcune cose. È chiaro che un Borradori, per lo stile e per l’età, potrebbe portare una certa innovazione nel modo di condurre la Città, nel modo in cui Lugano si pone di fronte a una serie di temi, anche verso l’esterno. Però, a mio avviso, se politicamente Borradori è stato un buon ‘esecutore’ non è mai stato un buon ‘inventore’. Giudici, invece, sappiamo quello che ha fatto.
Quindi?
Quindi, adesso Borradori per convincere deve riuscire a cambiare registro. Se porterà delle idee e dei progetti concreti e condivisibili troverà consenso. Comunque per ora non vedo nei due candidati alla carica di sindaco una figura politica che mi convinca pienamente.
Insomma, le piacerebbe un sindaco che sia un mix tra Giudici e Borradori?
In un certo senso sì, se fosse possibile. Ma ovviamente non lo è. Ogni cittadino dovrà a un certo punto optare per l’uno o per l’altro. Però le carenze dei singoli possono essere compensate con un’attività di squadra nel nuovo Municipio, nel quale i socialisti possono giocare un importante ruolo di equilibrio e di stimolo in quella direzione.
Accordi politici tra partiti o candidati di diversi partiti? Ci sta pensando e li ritiene utili?
Secondo me sono deleteri. Chi ha cercato di scambiarsi voti è spesso finito male. E poi i partiti hanno sempre meno la capacità di controllare l’elettorato. Credo che il successo o l’insuccesso di partiti e candidati passi dalla concretezza e dalla capacità di proporre temi e idee convincenti. Non da accordi di retrobottega.