POLITICA E POTERE
Dalle campagne di Maggiora al trionfo di Ginevra. Mauro Poggia: "Io, l'Islam, la Lega e i bilaterali"
Intervista a tutto campo al nuovo ministro del Movimento dei cittadini di Ginevra. "Io come Borradori? È un accostamento che fanno spesso. Ma non siamo la Lega e Ginevra non è il Ticino. Ed ecco perché mi sono convertito all'Islam"

di Marco Bazzi

GINEVRA – Mauro Poggia, avvocato con studio in proprio, sposato, padre di un figlio, da domenica scorsa è ministro del Governo ginevrino. È nato 54 anni fa nel Giura Bernese da genitori italiani, madre lombarda e padre piemontese, da Maggiora, in provincia di Novara, un paesino agricolo di campi e di cave d’argilla, da cui si gode, nelle giornate terse, il maestoso spettacolo della catena del Rosa.

“Ci ho passato  tutte le mie vacanze, laggiù – racconta a liberatv -. C’è ancora la casa di famiglia e ci torno spesso, a Maggiora, a trovare gli amici. Mi riposo e mi rilasso soltanto ad andarci”.

Quel villaggio contadino famoso per le piste di motocross, a due passi da Borgomanero, resta il buen retiro del nuovo ministro del Movimento dei cittadini ginevrini. Insieme a Cannero, a due passi dal confine di Brissago.

“Un altro luogo a cui sono molto legato. Amo il Verbano, anche perché da ragazzo andavo spesso ad Arona, che è a pochi chilometri da Maggiora. E non vi preoccupate: appena avrò l’occasione farò un salto in Ticino”. 

Prima di parlare di politica, Poggia, due parole sulla religione. La sua fede islamica è stata sottolineata dai suoi avversati politici durante la campagna.

“Sì, mi sono convertito all’Islam, ma è una lunga storia. Cerco di sintetizzarla. Mia moglie è musulmana. Ci siamo conosciuti a metà anni Novanta. Mi sono convertito nel ’96, senza che lei lo sapesse, quindi è stata una mia libera scelta, poi abbiamo avuto un figlio. Ma il mio è un islam molto aperto, perché appartengo al movimento Sufi”.

Il Sufismo è definito una forma di ricerca mistica tipica della cultura islamica, e anche un punto di contatto tra Islam e Cristianesimo. Ma di questi tempi in Svizzera essere islamici non aiuta a livello elettorale.
 
“Io non vado nelle moschee, sia chiaro. Ma i miei avversari politici hanno cercato di usare la mia fede per farmi perdere voti. Ho sempre avuto un atteggiamento laico e aperto verso tutte le religioni. Non sopporto gli integralisti musulmani, e penso che il Sufismo, se applicato bene alla propria vita, sia una bellissima religione. Sono sufi ma anche cattolico. Questa religione fa parte di me come la nuova nella quale sono entrato”.

E del recente voto ticinese su burqa che pensa?

“Penso che i ticinesi abbiano fatto una scelta giusta. A Ginevra sarebbe stato molto più difficile, perché ci sono migliaia di turisti musulmani. Però penso che la gente che vive in Svizzera deve adattarsi ai nostri costumi e alle nostre regole. Se non è d’accordo può sempre andarsene. Non si possono accettare persone che pretendono di integrarsi senza adattarsi. Ma guardi che i musulmani liberali sono più aggressivi di noi contro la messa in scena – la chiamo così - integralista. Il segnale che ha dato il Ticino lo capisco e lo rispetto”.

Non era invece d’accordo sul divieto dei minareti….

“No, quell’iniziativa era chiaramente diretta contro una parte della nostra popolazione di confessione islamica. Per questo, come Movimento ginevrino, abbiamo deciso di non sostenerla. Il che non vuol dire che siamo per la costruzione di minareti. Semplicemente, ci sono altri sistemi per impedirlo, senza offendere la libertà di culto”.

Senta, Poggia, lei si sente un po’ il Marco Borradori di Ginevra, contrapposto a Eric Stauffer, il suo presidente, che domenica ha detto “Io sono il Bignasca di Ginevra”?

“È difficile parlare senza conoscere dirattamente le persone, e Borradori non lo conosco. Mi si paragona spesso a lui, e un po’ il paragone potrebbe starci, per quel che so. Come la Lega, anche il nostro Movimento è un partito cittadino e ha ai vertici due personalità piuttosto diverse: Stauffer che grida e io che sono più posato e pragmatico. Ma uno senza l’altro non avremmo politicamente senso: siamo complementari”.

Anche voi avete un’anima di destra e una di sinistra?

“Certo, da noi c’è gente che viene dal Partito socialista come dalla destra, anche estrema. La doppia anima si vede su certi temi concreti, ma non provoca spaccature interne. Anzi, è la forza del nostro movimento. Penso che se un partito non vuole essere monolitico ha bisogno di queste due anime”.

Chi è l’ideologo del Movimento dei cittadini di Ginevra?

“Siamo tutti ideologi, siamo tutti lì a dare il nostro contributo. Le nostre idee non sono bloccate su un punto di vista. Si evolvono, adattandosi ai problemi concreti”.

Che similitudini vede, lei, tra la Lega e il vostro Movimento?

“Anche se la Lega è nata molti anni prima di noi, direi che abbiamo in comune il sostegno elettorale che deriva dalla reazione della gente ai partiti tradizionali, che negli ultimi anni non sono stati capaci di rispondere ai problemi e ai bisogni reali della popolazione”.

Avete contatti diretti con la Lega?

“So che alcuni esponenti del mio Movimento ne hanno. Non siamo fratelli o alleati, ma abbiamo a cuore problematiche simili, anche se il Ticino non è Ginevra. Ginevra è un polo economico che attira manodopera francese. Il Ticino attira manodopera dai poli italiani soprattutto per motivi salariali. E questo crea una reazione ancora più radicale nella popolazione del vostro cantone”.

Comunque, tra voi e la Lega ci sono similitudini legate ai problemi del lavoro.

“Senza dubbio: quello dei lavoratori europei che arrivano in massa in Svizzera e sono disposti a guadagnare salari più bassi di quelli correnti è uno dei temi fondamentali. Fino a un certo punto un Cantone come il nostro può assorbire questo impatto, ma poi la gente reagisce. E siccome la sinistra non è capace di indicare soluzioni, perché i lavoratori stranieri per loro sono uguali a quelli svizzeri, e la destra sostiene a spada tratta i bilaterali e l’apertura all’Europa… molti elettori ci hanno dato fiducia”.

A proposito di bilaterali, lei che posizione ha lei?

“Guardi, non è che noi siamo contro i bilaterali, ma siamo convinti bisogna mettere un limite all’apertura e riportare sul mercato del lavoro un equilibrio che oggi si è rotto”.

Com’è la situazione sociale a Ginevra?

“Non buona. Ufficialmente la disoccupazione è al 5,5 per cento, ma in realtà è molto più alta, perché molte persone non rientrano nelle statistiche: giovani che hanno finito la formazione ma non vogliono dipendere dallo Stato, disoccupati che non hanno terminato le indennità, persone che sono finite in assistenza, o che hanno smesso di lavorare. Direi che a Ginevra siamo più vicini al 12 che al 5 per cento di senza lavoro”.

E la pressione sui salari?

“In  Francia ci sono migliaia di persone con diversi anni di esperienza professionale disposte a lavorare per un salario pari a quello che percepisce un giovane svizzero appena formato. Questo è il dumping salariale, per noi. Non è tanto un problema di ‘salari cinesi’.  E la concorrenza dei lavoratori europei a Ginevra tocca soltanto il 5 per cento dei posti poco qualificati, contro il 30 per cento di Basilea. Quindi da noi la concorrenza riguarda anche, se non soprattutto, i salari medio-alti”. 

Quindi? 

“Non è facile indicare soluzioni, ma una misura potrebbe essere quella di obbligare le imprese a pubblicare l’elenco dei posti vacanti, in modo che l’Ufficio del lavoro possa proporre dei candidati. E poi bisogna insistere sui contratti collettivi, oltre che, evidentemente, sulla responsabilità sociale delle aziende. Credo che lo Stato dovrebbe farsi promotore di accordi tra le parti sociali prima di imporre salari minimi, perché la salvaguardia della pace del lavoro, che nasce dalla concordanza, è un fondamento della nostra economia. Però lo Stato deve darsi da fare e non stare a guardare. Io sono liberista, ma non ultra-liberista”.

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