POLITICA E POTERE
Fulvio Pelli dopo 20 anni lascia Berna: “Concludo con piacere, lasciando una Svizzera migliore di quella che ho trovato”
Il consigliere nazionale PLR, già capogruppo in parlamento e presidente nazionale liberale, lascia il seggio dopo quasi vent’anni di politica federale e traccia un bilancio della sua esperienza in esclusiva a liberatv. Leggi l’intervista

BERNA – “Sono arrivato a Berna negli anni ’90 in un momento economicamente difficile in cui la Svizzera non cresceva, e lascio ora in un momento forse ancora difficile per il Paese, ma lascio una Svizzera in condizioni economiche e di benessere sicuramente migliori di quelle in cui l’ho trovata”. È questo in sintesi il bilancio politico di 20 anni spesi a Berna dal consigliere nazionale PLR Fulvio Pelli. 

Pelli lascerà infatti il suo seggio al nazionale ufficialmente domani e lunedì presterà giuramento il suo successore Giovanni Merlini. Fulvio Pelli è entrato in Consiglio nazionale nel 1995 ed è stato eletto capogruppo PLR nel 2002. Dal 2005 al 2012 ha ricoperto la carica di presidente del PLR svizzero. 

Lo abbiamo raggiunto per tracciare un bilancio sulla sua esperienza federale, sul futuro della politica e del PLR e inevitabilmente sul tema principe delle ultime settimane, la votazione del 9 febbraio. 

Fulvio Pelli, un primo bilancio personale su quasi 20 anni di politica federale? 

“A livello personale concludo a Berna con la stima di molti colleghi, molti festeggiamenti e molti ringraziamenti. Sono tutte cose che fanno molto piacere, lasciare con amici intorno è sicuramente una buona cosa, sicuramente meglio di lasciare perché non si viene eletti o per qualche inconveniente. Concludo dunque con piacere questa carriera.”

E a livello politico? 

“Io faccio solo bilanci di carattere globale: sono arrivato a Berna negli anni ’90 in un momento economicamente difficile in cui la Svizzera non cresceva, e lascio ora in un momento forse ancora difficile per il Paese, ma lascio una Svizzera in condizioni economiche e di benessere sicuramente migliori di quelle in cui l’ho trovata. Il bilancio, insieme a tanti altri, è dunque sicuramene positivo e credo che abbiamo lavorato abbastanza bene, altrimenti saremmo nelle condizioni dei paesi che ci circondano.”

Si ricorda in particolare di alcune vittorie, sconfitte o battaglie che le sono rimaste maggiormente “attaccate”? 

“Diciamo che ho fatto un’esperienza estremamente interessante scegliendo una carriera come rappresentante di un partito politico, anche se spesso i politici e i partiti non sono tanto amati, però sono strumenti essenziali per la democrazia e per la promozione di determinati modelli di società. Io credo in quello liberale e penso che senza questo modello la Svizzera non sarebbe quella attuale. Detto questo devo dire che negli ultimi tempi il mio partito a livello elettorale non ha avuto tanti trionfi, dunque queste sono sicuramente le sconfitte che bruciano di più. A livello personale invece, eccetto per l’episodio dell’elezione in Consiglio federale, devo dire che sono sempre stato eletto con grande appoggio popolare e queste vittorie rimarranno nei miei ricordi. 
Sui temi invece le sconfitte sono state relativamente poche e sicuramente quella del 9 febbraio è una delle più importanti…”

Si spieghi meglio.

“Io credo nei modelli basati sulla libertà e quello della libera circolazione lo consideravo un modello positivo, che forse ha avuto troppo successo, ma ha aiutato ad avere immigrazione di qualità e qualificata e  ha promosso sviluppo economico. Ha avuto forse il solo inconveniente di essere troppo apprezzata e utilizzata come “rifugio” dalla crisi da parte di gente di altri paesi che non sapeva più cosa fare in patria. Però questo era un segno di successo, non il contrario, ma adesso la popolazione si è espressa per delle limitazioni e vedremo come si riuscirà a gestire la questione, spero non rinunciando alle qualità della libera circolazione, ma solo limitando il numero.”

Tornando ai bilanci: che Parlamento e che Paese lascia nel 2014? 

“Lascio un Paese che è in forma, ma che è molto preoccupato, perché tutti temono che il successo svizzero non possa durare in eterno. Se è vero che le insidie ci sono, è però proprio in questi momenti che bisogna tirare fuori le unghie ed essere ancora più bravi cercando di girare le cose in proprio favore. Le condizioni di base per riuscire nel Paese ci sono e, anche se capisco le preoccupazioni della gente, alle preoccupazioni si reagisce migliorandosi. Se si fa così, il successo verrà. Il problema è che le preoccupazioni talvolta fanno prendere decisioni che contengono dei pericoli, come appunto quella del 9 febbraio.”

Rimane quindi fiducioso e crede che il Parlamento e la politica riusciranno a risolvere al meglio la situazione?

“Si tratta sostanzialmente di ricostruire un rapporto con l’Europa su delle basi differenti dalle precedenti. Ci si può riuscire o meno, dipende da noi e dalla nostra strategia, che deve essere intelligente e prevedere degli accordi che siano vantaggiosi anche per loro. È comunque difficile dare un giudizio ora, perché la situazione è piuttosto confusa e finora le reazioni sono state ‘epidermiche’, fatte di piccoli sgarbi come il progetto Erasmus, insomma nulla di troppo serio, anche se bisogna prenderne atto e iniziare un negoziato più in profondità, cercando magari l’appoggio dei paesi che ci conoscono bene e che hanno interesse a mantenere una certa apertura con la Svizzera. È possibile trovare delle soluzioni e speriamo che ci si riesca.”

Capitolo PLR: che partito lascia a livello nazionale e cantonale? 

“A livello nazionale lascio un partito più piccolo, ma molto più solido e unito di quello che ho trovato al mio arrivo. Quando sono arrivato i liberali venivano divisi in almeno 5-6 correnti, tra ambientalisti, di destra, sociali, conservatori…insomma un fiorire di definizioni, adesso sono i liberali radicali, punto. Le posizioni in parlamento e il partito stesso sono quindi molto più compatti,  solidi e profilati rispetto al passato. 
Dal punto di vista cantonale le considerazioni sono un po’ differenti, diciamo che la politica cantonale è un po’ confusa di questi tempi, io la guardo un po’ dall’esterno e spesso mi chiedo: ‘ma dove stiamo andando? Il progetto qual è?’. Credo che la politica ticinese abbia un problema generale, dunque liberali compresi, e dovrebbe forse parlare un po’ meno e trovarsi di più per individuare insieme delle vie d’uscita. Anche perché purtroppo l’evoluzione del Ticino non è buona come il resto della Svizzera. Non nascondo che un po’ di preoccupazione c’è e credo che la politica debba assolutamente intervenire facendo ripartire una cultura che prevede l’insediamento di aziende di qualità con personale di qualità, che prevede una formazione di qualità per i nostri giovani in settori in cui c’è spazio evolutivo. In questo senso anche l’imprenditoria deve però dare una mano.”

Un’ultima domanda: da venerdì che come riempirà le sue giornate? 

“Innanzitutto sono un cittadino contento di abitare in questo Paese e per prima cosa dovrò fare un trasloco da Sorengo a Lugano, poi dovrò riprendere una vita professionale ben più intensa di quel che mi sono permesso negli ultimi anni per dare spazio alla politica. Però almeno non dovrò più alzare alle 5 del mattino per venire a Berna, dunque un po’ di qualità di vita la recupererò.”

Progetti già definiti, sia personali che professionali? 

“A brevissimo termine una vacanza, a medio e lungo termine tornerò invece a riprendere la mia professione, che amo molto, un po’ più intensamente, anche se vorrei evitare di lavorare ancora 14-15 ore al giorno compresi i weekend, mi piacerebbe proprio avere dei fine settimana liberi, senza nessun impegno particolare se non quello di fare qualcosa di gradevole.”

dielle

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