POLITICA E POTERE
Silenzio, parla Marcello Dell'Utri. L'ex braccio destro di Silvio Berlusconi si confessa dal carcere: "Era meglio se mi facevo arrestare prima, senza farmi eleggere per evitare la galera. Oggi sarei libero"
Marcello Dell'Utri rompe il silenzio dal carcere dove sta scontando 7 anni di pena per concorso esterno in associazione mafiosa: "Io non mi sento un condannato detenuto, bensì un prigioniero che ha perso una guerra ancora in corso, e finché non finisce devo stare qui. Solo dopo mi libereranno. Una guerra contro Silvio Berlusconi"
©Ti-Press / Francesca Agosta
ROMA - Per la prima volta da quando si trova dietro le sbarre parla Marcelllo Dell'Utri. L'ex braccio destro di Silvio Berlusconi, prima in azienda e poi in politica, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera. Dell'Utri si trova attualmente nel carcere di Re Bibbia, a Roma, dove sta scontando 7 anni di pena per concorso esterno in associazione mafiosa.
 
 
"Nel 1996 - racconta l'ex Senatore - mi sono candidato per difendermi nei processi, come ho sempre ammesso, e ho sbagliato. Lo status di parlamentare mi ha evitato la carcerazione preventiva e ha allungato i processi, ma avrei fatto meglio a farmi arrestare prima e scontare subito la condanna, quando avevo cinquant' anni; oggi sarei libero, un uomo saggio con un bagaglio di esperienza in più. Invece mi trovo qui dentro a 75 anni, vedo avvicinarsi il finale di partita e sinceramente mi dispiace passarlo qui anziché con la mia famiglia, i miei nipoti e i miei più cari amici".
 
 
Dell'Utri ribadisce la sua non colpevolezza: "Ho conosciuto solo Vittorio Mangano e Gaetano Cinà , senza sapere che fossero mafiosi, se poi è vero che erano mafiosi; e partecipai alla festa di matrimonio di quel Jimmy Fauci, altra persona di cui non conoscevo le attività criminali, in cui arrivai che erano già alla torta".
 
 
"La verità - afferma ancora l'ex parlamentare al Corsera - è che noi viviamo nel Paese dei pubblici ministeri, sono loro che comandano". E attacca: "I giudici possono anche sbagliare, o subire i condizionamenti di certi climi, com'è successo a Palermo nel mio processo d' appello. Ma ormai è inutile parlarne (…). Io non mi sento un condannato detenuto, bensì un prigioniero che ha perso una guerra ancora in corso, e finché non finisce devo stare qui. Solo dopo mi libereranno". Una guerra "contro Silvio Berlusconi, e contro di me per interposta persona".
 
 
Berlusconi, racconta Dell'Utri, "non lo sento più. Ogni tanto gli mando gli auguri, e lui mi ha mandato i saluti attraverso l' amico Confalonieri e altri che sono venuti a trovarmi".
 
 
Infine, una considerazione amara: "Ai politici i problemi delle galere non interessano, e io stesso in Parlamento non me ne sono occupato. Sono dovuto arrivare qui per capire".
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