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02.04.2018 - 14:390
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Ti indigni di più per l’abuso delle prestazioni sociali o per l’evasione fiscale?". Mauro Dell'Ambrogio alla Giorgio Gaber riflette sull'essere di destra o di sinistra

Il Segretario di Stato: "Se sei di destra ti irritano i falsi invalidi, ritieni ingiusto che altri debbano alzarsi la mattina per lavorare, mentre c’è chi approfitta dello stato sociale. Se sei di sinistra invece ritieni inalienabile il diritto di tutti a condizioni di vita dignitose, attraverso le prestazioni sociali, indipendentemente da colpe"

di Mauro Dell’Ambrogio*

 

Cercavo una domanda-test per riconoscere l’orientamento politicamente a destra o a sinistra di una persona, e l’ho trovata. Ti indigni di più per l’abuso delle prestazioni sociali o per l’evasione fiscale?

 

Se sei di destra ti irritano i falsi invalidi, ritieni ingiusto che altri debbano alzarsi la mattina per lavorare, mentre c’è chi approfitta dello stato sociale. Ad esso dovrebbero avere diritto solo le vittime di disgrazie vere, non chi si è messo da sé in condizione di non poter contribuire al benessere collettivo: tossicodipendenti, sfaticati, coloro che si crogiolano in una depressione senza reagire né darsi da fare. A maggior ragione se arrivati da poco nel nostro paese, senza avere contribuito prima – personalmente o almeno attraverso i genitori – al benessere a cui pretendono di attingere. Invece, pur ammettendo che pagare le imposte è un dovere, hai comprensione per chi resiste agli eccessi fiscali di uno Stato che, per dare a chi non lavora o lavora meno, impiegati pubblici inclusi, toglie a chi lavora di più. Nei confronti poi di esosi Stati esteri, dove le finanze pubbliche sono pozzo senza fondo di cui approfittano caste e disonesti, l’evasione fiscale è una forma di legittima difesa, che non è riprovevole assistere da qui, con qualche profitto per noi.

 

Se sei di sinistra invece ritieni inalienabile il diritto di tutti a condizioni di vita dignitose, attraverso le prestazioni sociali, indipendentemente da colpe. Tutti vorrebbero contribuire al bene collettivo: se non riescono a farlo è per colpa della società. Anche la depressione, la tossicodipendenza e altre forme di malattia derivano dalle condizioni di lavoro e dal suo sfruttamento. Spetta ai ricchi, siccome privilegiati da un sistema fondato sulle disuguaglianze, offrire condizioni di lavoro dignitose a chi è meno privilegiato. Siccome i ricchi non lo fanno a sufficienza, è giusto che intervenga lo Stato, tassandoli per redistribuire. I ricchi che si sottraggono al fisco con l’evasione sono colpevoli delle disastrate finanze pubbliche, che impediscono agli Stati di offrire condizioni di vita dignitose per tutti. La complicità con l’evasione fiscale all’estero è causa di sottosviluppo, conflitti, migrazione incontrollata. Se tutti i ricchi pagassero il dovuto, il mondo sarebbe salvo.

 

Considerando oggettivamente, il giudizio sulla gravità delle violazioni dovrebbe essere più sfumato, sia per il ricorso alle prestazioni sociali, sia per l’adempimento degli obblighi fiscali. Rassegnarsi allo stato di invalido dopo avere cercato senza esito un impiego è cosa diversa dal fingere un’invalidità ingannando o corrompendo chi la certifica. Cominciare un lavoro senza intenzione di mantenerlo durevolmente, ma solo per rientrare nel diritto alle indennità di disoccupazione, è meno grave che lavorare in nero e incassare le indennità. Procurarsi artificiosamente una residenza dove l’imposizione fiscale incide meno è cosa diversa dall’usare false fatture o prestanome per occultare profitti e sostanza. L’occhio ideologico predomina però anche dove fisco e socialità s’intrecciano. L’immigrato che ha omesso di dichiarare qui al fisco un immobile in patria è tecnicamente un evasore, ma da sinistra – se ne ha approfittato nel calcolo delle prestazioni complementari – merita comunque comprensione; se invece è un benestante, che con l’omissione ha evitato il cumulo per le aliquote, è un ladro. A destra l’affamato che ruba una mela è scusabile, se è tale il suo stato di necessità, a maggior ragione se in vita mele ne ha prodotte o ha cercato di produrle.

 

Il giudizio dipende insomma da cosa si mette al centro, individuo o società, dalla concezione che si ha della proprietà, del lavoro, del successo, della fortuna; con sviluppi storici paradossali. La libertà, valore che in epoche magre ha dato origine all’economia di mercato, “di sinistra” rispetto alle società tradizionali, è interpretata nelle grasse società d’oggi come diritto di fare un tubo, tanto verrà il reddito di cittadinanza. Il test mi dice che pendo piuttosto a destra. Ma sono insospettabilmente in buona compagnia. Franco Cavalli, in un recente notevole intervento sul Corriere del Ticino, si è confrontato con la Cina. Un paese risorto dalla morte per fame a potenza economica, da quando il partito comunista al potere, conservato il nome (e il potere), ha adottato il più estremo capitalismo. Gli spiegavano i compagni cinesi, racconta Cavalli, che il socialismo non si può introdurre in un paese povero. Prima bisogna arricchirlo con l’economia di mercato, poi si potranno considerare i più deboli. Era scettico della spiegazione, ammette Cavalli, ma costata ora con compiacimento che il Partito Comunista Cinese dichiara di voler prestare più attenzione ai ceti finora esclusi. Leggetelo l’articolo. Cavalli non lo approva esplicitamente ma mostra comprensione per il principio, tipico della destra e fatto proprio dai Cinesi, che la ricchezza per distribuirla bisogna prima produrla.

 

Tornando alla nostra domanda-test, viene in mente una precedente fase del socialismo. Quella sovietica, in cui il problema dell’evasione fiscale era stato risolto alla radice trasferendo allo Stato tutte le proprietà dei ricchi: che già era tanto se potevano avere salva la vita, fin giù ai kulaki, la classe media di allora. E così pure il problema delle prestazioni sociali: sfaticati, tossicomani ecc. finivano nei gulag, con i dissidenti.

 

Come dire che le pratiche nominalmente di sinistra, quella fallita di ieri e quella di successo di oggi, sono per la metà almeno agli antipodi di quanto predica la nostra sinistra qui. Che poi anche la nuova destra populista cavalchi sentimenti sfruttati dalla sinistra, come l’invidia per il successo, è altrettanto sintomatico del mutare delle ideologie; ma su questo torneremo.

 

*Segretario di Stato/Articolo apparso su Opinione Liberale

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