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24.09.2020 - 18:230

Natalia Ferrara: "Ecco perché dico no alla CPI sull'ex funzionario del DSS"

Le ragioni espresse in aula dalla deputata PLR. E sulla bufera sul Ministero Pubblico va all'attacco...

LUGANO - La clamorosa decisione del Gran Consiglio di bocciare  l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) sul caso dell’ex funzionario del DSS - dopo che i giochi a livello commissionale sembravano fatti - ha avuto tra le protagoniste del dibattito nell’aula “provvisoria” del Palazzo dei Congressi di Lugano, la deputata PLR Natalia Ferrara.

Secondo quanto riportato dalle cronache dei vari media, è stato in particolare il suo intervento a “girare” l’aula a favore della bocciatura. Ma cosa ha detto? “Il Gran Consiglio - ha esordito Ferrara - deve fare bene le leggi, non male le inchieste”.

“Qui - ha aggiunto la Gran Consigliera - non si tratta di determinare se l’imputato sia o meno colpevole. Una sentenza di condanna c’è già (anche se, va detto, non è ancora cresciuta in giudicato, essendo stato interposto appello da parte sia dell’accusa, sia della difesa). No, si tratta – secondo chi promuove l’istituzione di questa CPI – di determinare eventuali responsabilità di terzi. Quali responsabilità? Penali? Amministrative? A distanza di 15-20 anni? E con quali competenze? E responsabili di che cosa, per rapporto, appunto, a che procedure? Un processo, come detto, c’è già stato, anzi, due. Prima un’istruttoria condotta dal Ministero pubblico, basata su notizie di reato, fatti, su indagini e sfociata in un rinvio a giudizio. Poi infine il dibattimento, pubblico e davanti ad una Corte, sfociato nella sentenza di primo grado. Poi un processo non penale ma pubblico, perché, come purtroppo sempre più spesso accade da o in un processo nasce un “caso”, e il “caso” vuole imporre le sue regole. In questa circostanza lo fa partire il commento orale del Presidente della Corte delle Assise Criminali, che ha espresso tristezza, dispiacere e proferito scuse a nome dello Stato, lasciando intendere che alle segnalazioni di due giovani donne, nel 2005, non sarebbe stato dato seguito in maniera attenta e adeguata”.

“È così che – ha proseguito Ferrara – un secondo funzionario, pur non essendo mai stato imputato di alcunché, allora capo ufficio del condannato, è stato giudicato, pubblicamente e malamente, come colui che avrebbe taciuto e non sostenuto le vittime nel percorso di denuncia. Preciso che a tutt’oggi non vi è alcun procedimento a carico di questo pensionato, allora capo ufficio e che nemmeno vi sono riscontri oggettivi di una sua colpevole omissione 15 anni or sono.  Ma, appunto, un “caso” ha bisogno soprattutto di clamore. Nessuno sa cosa sia successo, 15 anni orsono, ma ognuno è convinto di saperlo con certezza o di avere titolo per scoprirlo. Con tutto il rispetto per le colleghe e colleghi che andrebbero a far parte della CPI in questione, davvero credete di essere in grado di tutelare eventuali vittime? Di saper sentire persone informate sui fatti con l’accortezza del caso? Di riuscire a gestire tutte le delicatezze, anche comunicative, legate ai reati relativi alla sfera sessuale?”.

“Il PLR - ha concluso - vuole giustizia, ma non giustizialismo e men che meno approssimazione, o improvvisazione.  È vero, la CPI è prevista dalla legge, dal diritto. Ma non c’è persona di buon senso che non lo sappia: esiste il diritto, ma la sua ombra è sempre l’abuso di diritto. Esiste il potere, ma la sua ombra è sempre l’abuso di potere. Esistono le buone intenzioni, ma la loro ombra è sempre quella dei loro effetti concreti. Esiste la voglia di verità che, purtroppo, in certi casi, assomiglia di più ad una morbosa curiosità. Le parole contano, le procedure contano, le persone contano. Se così non fosse alle fine non conterebbero più neppure le vittime vere e le loro sofferenze: al loro posto basterebbe il vittimismo che permette a tutti di sentirsi in pace con la propria coscienza. Teniamolo tutti presente”.

 Sulla bufera sul Ministero Pubblico

Ma nel corso del suo intervento, Natalia Ferrara, ex procuratrice pubblica, ha aperto un’importate parentesi sul caso che tanto ha fatto discutere in questi giorni: quello dei cinque procuratori “bocciati” dal Consiglio della Magistratura per un nuovo mandato. La deputata ha usato parole taglienti e che non lasciano spazio all’interpretazione circa la sua posizione su quanto sta avvenendo in procura: “Da parte mia, da quando sono uscita dal MP, ho scelto non solo la separazione di carriera – e tuttora, dopo 6 anni, mi occupo d’altro – ma, soprattutto, la separazione dei poteri. Separazione dei poteri che non vale solo fra i diversi poteri dello Stato – Esecutivo, Legislativo e Giudiziario – ma anche all’interno dello stesso potere Giudiziario. L’intento è sempre quello di evitare la concentrazione di potere nelle mani di una sola persona o istituzione e di evitare così ogni abuso. Questo, appunto, nelle aule. In processi trasparenti, che sfociano in decisioni motivate. La giustizia – per essere e rimanere tale – deve necessariamente legittimarsi attraverso le regole dello Stato di diritto. Dove contano le prove, non le percezioni, dove ci si basa sulle procedure, non sul sentito dire, non sulle buone intenzioni ma sulle regole. Come spesso si afferma, la giustizia non deve solo essere giusta, deve anche sembrare giusta. Questo – permettetemi, e lo dico a titolo puramente personale ma non senza cognizione di causa – vale anche in relazione alla bufera di questi ultimi giorni che non ha travolto solo singoli Magistrati, ma, ben più grave, il Ministero Pubblico come Istituzione. Rispetto delle procedure, insomma, e rispetto delle persone”

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