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21.11.2021 - 11:510

Il Capitale: l'MPS fa i conti in tasca a Unia. Un sindacato con tanti milioni e tanta burocrazia

"Questi vincoli materiali sono sempre più forti della volontà di qualsiasi segretario che, animato dalle migliori intenzioni, volesse difendere le preoccupazioni dei salariati"

BELLINZONA - Unia è un sindacato potente ma soprattutto molto ricco. Il suo patrimonio globale si aggira, a dipendenza delle stime, tra il mezzo miliardo e il miliardo di franchi. Ma da dove arrivano tutti quei soldi? Non solo dai contributi dei suoi associati, evidentemente... Solidarietà, il periodico del Movimento per il socialismo, ripropone nel suo ultimo numero un’analisi che non solo spiega l’origine dei fondi e i metodi di finanziamento dei sindacati, ma descrive Unia come un colosso burocratico che tende a proteggere prima di tutto le proprie posizioni economiche.

L’articolo, firmato da Philipp Gebhardt, è apparso sul sito sozialismus.ch. Una critica da sinistra al più grande sindacato della sinistra. Eccone alcuni stralci che permettono di capire come un sindacato possa diventare una vera e propria potenza finanziaria. “Ciò che è chiaro – scrive l’autore - è che i sindacati finanziano sé stessi e le loro strutture in misura non trascurabile attraverso il sistema dei contratti collettivi e i relativi fondi delle commissioni paritetiche”.

 

“Lo "scandalo" sul patrimonio milionario di Unia viene utilizzato dalla borghesia per gettare fango sulle organizzazioni sindacali. La sinistra, a sua volta, cerca disperatamente di giustificare l’esistenza di simili ingenti patrimoni. Tuttavia, ciò che c’è di veramente interessante nella divulgazione dei conti di Unia è la possibilità di comprendere aspetti fondamentali del funzionamento di una burocrazia sindacale.

"Unia è ogni probabilità l'organizzazione politica più potente finanziariamente in Svizzera - più potente di tutti i partiti, delle associazioni economiche e delle ONG". Questo titolo del Tages-Anzeiger circola con insistenza fin dal 13 settembre 2021, quando si è saputo pubblicamente che Unia è un sindacato molto ricco. L'intera faccenda è diventata pubblica solo perché Unia ha ricorso contro la propria notifica di tassazione relativa al 2018, con una continuazione della procedura, conclusasi fino ad una sentenza del Tribunale Federale; nell’ambito della procedura ha di fatto dovuto rendere pubblica la propria situazione patrimoniale fino ad allora accessibile solo a 129 delegati all'assemblea nazionale dei delegati. Nello sviluppo della vertenza giudiziaria (e infine attraverso la pubblicazione della sentenza) l’opinione pubblica ha così preso conoscenza che il patrimonio complessivo di Unia è molto più grande di quanto finora si era pensato.

 

Con i suoi 1'200 dipendenti e 180'000 membri, Unia controlla società (ad esempio società immobiliari), possiede partecipazioni in alberghi e una tipografia, oltre ad avere il controllo su una propria fondazione. A seconda di come si considera la sua appartenenza diretta al sindacato, il patrimonio totale - insieme a quello della Fondazione Unia, che possiede soprattutto immobili - è stimato tra il mezzo miliardo (WOZ) e un intero miliardo (Blick) di franchi svizzeri. Il patrimonio netto dichiarato ammonta a 457 milioni di franchi.

 

La pubblicazione di questi dati ha messo la direzione di Unia in una situazione difficile. All’inizio essa ha tentato di impedire la piena divulgazione delle cifre. Serge Gnos, capo della comunicazione e burocrate in ascesa nella gerarchia di Unia dal 2007, ha giustificato la segretezza delle cifre sul Tages-Anzeiger, affermando che il patrimonio di Unia corrisponde anche al suo fondo di sciopero. A causa della pressione pubblica e del rischio di perdere la faccia come organizzazione che normalmente sostiene la trasparenza sulle questioni finanziarie e patrimoniali, la direzione è stata alla fine costretta a rivelare completamente i suoi conti all'inizio di ottobre 2021.

 

L'argomentazione iniziale secondo cui le aziende non dovrebbero avere accesso ai conti di un sindacato perché permetterebbe loro di stimare, ad esempio, per quanto tempo un sindacato sarebbe in grado di sostenere uno sciopero, è di per sé corretta. Appare tuttavia ridicola visto che di scioperi in Svizzera non ne avvengono quasi mai e che Unia in particolare - nonostante le assicurazioni del contrario da parte della direzione – appare tutt’altro che un’organizzazione che continuamente organizza scioperi e attività militanti. Al contrario, Unia appare come il sindacato più burocratizzato all'interno delle federazioni dell’Unione Sindacale Svizzera (USS) se non altro perché è quello che ha più da perdere.

 

Come si finanzia Unia?

La divulgazione della situazione patrimoniale di Una ha almeno portato un po' di chiarezza su come Unia si finanzia effettivamente (per esempio, con le entrate degli affitti dei propri immobili e con gli interessi derivanti dagli investimenti di capitale) e ha confutato la favola, sempre raccontata dalla direzione, che il sindacato si finanzierebbe esclusivamente attraverso le quote pagate dai membri. Il sindacato ha anche ammesso che una parte dei contributi pubblici versati alla Cassa Disoccupazione di Unia vengono utilizzati per finanziare altre attività. Resta tuttavia poco chiara una delle fonti centrali di finanziamento di Unia: cioè le importanti somme di denaro che i “partner sociali” ricevono nell’ambito della gestione dei contratti collettivi di lavoro (CCL).

 

Nei settori nei quali vige un CCL, i salariati e le imprese sono obbligati a versare un cosiddetto contributo professionale per i costi di applicazione del CCL. Questi contributi vengono versati a una Commissione paritetica (CP) che ha anche il compito di amministrarli. La commissione è composta da rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro e dei sindacati e utilizza parte dei contributi per tre tipi di attività: in primo luogo, l'applicazione del CCL (ad esempio, i controlli sui luoghi di lavoro e nelle imprese per verificare che le disposizioni contrattuali siano rispettate); in secondo luogo, organizzando programmi di formazione e perfezionamento professionali rivolti ai lavoratori del settore di competenza del CCL; in terzo luogo, i costi amministrativi per il funzionamento della stessa commissione. I primi due compiti sono attuati dalle associazioni dei datori di lavoro e dai sindacati. Per questo una parte sostanziale del denaro versato fluisce quindi direttamente nelle casse di associazioni padronali e sindacali.

 

Tuttavia, le finanze delle CP e i flussi di denaro concreti sono solo parzialmente di pubblico dominio. Nel 2018, il parlamentare UDC Thomas Aeschi, consulente aziendale che, evidentemente, non solo politicamente ma anche professionalmente si oppone alle organizzazioni sindacali, ha pubblicato alcuni calcoli relativi ai CCL, tra l’altro dichiarati di obbligatorietà generale, dell’industria alberghiera e della ristorazione e del settore principale della costruzione. È giunto alla conclusione che le CP di questi due CCL abbiano incassato qualcosa come circa 65,6 milioni di franchi nel 2016 e che 16,8 milioni di franchi sono stati trasferiti direttamente ai partner sociali. La NZZ ha calcolato, nel settembre 2021, che nel 2019 le CP dei quasi 600 CCL esistenti in Svizzera abbiano incassato circa 233 milioni di franchi, di cui almeno un quarto è probabilmente finito nelle casse delle organizzazioni padronali e sindacali.

 

Nelle cifre pubblicate l'8 ottobre 2021, Unia indica l’ammontare dei finanziamenti pubblici alla propria Cassa Disoccupazione (50 milioni) e dei contributi provenienti dalle CP (30 milioni) per il 2020: un totale di 80 milioni di franchi rispetto ai 58 milioni di franchi incassati con le quote pagate dai membri iscritti. Quanto degli 80 milioni rimarrà dopo che i sussidi di disoccupazione saranno stati pagati e i costi di implementazione del CCL saranno stati dedotti, non è ancora chiaro.

 

Ciò che è chiaro, tuttavia, è che i sindacati finanziano sé stessi e le loro strutture in misura non trascurabile attraverso il sistema dei contratti collettivi e i relativi fondi delle commissioni paritetiche. Per questo hanno poco senso tutte quelle risoluzioni, come quella approvata dai delegati di Unia al Congresso di giugno 2021, nelle quali ci si pronuncia a favore della "fine del partenariato sociale". Le speranze che alcuni esponenti della sinistra sindacale hanno riposto in questa proposta svaniranno nel nulla.

 

Unia e i suoi esponenti sono sostenitori del partenariato sociale non solo per la loro mancanza di radicalità politica, ma perché da esso dipende la sopravvivenza dell'apparato sindacale e quindi il loro lavoro. I beni sotto forma di azioni e obbligazioni, i beni immobili e, soprattutto, i contratti collettivi sono la base materiale della burocrazia sindacale.

 

La natura della burocrazia nelle organizzazioni dei lavoratori

L'emergere di una burocrazia, cioè di un governo dell'amministrazione (in opposizione a un governo dei membri), all’interno delle organizzazioni sindacali è radicato in un paradosso che il teorico marxista Ernest Mandel chiama "la dialettica delle conquiste parziali". Non appena un'organizzazione operaia, sia essa un partito o un sindacato, raggiunge un progresso parziale verso il miglioramento della vita (lavorativa) dei salariati, acquista di conseguenza un interesse a difendere questa conquista. Così, in tutte le occasioni successive nelle quali si presenta la possibilità di un miglioramento (ad esempio in occasione dei rinnovi dei contratti collettivi di lavoro), l'organizzazione tenderà ad evitare qualsia posizione eccessivamente rischiosa, tale da mettere in pericolo i progressi ottenuti in caso di una possibile sconfitta. Così, ogni miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita ottenuto, comporta di fatto anche una dimensione conservatrice.

 

Burocratizzazione dell'apparato e dei segretariati

La dialettica delle conquiste parziali porta alla burocratizzazione sia dal punto di vista organizzativo che da quello del personale. L'organizzazione, in particolare una volta raggiunti progressi concreti, pone poi la sopravvivenza del suo apparato al di sopra degli interessi immediati dei suoi membri, perché la continuazione dell'apparato è la condizione per il mantenimento dei progressi raggiunti. Proprio su questa base anche i migliori militanti di classe che hanno trovato spazio all’interno delle strutture dell'organizzazione cominciano a sviluppare un feticismo organizzativo e a difendere l'apparato perché esso è, a sua volta, il garante dei loro posti di lavoro.

 

Allo stesso tempo, tuttavia, appare chiaro che la crescita del patrimonio di Unia ha contribuito non solo a rafforzare le sue strutture, ma anche la loro dimensioni burocratiche. Dopo tutto, più proprietà c'è da gestire, più vi sono posti di lavoro legati ad essa; più grande è il patrimonio, più vi è, oggettivamente, da perdere!

I contenuti dei contratti collettivi come "conquiste parziali" corrispondono alle fondamenta, per così dire, morbide; i beni in contanti, gli immobili e i proventi dei fondi paritetici e quelli proveniente dall’assicurazione contro la disoccupazione corrispondono alle fondamenta dure della burocratizzazione di Unia.

 

Il progetto Unia 2.0, attualmente in discussione, che prevede una maggiore voce in capitolo per la base del sindacato, non cambierà certo la situazione. Questi vincoli materiali sono sempre più forti della volontà di qualsiasi segretario che, animato dalle migliori intenzioni, volesse difendere le preoccupazioni dei salariati.

 

Unia non è forte perché possiede grandi mezzi finanziari e può utilizzarli per mantenere un grande apparato burocratico. La vera forza di un sindacato è data dalla capacità dei salariati, sostenuti dalle loro organizzazioni sindacali, di modificare a proprio favore i rapporti di forza nelle aziende e di imporre le esigenze della forza lavoro in opposizione a quelle aziendali. Questo, purtroppo, Unia non è in grado di farlo”.

 

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