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20.10.2022 - 18:490
Aggiornamento: 22.10.2022 - 10:25

Ne vale la pena?

Riflessioni sulla crisi in casa socialista: c'è ancora spazio per una mediazione tra la maggioranza e la minoranza interna?

di Andrea Leoni

Una chiara maggioranza degli organi direttivi del partito socialista, ha deciso che a succedere a Manuele Bertoli in Consiglio di Stato deve essere Marina Carobbio. Per questo ha cucito attorno alla Consigliera agli Stati una candidatura blindata, tale da garantirle l’elezione senza che né la concorrenza interna né i voti esterni possano metterla in discussione. Si tratta di una strategia che può piacere o meno, che può avere successo oppure no, ma è certamente legittima e non è estranea alla tradizione dei partiti storici.

Questo è il punto saliente, il dato di fatto, dal quale partire per analizzare il caos scoppiato in casa PS. E mal si comprende, di fronte a maggioranze interne così nitide, la mancanza di schiettezza, da parte di chi a quella maggioranza è chiamato a dare voce, nel rivendicare una strategia tanto evidente.

Una strategia evidente ma rischiosa. Non solo perché de facto sottrae all’elettorato una scelta sul futuro Consigliere di Stato PS, puntando su una sorta di visto elettorale per Carobbio, ma pure per il danno politico e d’immagine che la spaccatura in corso sta provocando al partito. Non tanto per il Governo, dove il seggio appare sicuro accada quel che accada, quanto per il Gran Consiglio dove la pattuglia socialista non è certo numerosa e rischia di assottigliarsi ulteriormente, divenendo marginale nei lavori parlamentari. La domanda è semplice: vale la pena presentarsi malconci ai nastri di partenza della campagna elettorale e con il rischio che durante la corsa continuino le polemiche fino al traguardo? La risposta può sembrare semplice ma non lo è.

È più che comprensibile, infatti, che chi gode di un ampia maggioranza desideri portare a termine la propria strategia, poiché è legittimato a farlo. A nessuno piace finire ostaggio della dittatura di una minoranza. Non è neppure sano per la vita di qualunque comunità, peraltro. Detto questo vanno fatti bene i conti, perché chi è alla testa di una maggioranza deve essere non solo capace di decidere, ma anche saggio e scaltro il giusto. Saper unire, saper concedere, è sempre un valore in politica. Del resto la dirigenza del PS ha già mostrato grande generosità verso un'altra minoranza, i Verdi, elevati a partner paritari sulla lista.

Ma quanto pesa la minoranza interna al PS nell’elettorato? Quanto un’eventuale scissione danneggerebbe il partito? L’attuale schema elettorale reggerebbe l’urto? In altre parole: il Santo vale la candela?

Siamo certi che queste domande siano ben presenti nella testa dei dirigenti socialisti e solo loro possono azzardare le risposte, assumersene la responsabilità e farsi carico delle conseguenze.  

Da osservatori esterni ci limitiamo a notare che le due parti in causa mostrano una rigidità a specchio. Da un lato, la maggioranza, s’impunta su Marina Carobbio, dall’altro, la minoranza, su Amalia Mirante. Entrambi si impiccano a un nome, la persona che vorrebbero veder eletta. Tutto il caos è frutto di queste impuntature e della passione delle rispettive tifoserie. Anche se, va precisato, Mirante accetterebbe la sfida con la collega, mentre i promotori della candidatura di Carobbio, no.

Ci si chiede se a poco meno di un mese dal congresso ci sia ancora spazio per una mediazione. Tempo ce ne è di sicuro, ma l’inasprimento dei toni delle ultime settimane ha scavato un fossato profondo tra le due parti. Eppure la politica insegna che fino all’ultimo minuto si può cercare un’intesa. Chissà…

In ogni caso un chiarimento dovrà pur avvenire da qui al 13 novembre, perché per un partito, qualunque partito, è inaccettabile andare a congresso sotto la spada di Damocle di una scissione. Questa lama sulla testa dei delegati falsa le regole dell’assemblea. Non c'è più una comunità politica se una parte non è disposta ad accettare il verdetto democratico e minaccia di andarsene qualora venga sconfitta. Se così fosse vorrebbe dire che i partiti sono già due e allora converrebbe dirsi addio senza contarsi. 

Peccato, peccato davvero, che il PS si sia infilato in questa crisi. La lista unitaria rossoverde è la vera ed unica novità politica di queste elezioni cantonali. Essere riusciti a costruirla rappresenta una svolta storica per i progressisti ticinesi, che finalmente hanno compreso che solo attraverso un’unione delle forze socialiste ed ecologiste, sarà possibile con il tempo misurarsi alla pari con l’area di centro e quella di destra. Ora questa alleanza rischia di partire stropicciata, se non addirittura azzoppata. Ancora una volta: ne vale la pena?

 

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