L'ANALISI: "Quando perde l'Italia io gioisco": è polemica sulle affermazioni del Consigliere Nazionale a Liberatv. Ma ha ragione lui: con le sue parole ha squarciato il velo di ipocrisia dei perbenisti del pallone. E non solo
di Andrea Leoni*
Viva il "gufo" Fabio Regazzi. Viva il suo tifo dichiarato contro gli Azzurri. E viva tutti i tifosi che tifano "per" ma anche "contro". La meravigliosa irrazionalità del calcio, la sua passione travolgente, illogica, contagiosa e coinvolgente, passa anche da questo sgambetto, da questa irrefrenabile e genuina pulsione anti sportiva, da questo sciocco ma avvincente gioco delle parti che ti fa sentire coinvolto, senza pudore, anche quando c'entri poco o nulla.
Perché il calcio è accidentalmente uno sport ma prima di tutto è un gioco. E nell'universo del gioco, irrinunciabile e determinante attività umana, trovano spazio svariati elementi emozionali e comportamentali. Alcuni di cui andare fieri, alcuni meno e alcuni no. Ma tutti comunque legittimi, benché talvolta censurabili e sanzionati - per regolamento, per politica (correct) o per sociale - nell'ambito di ciò che è ludico.
La bravura, l'intelligenza, la cultura, la gioia, sono componenti del gioco. Ma lo sono anche il bluff, l'astuzia, la bugia, la scorrettezza, la rabbia. Le prime si esibiscono alla luce del sole le altre si tengono nascoste (se è possibile e ne sei capace). E nel gioco accanto alla goduria di vincere c'è anche quella di veder perdere l'avversario. Quello più stronzo o quello più bravo. Al tavolo verde come sul campo di calcio. E non c'è nulla, ma proprio nulla, di male o di cui vergognarsi. Anzi, è una sfida nella sfida. D'accordo, sicuramente in minore e un po' da poveracci, ma chissenefrega (!): ti fa godere o no?
In questi giorni sta tenendo banco una polemica nata da un'intervista a Liberatv di Fabio Regazzi. Il presidente della Deputazione ticinese, commentando i Mondiali brasiliani, ha dichiarato il suo tifo contro la Nazionale di Cesare Prandelli: "Ho grande simpatia a livello generale per l'Italia e gli italiani, però quando si tratta di calcio...dico la verità perché è inutile essere ipocriti, e poi molti ticinesi la pensano così anche se taluni non lo ammettono: io gioisco per le sconfitte dell'Italia". Per queste parole il Consigliere Nazionale PPD si è stato bacchettato dal Caffé e si è beccato un cactus. Regazzi ha contro replicato su Facebook dicendosi onorato del "premio" ottenuto "per aver detto quello che la maggior parte dei ticinesi pensano".
Il deputato ha ragione: una larga parte dei ticinesi la pensano come lui. Ma non è questo il punto. Anche se la sua opinione fosse stata largamente minoritaria avrebbe fatto bene ad esprimerla. Anzi, avrebbe avuto ancora più coraggio. La questione è che Regazzi, con le sue affermazioni, ha squarciato il velo di ipocrisia dei perbenisti del pallone e, come sempre trattandosi di gioco, non solo. E lo ha fatto bonariamente attraverso il linguaggio da sfottò del tifoso. Che è il primo argine, e non la miccia, delle degenerazioni sociali che albergano nel calcio e che vanno combattute.
Alcuni sostengono che il Consigliere Nazionale ha gettato benzina sul fuoco in un momento in cui le tensioni tra Svizzera e Italia, soprattutto in Ticino, sono alle stelle. È vero che pochi fattori incidono sulla politica come il Mondiale di calcio ma, per cortesia, non esageriamo! Il tifo ticinese contro la nazionale italiana è storia antica. Anche quando con la Penisola si andava a manina dal Ticino uno stormo di Gufi augurava le peggio iatture agli azzurri. E così accade in Svizzera tedesca con la Germania, un po' meno, ma accade, tra romandi e francesi. I tedeschi tifano contro la Francia. E i transalpini tifano contro tutti. Non parliamo di Inghilterra, Scozia e Irlanda o di spagnoli e portoghesi. Di Brasile e Argentina. Dei brasiliani contro gli uruguayani e viceversa (che festa dopo la batosta della Celeste contro il Costa Rica). Dei cileni contro gli argentini.
E tutto questo sorvolando tutto quanto accade tra squadre di club. Sì, ma lì è diverso, la rivalità dalla competizione nello stesso torneo. Da cose di calcio. In parte e fino a un certo punto. Si tifa contro per ragioni cittadine e regionali. Per lo sgarbo arbitrale o di mercato di vent'anni fa. E per un altro centinaio di motivi. L'indimenticabile vicepresidente dell'Inter Peppino Prisco, quando gli chiedevano per chi patteggiasse nelle sfide tra Juventus e Milan, con uno dei suoi fulminati paradossi, rispondeva: "Che perdano tutte e due".
Gianni Brera, nella sua Storia critica del calcio italiano”, rifletteva: "“Sulle direzioni del favore popolare – il tifo! – varrebbe la pena di indagare con riferimenti socioculturali e persino etnici. Il primo responso, ad ogni modo, è questo: che agli italiani piace parteggiare per chi vince. La Juventus gioca bene, vince sempre e non è né lombarda né emiliana né veneta né toscana: appartiene a una regione che ha innervato l’esercito e la burocrazia nazionali: di quella regione, il capoluogo è stato anche capitale d’Italia. Nel Medio Evo non esisteva se non come povero villaggio. Nessuna città periferica aveva contratto odii nei suoi confronti, all’epoca dei Comuni. Essa batteva ormai le decadenti squadre del Quadrilatero e offriva agli altri italiani la soddisfazione di umiliare le città che nel Medio Evo avevano spadroneggiato: i romagnoli andavano in visibilio quando Bologna veniva mortificata dalla Juventus, così i lombardi di parte ghibellina come pavesi e comaschi quando le milanesi venivano battute in breccia, e ancora i lombardi che avevano squadre proprie, come bergamaschi, bresciani e cremonesi, e le vedevano puntualmente vendicate dalla Juventus”.
E Manuel Vázquez Montalbán si inimicò i madridisti con la frase: “Il Barça rappresenta l’esercito, disarmato e simbolico, che la Catalogna non ha mai avuto”
Sono rivalità storiche, viscerali, romantiche. Alcune politiche e culturali, altre territoriali, altre ancora semplicemente calcistiche. Ma nella stragrande maggioranza dei casi non c'è traccia di odio (e se c'è va cancellata): è "solo" il gioco in una delle sue sfumature intriganti. Sfottiamoci, godiamocela e ridiamoci su. Perché, diciamocelo, dopo la vittoria della propria squadra non c'è gioia più grande che la sconfitta della squadra rivale.
*Appassionato tifoso della Nazionale italiana