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08.12.2020 - 13:140
Aggiornamento: 14:51

Assuefazione Covid19

Si critica il Governo per le misure omeopatiche, ma dalla società ticinese non emerge la richiesta di provvedimenti più drastici

di Andrea Leoni

Prima di arrabbiarsi con il Consiglio di Stato per le misure omeopatiche con le quali sta fronteggiando la crisi sanitaria, occorre che ci diciamo delle cose, alcune delle quali potranno suonare ciniche e spiacevoli.

A differenza di quanto accaduto nella prima ondata, oggi non sembra esserci nella maggioranza dell’opinione pubblica una spinta che solleciti le autorità ad adottare azioni più incisive. Sarà per la stanchezza e per mille altre buone ragioni, ma dalla società ticinese questa richiesta proprio non emerge. Si avverte piuttosto una sorta di assuefazione rispetto alla pandemia e ai suoi dati più angoscianti. Dall’inizio della seconda ondata contiamo in Ticino 250 morti - ma tanto sono per lo più vecchi e malati e quindi sarebbero morti lo stesso, si mormora sottovoce -  gli ospedali da tempo sono pieni e gli operatori al fronte, medici e infermieri, sono sottoposti da settimane a turni massacranti e a una pressione psicofisica abnorme. Per questo motivo dal 23 dicembre all’11 gennaio verrà fermata nei nosocomi l’attività elettiva, vale a dire gli interventi programmati e l’ambulatoriale. Malati non Covid - cardiopatici o oncologici ad esempio - dovranno posticipare le cure. È un dato molto serio, che certifica per l’ennesima volta lo stato di emergenza che stiamo vivendo.

Eppure questo quadro sembra del tutto secondario rispetto alla corsa al regalo di Natale, all’organizzazione delle cene e dei pranzi delle festività, alla pianificazione delle giornate sugli sci. Pensiamo più al cappone e alla giornaliera, rispetto a chi soffre e si sta facendo il mazzo in ospedale (e continuerà a farselo durante le vacanze natalizie). Un Governo certo agisce sulla base della responsabilità - fa quel che è necessario, anche obtorto collo - ma non va sottovalutato il tema del consenso: ciò che il Paese percepisce e ciò che gli chiede di fare.

E allo stato attuale, fatto salvo il Movimento per il socialismo, non ricordiamo prese di posizioni con inviti pressanti all’Esecutivo a fermare le attività economiche, come bar e ristoranti ad esempio. Non ci risultato petizioni da parte di cittadini, lettere di protesta delle associazioni di categoria o dei parenti delle vittime contro le politiche governative, prese di posizione critiche da parte dei Municipi (qualcuno ha sentito un sindaco chiedere la chiusura degli esercizi pubblici o dei commerci, magari nel suo comune?) o della stampa, salvo qualche eccezione. E non parliamo dei partiti: nel dibattito in Gran Consiglio dedicato al Covid19, nessuna tra le forze politiche ha chiesto le serrate. Il vento, anzi, soffia piuttosto in direzione contraria e sono più gli altolà che gli inviti ad agire con maggiore risolutezza.

Gli unici a lamentarsi, nei corridoi di Palazzo o nelle sagrestie delle redazioni, sono i rappresentati del mondo sanitario che, tuttavia, forse rassegnati, sono stati finora incapaci a prendere posizioni pubbliche forti e con richieste chiare. Anche perché, qualora lo facessero, sarebbero rimproverati per l’invasione di campo: è la politica che deve decidere cosa, come e quando chiudere, altrimenti è la repubblica dei virologi.

Chi scrive - e lo ha scritto decine di volte - avrebbe preferito misure nette e preventive, che sarebbero dovute essere messe in campo nel mese di novembre. Meglio togliersi il dente in un colpo solo, e prima che sia troppo tardi, piuttosto che avanzare con il passo del montanaro su un sentiero rischioso e pericolante, adottando mezze misure finora incapaci d’imprimere una vera svolta sanitaria alla crisi. La politica dei cerotti, insomma. L’altopiano che stiamo attraversando sulla curva delle ospedalizzazioni non “è una novità” - intesa come una sorpresa o un imprevisto - come ha affermato ieri il Governo, ma la semplice certificazione che le misure messe in campo finora non sono state sufficienti, al contrario di quanto avvenuto in Romandia.

Ma mi rendo conto che questo è un pensiero di minoranza nella società ticinese, e che i ministri devono tenere conto del sentire di tutta la popolazione. C’è chi preferisce i piccoli passi “ponderati e proporzionati” del Governo e chi invece li vive come una tortura cinese che prolunga soltanto l’agonia senza portare risultati tangibili. È la democrazia, bellezza.

Ma queste sono chiacchiere da dibattito, in tv o al bar (fino alle 19.00). La scommessa dell’Esecutivo, invece, è assai concreta: gestire sul filo del rasoio la situazione ospedaliera, intervenendo con il bilancino nella vita sociale ed economica del Paese. Tappa dopo tappa. La prossima è quella che ci porta alla vacanze natalizie, dove la frenesia quotidiana subirà un naturale rallentamento. Poi verrà l’ultima scalata: i mesi di gennaio e di febbraio. Se il sistema ospedaliero reggerà, e se il numero di morti non dovesse esplodere, allora il Consiglio di Stato avrà vinto la sua sfida, come tutti ci auguriamo, “chiusuristi” e “aperturisti”. Altrimenti saranno guai…

Permetteteci di chiudere con una nota positiva. Per la prima volta dall’inizio di questa pandemia vediamo chiara la luce in fondo al tunnel ed è una bellissima notizia. La Confederazione ha annunciato che da gennaio a giugno intende vaccinare 6 milioni di svizzeri. Ne siamo quasi fuori. Tocca fare l’ultimo sforzo, ma l’obbiettivo è ormai a portata di mano. Facciamo ciò che è necessario per arrivare al traguardo, senza perderci in troppe polemiche. E mettiamoci finalmente alle spalle questa terribile esperienza.

 

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