"È inaccettabile che una minoranza rumorosa di ambientalisti da salotto e di politici appartenenti alle élites urbane ignari della realtà rurale, imponga la propria ideologia a discapito di chi vive e lavora in montagna"
di Fabio Regazzi*
Nel corso della recente sessione straordinaria, il Consiglio nazionale ha respinto di misura una mia mozione che chiedeva, tra le altre cose, l'istituzione di zone "wolf free". Una decisione deplorevole che non solo ignora la realtà quotidiana degli allevatori di montagna, ma che contribuisce a condannare intere regioni alpine a un lento e inesorabile declino.
Mentre la politica tergiversa aspettando di vedere gli effetti della nuova ordinanza sulla caccia (sic!), i lupi continuano a espandersi, incuranti delle sterili discussioni politiche e delle “riformette” legislative che hanno lo stesso effetto dell’aspirina per curare il cancro. In Ticino, gli allevatori sono allo stremo: predazioni sempre più frequenti, stress psicologico crescente e aziende costrette a chiudere. Secondo l'Unione Contadini Ticinesi, molti allevatori hanno cessato l’attività e altri sono intenzionati a farlo, logorati da una situazione oramai insostenibile. Un rapporto da poco pubblicato e redatto dal “consulente cantonale la protezione delle greggi” Silvio Guggiari, ha tracciato un quadro chiaro: in dodici anni, circa un terzo degli alpeggi ticinesi è stato abbandonato (oramai ne rimangono solo un centinaio!)
La presenza incontrollata del lupo non è solo una minaccia per l'agricoltura, ma anche per la biodiversità. L'abbandono degli alpeggi porta all'imboschimento e alla perdita di habitat preziosi. Come evidenziato da un recente contributo su Il Federalista, l'arrivo del lupo comporta un lavoro supplementare non retribuito per gli allevatori e mette a rischio prodotti tipici a base di latte di capra, proprio quelli che le cerchie protezionistiche si vantano di promuovere.
È inaccettabile che una minoranza rumorosa di ambientalisti da salotto e di politici appartenenti alle élites urbane ignari della realtà rurale, imponga la propria ideologia a discapito di chi vive e lavora in montagna. Le organizzazioni ambientaliste, con la loro posizione intransigente e i continui ricorsi, stanno irresponsabilmente sabotando l’attività degli allevatori, mettendo così a repentaglio l’esistenza delle comunità alpine.
La Convenzione di Berna ha recentemente declassato il lupo da specie "strettamente protetta" a "protetta", riconoscendo la necessità di una gestione più flessibile. Tuttavia, la Svizzera continua a ignorare questo dato di fatto, mantenendo una politica ideologica, miope e pavida.
È ora di dire basta. Bisogna agire con coraggio e in fretta, ascoltando le esigenze degli allevatori quali garanti dell'economia alpestre e della biodiversità. L'istituzione di zone "wolf free", accompagnata da altre misure come ad es. i tiri di dissuasione, sarebbe stato un passo nella giusta direzione per garantire un futuro alle nostre valli alpine. Peccato: un’altra occasione mancata!
*Consigliere agli Stati Il Centro