MEDICI IN PRIMA LINEA
Franco Denti: "Dal Governo ennesimo regalo alle casse malati. E con noi medici nessun dialogo"
Intervista al presidente dell'Ordine cura di Claudio Mesoniat pubblicata su Il Federalista
TiPress/Francesca Agosta

BELLINZONA – Nei giorni scorsi il Governo ticinese, dopo l’introduzione di tetti massimi al numero di specialisti attivi sul territorio, ha presentato un secondo intervento di contenimento dei costi nell’ambito della medicina ambulatoriale, quella cioè che riguarda medici e specialisti che esercitano al di fuori dei reparti di degenza ospedaliera. Con tale intervento si ritocca verso il basso “il valore del punto Tarmed (VPT), riferito alle prestazioni mediche erogate dagli studi medici privati”, ovvero un valore fissato dall’alto che poi, per semplificare all’osso, rapportato alla durata della prestazione medica, determina il costo del servizio reso dal medico al paziente.

Ne parliamo con Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici ticinesi, per capire il punto di vista della medicina sul territorio, una delle parti coinvolte in questa operazione oltre agli assicuratori malattia e al Dipartimento della Sanità e Socialità (DSS) del Governo cantonale ticinese (sul cui punto di vista torneremo in una prossima edizione). 

Dottor Denti, una riduzione di un paio di centesimi di questo Valore Punto Tarmed, da 93 a 91 centesimi, può essere significativa secondo voi? E per assicurati e pazienti che riflesso avrà?

Non vi nascondo che secondo me si tratta dell'ennesimo regalo a una parte, quella delle casse malattia, che in tre anni di trattative (naufragate, così da richiedere ex officio l’intervento del Cantone, ndr.) non hanno mostrato un solo dato. Chi chiede di adattare la tariffa dovrebbe dimostrare perché ne valga la pena. Invece niente, neppure di fronte alle richieste ufficiali. E un Consiglio di Stato che si piega alle casse malattia per me è un po’ una delusione. Per i cittadini, nel concreto, equivale a un risparmio sul premio dello 0,25% circa, quindi un’inezia. Dall’altra parte però questo cambiamento mette profondamente in difficoltà soprattutto i medici di famiglia. L'impatto finanziario sui medici, infatti, può essere importante: si sa benissimo che l'inflazione in corso ha aumentato molti costi, sia quelli del materiale che quelli del personale. Noi abbiamo appena riconosciuto ai collaboratori il 3% di carovita. Sono invece vent'anni che fatturiamo tutto con lo stesso prezzo. Sono decisioni, questa unitamente all'altro decreto legislativo sul tetto massimo dei medici ambulatoriali, che porteranno sicuramente una contrazione dell'offerta.

Mister prezzi, però pensa si debba addirittura scendere a 83 centesimi per questo VPT. 

Sì, ed è curioso che il Consiglio di Stato nelle sue osservazioni sposi le ipotesi di Mister Prezzi, seguito solo quando… fa comodo (oltre tutto su questi temi il sorvegliante dei prezzi è stato sconfessato più volte dal Tribunale Federale). E sì che in Consiglio di Stato oggi c'è un medico. Con queste decisioni, contro la medicina ambulatoriale, si sta distruggendo il sistema sanitario ticinese che è uno dei migliori in Svizzera. Per Mister Prezzi in Ticino la medicina costa troppo, ma il valore di 83 centesimi verso cui si dovrebbe gradualmente decrescere si basa su calcoli validi solo per la medicina stazionaria: trasporre questi valori sugli studi medici è fuori luogo.

Cosa direbbe al direttore del DSS a proposito delle modifiche introdotte (il tetto massimo degli specialisti ambulatoriali peraltro è in gran parte un’iniziativa di Berna).

Anzitutto mi rivolgerei al Governo cantonale per intero, poiché questi decreti sono fatti a nome del Governo. Direi loro “attenzione, state mettendo in crisi il sistema sanitario ticinese”; perché prossimamente vi sarà anche un taglio del finanziamento sulle Case per anziani, così che pian piano si va a smantellare il sistema sanitario ticinese. 

In queste modifiche, che riguardano il settore ambulatoriale, a suo avviso sarebbe stata favorita la cosiddetta “medicina di Stato”?

Direi di no, direi che la tendenza è di un lento smantellamento generale. Lo stesso EOC non ha potuto aumentare le sue di tariffe. Una decisione politica. Anche il contributo del Cantone allo stazionario è troppo basso, e non arriva a coprire il 55%, come previsto dalla legge. Quindi si mettono in crisi le aziende sanitarie, sia quelle pubbliche sia quelle private. A furia di smantellare arriveremo a una medicina a più velocità. Per introdurre soluzioni che non avranno praticamente effetto sui costi per l’assicurato. Sono più che altro un segnale politico, e un ammiccamento alle assicurazioni.

A volte, in queste trattative sui costi della medicina, si ha l’impressione che il paziente sia trattato alla stregua di ogni altro consumatore, che sta di fronte alle prestazioni sanitarie come alla vetrina di un negozio. 

Infatti. Il paziente in realtà va dal medico quando ritiene di avere un problema. E i medici, da parte loro, curano pazienti, non assicurati. A questo proposito vale la pena far notare che il costo per paziente in Ticino è pari se non inferiore a quello del resto del Paese. Noi sappiamo quanto costano i pazienti, ovvero quanto costa una persona che si fa curare dal medico per una patologia. Una cosa diversa dal costo per assicurato, il valore preciso del quale noi non conosciamo poiché le casse malattia non sono trasparenti sulle cifre.

Se dovesse rivolgersi sempre al direttore De Rosa (o al Governo come ci ha detto poco fa) in che direzione gli consiglierebbe di andare prioritariamente per contenere i costi della salute.

Non direi nulla, perché non c’è dialogo in questo momento. C’è chi lancia il sasso e nasconde la mano. Dimenticandosi anche di ciò che ha fatto il corpo medico ticinese durante la pandemia: siamo l’unico Cantone in cui la medicina sul territorio si è mobilitata a sostegno della sanità pubblica, ma questo non lo dice nessuno. Il medico di famiglia oggi ha uno stipendio che prenderebbe tranquillamente un impiegato di banca. I medici di famiglia, ricordiamolo, hanno un’età media di 58 anni. Alcuni mi hanno già chiamato per dirmi che a queste condizioni chiuderanno (parlo di studi ubicati nelle regioni periferiche non in città).

 

 

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