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01.09.2017 - 16:340

La scuola secondo me... Così lo scrittore Haruki Murakami racconta la sua esperienza tra i banchi: “La ragione per cui non avevo nessuna passione per lo studio è semplice: non era interessante. Avevo capito nel profondo del cuore che leggere libri e ascol

Il candidato al Nobel per la letteratura sulla scuola: "Ciò che resta nel cuore, senza svanire col passare degli anni, è molto più prezioso. Ma non è un genere di conoscenza che abbia un effetto immediato. Per rivelare il suo pieno valore, ha bisogno di tempo. E disgraziatamente non ha alcun nesso con il risultato degli esami”

Cosa pensa della scuola un grande scrittore, più volte candidato al premio Nobel per la letteratura? Come ha vissuto il giapponese Haruki Murakami questa esperienza durante la sua adolescenza e la sua gioventù? In questi giorni di ritorno sui banchi per migliaia di ragazzi si parla molto di scuola. Nel bene e nel male.

Ora, la scuola è senza dubbio un fondamentale elemento per la formazione dei giovani. Ma è profondamente sbagliato credere che, da sola, possa formare degli individui consapevoli, coraggiosi, intelligenti, equilibrati e indipendenti - e soprattutto colti -, che possa trasmettere valori come il rispetto, la tolleranza, l’onestà, l’altruismo…

La personalità di ognuno ha bisogno di nutrirsi anche di altre esperienze che nel corso della vita si riveleranno forse più importanti di ciò che si è imparato tra i banchi. E la Scuola con la S maiuscola, intesa come istituzione insomma, dovrebbe sempre considerare questo aspetto e lasciare ai ragazzi la possibilità, e soprattutto il tempo, di vivere… Senza mai diventare opprimente.

Ecco alcuni passaggi tratti dal saggio ‘Il mestiere dello scrittore’ di Haruki Murakami.

“Se ripenso alla scuola che ho frequentato – mi dispiace parlarne così e me ne scuso – non riesco a farmi venire in mente un solo buon ricordo. Anzi, mi sento prudere la nuca. Ad ogni modo può darsi che il problema non fosse nella scuola, ma piuttosto in me”.

“Sarò sincero: non sono mai stato bravo a scuola, dalle elementari all’università. Non che avessi dei voti disastrosi o sia mai stato bocciato, me la sono sempre cavata, ma lo studio in sé non mi è mai piaciuto e mi sono impegnato molto poco”.

“La ragione per cui non avevo nessuna passione per lo studio è semplice: non era interessante. Non me ne importava proprio nulla. Al mondo c’erano troppe cose ben più stimolanti della scuola. Libri, musica, film… e andare al mare, giocare a baseball, coccolare il gatto, poi, quando sono cresciuto, giocare a mahjong con gli amici tutta la notte, uscire con le ragazze… questo genere di cose, insomma. In confronto lo studio era deprimente”.

“Tuttavia non mi sentivo colpevole di trascurare lo studio per dedicarmi agli svaghi. Perché avevo capito nel profondo del cuore che leggere libri e ascoltare musica con passione – e possiamo anche includere vedermi con una ragazza – era il mio modo personale per studiare e aveva un significato enorme. In un certo senso, era ben più importante che passare difficili esami a scuola”.

“Al mondo, inutile dirlo, ci sono un sacco di libri dal contenuto profondo, ben più emozionanti dei libri di testo. Libri che, pagina dopo pagina, ti entrano dentro. Ed è il motivo per cui non avevo mai voglia di impegnarmi a studiare per gli esami”.

“La conoscenza acquisita macchinalmente in maniera non sistematica, col passare del tempo si dilegua da sé, svanisce aspirata da qualche parte…”.

“Invece ciò che resta nel cuore, senza svanire col passare degli anni, è molto più prezioso. Ma non è un genere di conoscenza che abbia un effetto immediato. Per rivelare il suo pieno valore, ha bisogno di tempo. E disgraziatamente non ha alcun nesso con il risultato degli esami”.

“Naturalmente non si può generalizzare, ogni persona è differente, ma ho l’impressione che le lezioni di ginnastica a scuola esistano solo per allontanare la gente dallo sport”.
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