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27.05.2024 - 17:590
Aggiornamento: 18:29

Cartoline da Montecarlo. L'attesa (in)finita di Leclerc e la Ferrari che torna al successo

Il monegasco padrone a casa sua nel classico weekend perfetto, quello promesso e sognato insieme al papà deceduto

MONTECARLO – Ha le lacrime agli occhi Charles Leclerc quando, esausto, si presenta alle telecamere subito dopo aver vinto e dominato il GP di Montecarlo. Quello di casa sua, tra la sua gente, sotto gli occhi degli amici di infanzia, quello “maledetto” fino a ieri, quello che promise di vincere al padre Hervé scomparso sette anni fa. 

Un po’ piange e un po’ ride, Charles Leclerc. È il classico mix di chi la sofferenza l’ha sempre mascherata con il sorriso. È il classico mix di chi ha aspettato quel momento per una vita intera, al volante di una Ferrari che sembra tornare, poco alla volta, sui suoi livelli. Intanto, la Rossa torna a vincere nel circuito di Monaco dopo sette lunghi anni. Un’eternita per chi nutre la propria storia di successi indimenticabili.

Leclerc padrone di casa

Protagonista in pista e anche fuori. Non poteva che essere il predestinato della Ferrari il più atteso a Montecarlo. Leclerc ha dovuto convivere anche con il peso delle aspettative, quelle di una Città intera che a ogni passaggio sbraitava a squarcia gola. Come a dire “Dai Charles, siamo con te”. Adulti, ragazzi, ma anche bambini uniti nel spingere il padrone di casa a tutto gas.

Chi scrive ha avuto la fortuna di assistere dal vivo a una delle qualifiche più belle di sempre sull’asfalto di Montecarlo. Nell’ultimo round di qualifiche, tutti tifavano tutti. Ragazze e ragazzi con il cappellino o maglietta di Verstappen o Hamilton applaudivano l’impresa del più veloce in pista. E viceversa. Sarebbe da esportare ovunque questo concetto di sport.

“Valeva la pena”

“Valeva la pena aspettare un giorno così. Gli ultimi due giri non vedevo molto bene per le troppe lacrime”. Leclerc fa pace con un passato che, sul circuito di casa, gli è spesso stato avverso. Forse la svolta anche per tutto l’ambiente Ferrari, che un “un giorno così” spera di riviverlo mille altre volte. E allora, vuoi vedere che, aveva ragione Max Pezzali nel 1997 nel cantare "basta un giorno così a cancellare centoventi giorni stronzi (...)".

 

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