“Non nego che all’inizio sia stato molto difficile. Il nome dello Chef che mi aveva preceduto in quei locali, Horst Petermann, era molto importante. Mi è successo persino che alcuni clienti entrassero e, una volta saputo che in cucina non c’era più lui, mi salutassero e uscissero dalla porta. Qualcuno aveva anche da dire sul fatto che avessi cambiato esteticamente il ristorante, che fosse troppo colorato. Ma io non mi sono scoraggiato, ho perseverato con la mia idea di ristorazione e la mia impronta personale, e alla fine le cose sono decollate. Ho scelto un modo personale di interpretare un locale stellato, che fosse giovane, alla moda e vissuto. Non amo le sale dove il personale è troppo invadente o mette a disagio i clienti, per questo ho optato per un ristorante lifestyle e vissuto, dove i clienti sono liberi di ridere e divertirsi a tavola”.