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Cronaca
17.07.2019 - 08:530
Aggiornamento: 09:22

Romano: "La Svizzera non è solo orologi, cioccolato e formaggio..."

Il presidente dell'Interprofessione della vita e dei vini svizzeri: "La parola crisi è sbagliata, ma il momento non è dei migliori..."

GINEVRA – Ha preso il via lunedì a Ginevra il 42esimo Congresso mondiale della vite e del vino, organizzato dall’omonima Organizzazione internazionale OIV che raggruppa 47 Paesi in ogni angolo del globo. Presenti oltre 600 persone. L’evento, in programma dal 15 al 19 luglio, è stato inaugurato con una sessione intitolata “approccio razionale all’uso degli input: contributi scientifici e percezione dei consumatori”. Il Congresso mondiale della vite e del vino è stato aperto anche da un discorso di Marco Romano, presidente dell’Interprofessione della vite e dei vini svizzeri, associazione mantello nazionale che raggruppa le 6 regioni vitivinicole e le 5 grandi associazioni di categoria della produzione e del commercio.

“Lo scopo del Congresso – ci spiega Romano – è quello di far incontrare, conoscere e discutere specialisti e professionisti del settore attraverso delle conferenze e dei tavoli di lavoro dal punto di vista scientifico, politico, economico e degli sviluppi del mercato; due giornate sono dedicate a visite tecniche in aziende vodesi e vallesane. È la terza volta che viene organizzato in Svizzera. E’ un grande onore per il nostro Paese ospitare un evento simile e presentarsi agli specialisti di tutto il mondo. La superficie coltivata a vite in Svizzera rappresenta lo 0,2% a livello mondiale, ma la vitivinicoltura elvetica gode di grande rispetto per la capacità di innovare e di lavorare in contesti difficili. Un buon numero di partecipanti si fermerà poi dopo il Congresso alla Fête des Vignerons a Vevey”.

Con Romano, che nella veste di Consigliere nazionale ha assunto la carica di presidente dell’associazione nazionale della vitivinicoltura svizzera (“il lobbysta del vino”) abbiamo parlato anche del momento che sta vivendo la Svizzera vitivinicola. “In Svizzera si consumano 2,5 milioni di ettolitri all’anno, circa il doppio di quanto viene prodotto. Il consumo si riduce di anno in anno. La presenza di vini esteri è significativa e forte. La pressione sui prezzi è una realtà pesante. Parlare di crisi è sbagliato, anche se il momento che stiamo attraversando non è dei migliori. Il mercato è teso. Soprattutto nei vini di bassa e media gamma la concorrenza estera è fortissima. Da noi i terreni costano di più e gli stipendi sono più alti. I costi di produzione rispetto ai Paesi circostanti sono più alti, ma questo non è motivo per darsi per vinti. La vite e il vino fanno parte della nostra cultura e una parte rilevante di popolazione lo riconosce; il margine di miglioramento è tuttavia molto alto”. 

Romano traccia la via e propone qualche riflessione. “I produttori – continua – non devono abbattersi e cercare di innovarsi costantemente, sia nella produzione sia nel commercio. Il vino svizzero è di ottima qualità, al Congresso è stato ribadito in ogni angolo, ma devono essere i commercianti,i ristoratori e i singoli cittadini a valorizzare le produzioni nostrane. Bisogna anche sfatare un mito: non è vero che non si trovano vini elvetici di buona qualità a un prezzo accessibile. Tante volte pur di non spendere qualche franco in più il consumatore preferisce acquistare del vino estero, quando a pari prezzo e qualità c’è anche produzione nostrana Ma qui diventano fondamentali il ruolo dei distributori e l’attenzione allo “swiss made” della popolazione”.

E ancora: “Se tutte le parti in causa non remano nella stessa direzione allora diventerà ancora più dura. Durante la prima giornata del Congresso è emerso che sempre più nazioni producono vino a prezzi molto più bassi rispetto alla Svizzera.  Nell’attuale mondo globalizzato la pressione su mercati interessanti come la Svizzera (dove si consuma vino e il potenziale d’acquisto della popolazione è notevole) aumenterà, con il rischio di danneggiare la produzione locale. Vogliamo strappare vigneti perché si beve solo vino estero? In alcune regioni questa misura è presa seriamente in considerazione. L’esportazione è un’opportunità, ma ridotta (oggi solo l’1% ndr). Il cittadino attento al territorio, al portamonete ma anche all’ambiente dovrebbe farsi qualche domanda: meglio 15 CHF per una bottiglia ticinese o 12 per una argentina con tutti i costi ambientali e sociali che vi stanno dietro? L’impatto ambientale qui non conta?”.

Per Romano è chiaro: "il mercato va difeso e promosso, servono ulteriori risorse della Confederazione e una presa di coscienza generalizzata. La Svizzera non è solo cioccolato, formaggio e orologi, ma anche vite e vino che danno lavoro a migliaia di famiglie e sono parte integrante del territorio; aspetto ambientale non irrilevante”.

“Viticoltori e commercianti – conclude – sono chiamati a rinnovarsi e posizionarsi meglio sul mercato. Un ruolo importante lo gioca anche la gastronomia. Fa male vedere ristoranti svizzeri avere pochi vini svizzeri nella carta. È un’assurdità perché non ha senso indebolire e marginalizzare un settore economico rilevante come la vitivinicoltura…”.

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