L'ex allenatrice del Lugano: "L'ASF dovrà essere brava a trovare il modo per aumentare sempre di più le tesserate e coinvolgere le società professionistiche maschili"
LUGANO – Maria Macrì è un volto noto del calcio femminile in Ticino. Ha giocato per un decennio nel Rapid Lugano e sempre a Cornaredo ha guidato il Lugano Femminile. Oggi segue con attenzione l'Europeo che si sta disputando in Svizzera e applaude l'impresa della Nazionale elvetica, qualificatasi ai quarti di finale per la prima volta nella storia. Guarda la Svizzera e si emoziona: per il percorso, per il gruppo e per un movimento che, finalmente, comincia a prendersi i riflettori che merita.
Maria, qualificazione storica della Svizzera. Cosa ti ha colpito della Nazionale di Sundhage?
"La capacità di cambiare in corsa. L’essere tante squadre nella stessa partita. Questa è sicuramente una qualità importante e una freccia in più nell’arco rossocrociato".
Ora i quarti di finale, a prescindere dall’avversario, cosa non dovrà mancare?
"Il coraggio e un atteggiamento propositivo. La Svizzera deve ricordarsi, in ogni minuto della gara, che deve giocare col cuore per se stessa e per tutti i caldi tifosi che la stanno seguendo e supportando".
Spagna o Italia sulla strada della Svizzera. Quale avversaria sarebbe meglio incontrare?
"Sicuramente l'Italia. Anche se il calcio non è una scienza esatta. A questo punto della competizione, vanno bene entrambe".
C’è una giocatrice che, secondo lei, sta facendo la differenza?
"Per presenza e continuità di prestazione dico Géraldine Reuteler".
Un risultato che valorizza tutto il movimento calcistico femminile svizzero, ma non solo. Riscontra dei passi avanti nel dare importanza al calcio femminile?
"Dei piccoli passi avanti sono stati fatti sicuramente. Secondo me, per valorizzare tutto il movimento, è però necessario continuare nella costruzione di questo progetto a lungo termine. Tra sei mesi, forse, il ricordo dei quarti di finale agli europei sarà un po' sbiadito. L' ASF dovrà essere brava a trovare il modo per aumentare le tesserate (trattenendo in patria i giovani talenti) e di conseguenza anche le squadre, a coinvolgere in modo fattivo anche le società professionistiche maschili. Il calcio femminile dovrà essere visto come un’opportunità per crescere e perché no, anche come business, e non come una zavorra. Ecco, c’è tanto lavoro da fare ma le soddisfazioni che arriveranno cancelleranno tutte le fatiche".
Lo Stade de Genève pieno, l’entusiasmo dei tifosi, la copertura mediatica: possiamo dire che il calcio femminile sta finalmente raccogliendo ciò che merita?
"Nel qui e ora, si. Sarebbe bello, però, che tutta questa magia continuasse anche in futuro e che i tifosi allo stadio aumentassero sempre di più. So che sarà difficile, ma a me piace sognare e credo nel potere e nella forza delle donne".