IL FEDERALISTA
Marco Bernasconi: "Turiamoci il naso e votiamo la riforma fiscale"
Intervista al professore esperto di fiscalità: "Reputo che una buona parte della sinistra in questo caso risponda in modo emozionale. Ma poi c’è sinistra e sinistra..."

di Claudio Mésoniat - articolo pubblicato su ilfederalista.ch 

Marco Bernasconi, per mettere subito la scure alla radice, la molla di questa riforma è la necessità di adeguarci alla concorrenza fiscale tra Cantoni. È una tirannia o un esercizio salutare?
"È un dato di fatto. La concorrenza fiscale è stata votata dal popolo nel 2010 e da quasi tutti i Cantoni, Ticino compreso. Quindi è un fatto che bisogna riconoscere. Esiste. E quindi bisogna conformarsi. Non si può fare il cavaliere solo, non ci si può dimenticare di essere un Cantone svizzero. Il Ticino, invece, ha fatto da cavaliere solo. Ed è finito in fondo alla classifica intercantonale. Bisogna avere l'umiltà di chiedersi: ma ho proprio ragione soltanto io? Oppure gli altri Cantoni? Le nostre aliquote per le persone fisiche sono quelle del 76 (50 anni fa!). Tutti gli altri Cantoni hanno diminuito, noi siamo rimasti al palo. È ammissibile questo? Almeno questa domanda bisogna farsela".

D’accordo, però c’è una parte del Parlamento che implicitamente ha risposto “va bene così” e ci ha chiamati al voto su questa riforma, concepita allo scopo di non perdere sostrato fiscale. Ma l’dea che per arrivare allo scopo occorra passare da sgravi fiscali non è tollerabile per alcune forze politiche, soprattutto a sinistra. Perché?
"Penso ci sia più di una ragione. Una è che a determinati quesiti si risponde tanto in modo razionale quanto in modo emozionale. E io reputo che una buona parte della sinistra in questo caso risponda in modo emozionale. Ma poi c’è sinistra e sinistra: c’è la sinistra ticinese e c’è la sinistra degli altri Cantoni, che ha partecipato alla diminuzione dell'aliquota. Per esempio il Canton Neuchâtel, a direzione socialista, si è adeguato alla diminuzione dell'aliquota sia per le persone fisiche sia per le persone giuridiche. Comunque mi guarderei dal qualificare “di sinistra” o “di destra” un provvedimento a livello fiscale".

Credo lo confermi anche uno sguardo al di fuori dei nostri confini…
"Infatti, in Italia la cosiddetta “patrimoniale” (l’imposta sulla sostanza) è sempre stata monopolio del Partito comunista, in Svizzera esiste da sempre, dalla fine della Guerra; le imposte di donazione e successione tra genitori e figli in Germania sono tra le più alte d'Europa, decise a suo tempo da un Governo di centro-destra. Ma ripeto, secondo me qui giocano, e lo capisco bene, anche dei fattori emozionali".

Comunque c'è chi sostiene, come Amalia Mirante, che operazioni fiscali come quella in discussione si possono fare, ma non in tempi di inflazione e quindi di perdita del potere d'acquisto dei salari. Sarebbe giusto rinviarla? È così urgente?
"Per capire, bisogna risalire di qualche anno. Nel 2009 il Consiglio di Stato aveva dato mandato all'Ufficio tributario della Supsi di prendere posizione su un'eventuale diminuzione dell'aliquota fiscale. Il centro tributario aveva esposto il proprio parere con il quale proponeva esattamente quello che propone la riforma odierna, cioè di diminuire l'aliquota dal 15 al 12 per cento con un costo analogo a quello di oggi".

Dal 2009 sono passati 15 anni. E lo spazio finanziario per procedere in questo modo probabilmente c’era…
"Non lo si è fatto. Si è atteso 15 anni e ora si è nel momento peggiore, perché oggi non si dà il caro vita ai dipendenti dello Stato, si tolgono sussidi agli istituti per disabili, eccetera. Ma se la situazione finanziaria del Ticino è grave oggi, lo sarà ancor di più nei prossimi anni, per quanto si può capire. E quale sarà la persona con una grossa facoltà patrimoniale che verrà attirata da un Cantone che versa in una situazione finanziaria di questo genere, che può preludere l'aumento delle imposte e con dei vantaggi spalmati su cinque anni?"

Allude al fatto che le aliquote non scenderanno dal 15 al 12 per cento domani, lo faranno su cinque anni? 
"Sì, ma anche se la riforma può sembrare insufficiente, io sono comunque favorevole a questa attenuazione, per una questione di federalismo, per rientrare nella concorrenza fiscale tra Cantoni. Non ai primi posti certo, ma per lo meno non agli ultimi della media intercantonale"

Nessuno contesta quello che i dati dimostrano, cioè che noi abbiamo oggi un 3% di contribuenti che paga suppergiù il 40% delle imposte, quanto alle persone fisiche. Però ci sono delle contestazioni circa la reale perdita delle cosiddette “galline dalle uova d’oro”, e se il DFE dice che abbiamo perso quasi 400 globalisti mentre ne avremmo accolti poco meno di 200, Ivo Durisch sostiene che c'è un ritardo nella registrazione dei nuovi arrivi di paperoni. Lei ha dati che permettano di chiarire?
"Non sono in grado di accertare e dirimere sulle cifre. Ma è un problema secondario. Il problema principale è un altro. Noi, con queste aliquote abbiamo due conseguenze. C’è una parte dei contribuenti, questo è certo, che se ne va (vedremo se ci sono calcoli da accertare). Ma la seconda questione è: quanti contribuenti non vengono in Ticino a causa di questa situazione fiscale? E poter rispondere a questa domanda sarebbe molto importante oggi. Perché? Perché oggi, ad esempio, in Inghilterra vengono a cadere, nella sostanza, le transazioni agevolate per le persone molto facoltose. Una specie di tassazione globale, per essere chiaro".

Quindi una manna di contribuenti facoltosi che cercano nuovi lidi?
"Esatto, si tratta di persone alla ricerca di un territorio –è la parola giusta- dove si paghino poche imposte. Si rivolgono evidentemente alla Svizzera, anche per la sicurezza del Paese. Ma in Svizzera chi scelgono? Non certamente noi, con i problemi finanziari in vista, con le aliquote estremamente elevate. Questo è il vero problema".

Lei dice insomma che se potremmo forse calcolare i partenti (quando poi non ne conosciamo le ragioni), non potremmo mai calcolare chi non viene.
"Infatti. E oggi dovrebbero esserci proprio le condizioni per favorire questo esodo dalla Gran Bretagna verso l'Europa e verso la Svizzera, che è un Paese che dà certamente le garanzie richieste dalle persone molto facoltose. Questo è il problema. Per questo torno a dire che la questione è di accettare il federalismo. Perché certe posizioni –al di là degli intenti di chi le promuove- sono delle posizioni antifederaliste. Non si accetta una norma sulla concorrenza fiscale semplicemente perché non piace, senza collocarla nel contesto in cui si vive".

Al di là del federalismo c’è anche un aspetto sociale che in questo caso non gioca a favore della manovra. In passato –si ricordano spesso i compromessi fiscali elaborati da Governi cantonali in cui campeggiavano le figure di Martinelli e Masoni- si sono fatte deduzioni che riuscivano a ottenere un largo consenso, pur essendo costose. Hanno impoverito il Ticino?
"Da un profilo generale io sarei contrario alla maggior parte delle deduzioni, tranne quelle con una connotazione spiccatamente sociale. Ora, quelle decisioni -non so se siano da accreditare a Martinelli e Masoni, ma diciamo quelle decisioni del Gran Consiglio dell'epoca- costavano moltissimo, ma hanno comunque avuto una duplice connotazione sociale positiva, per i figli e quindi per la famiglia (nel concetto di allora, oggi un po' modificato) ma anche per i figli allo studio, per favorire lo studio e la formazione (e oggi sappiamo quanto il Cantone ne abbia bisogno). Per dare un'idea, la deduzione per i figli in generale e la deduzione per i figli agli studi sono oggi ancora il doppio della media svizzera. Ma ne è valsa la pena".

Torniamo a quel 40% a carico del 3%. Questo significa che il ceto medio da noi è più favorito rispetto ad altri Cantoni?
"La struttura della scala fiscale ticinese, nel confronto con il resto della Svizzera, per le persone fisiche è favorevolissima per quanto attiene ai redditi più bassi. Non dimentichiamoci che in Ticino il 20% dei contribuenti, quindi 40.000 persone, è esente. Per il ceto medio o sopra della media è più caro. Nel confronto intercantonale siamo favorevolissimi verso il basso, in regola per il cosiddetto ceto medio e tra i più cari per i redditi elevati".

Le altre misure della riforma sono state pensate in qualche modo per “indorare la pillola” di questi sgravi oppure potrebbero essere efficaci anche in quanto tali, in particolare quella del plafonamento del prelievo fiscale sulle prestazioni pensionistiche?
"Certamente è efficace. L’attenuazione dell'imposizione dei capitali del secondo e terzo pilastro è una misura efficace. E dovuta, perché anche qui siamo in fondo alla classifica federale. Perché efficace? Perché se io prendo un milione dal secondo pilastro e mi trasferisco nel Canton Grigioni il prelievo mi costa molto meno (però devo andarci davvero, non è che possa mettere la casella postale). Con questa misura potremo limitare il turismo fiscale".

Potremmo occuparci anche del turismo fiscale tra Comuni, visto che la concorrenza intercomunale (per giunta rafforzata due anni fa) è pure un dato di realtà con cui fare i conti. Comuni che dovranno cercare di compensare il blocco del moltiplicatore al 97%, magari giocando abilmente sul diverso moltiplicatore tra persone fisiche e giuridiche. Ma la questione si farebbe troppo complessa (ce ne siamo occupati qui). Tirando le somme, Marco Bernasconi voterà la riforma?
"Sì, anche se ho messo punti interrogativi qua e là, in conclusione direi, alla Montanelli, “Turiamoci il naso e votiamo questa legge”.

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