L'analisi del Federalista: "Putin e la sua cerchia sembrano pronti a prolungare una guerra identitaria, estendendola ben oltre l’Ucraina"
Vista da vicino, la Russia di Putin è un Paese in stato di mobilitazione permanente. Dalla cultura all’educazione, l’intera società russa ruota attorno alla preparazione di una guerra che il Cremlino sembra pronto a spingere ben oltre l'avventura ucraina. In Europa, sono i Paesi baltici a temere la prossima mossa dell’orso russo, che potrebbe occupare il cosiddetto “corridoio di Suwałki”, striscia di confine tra Polonia e Lituania.
“La Russia potrebbe colpire la NATO entro cinque anni”, ha dichiarato il segretario generale del Patto Atlantico Mark Rutte. “La Russia sta ricostituendo le sue forze armate con tecnologia cinese e producendo armi a una velocità superiore a quanto pensassimo”. In tre mesi, la Russia produrrebbe l’equivalente in armamenti di quanto l’intera NATO produce in un anno: 1.500 carri armati, 3.000 veicoli blindati e 200 missili Iskander.
Il cosiddetto “corridoio di Suwałki”, tra Polonia e Lituania, è considerato il punto più fragile per la NATO. Un’avanzata russa in quest’area potrebbe isolare completamente i Paesi baltici dal resto dell’Europa. La via marittima, in caso di necessità, sarebbe vulnerabile e difficile da difendere.
I Paesi baltici hanno una storia travagliata con la Russia: russificazione, deportazioni di massa, schieramenti durante la Seconda guerra mondiale, e oggi minoranze russe percepite come cavalli di Troia. Un contesto che ricalca schemi già visti in Georgia e Ucraina. Mosca potrebbe persino dichiarare russi i territori conquistati, mettendoli sotto ombrello nucleare.
La Russia mostra i muscoli lungo il confine settentrionale della NATO, in particolare in Finlandia e Norvegia. Nella penisola di Kola, nell’oblast di Murmansk, è in corso la ristrutturazione della città militare chiusa di Kandalakša. Interventi simili avvengono anche in Carelia, vicino al confine con la Finlandia. Immagini satellitari mostrano potenziamenti in cinque basi di lancio nucleare, a Kaliningrad e nell’Artico russo.
La NATO, dal canto suo, aumenta la presenza navale nel nord della Norvegia. Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e l’Ucraina hanno abbandonato la Convenzione di Ottawa, che vieta le mine antiuomo. Sebbene problematiche e persistenti, la loro efficacia contro le offensive terrestri è dimostrata.
I Paesi baltici stanno costruendo la “Linea Baltica”, una struttura difensiva con barriere anticarro. Svezia e Finlandia rafforzano l’indipendenza operativa. Ma in Europa occidentale permane l’incertezza su una risposta unitaria o automatica da parte della NATO, specie dopo le dichiarazioni ambigue di Donald Trump.
Gli Stati dell’Europa occidentale temono piuttosto le operazioni ibride russe: disinformazione, sabotaggi, attacchi cyber, incendi dolosi e tentati omicidi. La Spagna, ad esempio, ha rifiutato di adeguarsi agli obiettivi di spesa NATO al recente summit.
La tesi avanzata dalla ricercatrice Céline Marangé, ripresa da Le Grand Continent, è che Putin usi la guerra per militarizzare la società russa e trasformare l’ordine mondiale. La guerra in Ucraina non sarebbe un fine, ma l’inizio di un conflitto destinato a protrarsi e forse estendersi alla NATO.
L’obiettivo di Putin sarebbe quello di riportare la Russia allo status di grande potenza post-Guerra Fredda, anche riabilitando la figura di Stalin. Il progetto prevede una “mobilitazione permanente” della società, imposta con repressione ma incentivata con vantaggi economici: 3.000 dollari al mese per i combattenti, opportunità di arricchimento per le élite vicine al regime, espropri legalizzati delle imprese occidentali.
La propaganda dipinge il conflitto come una guerra difensiva contro l’Occidente. In parallelo, la repressione si è intensificata: oltre 600.000 russi hanno lasciato il Paese dal 2022, inclusi 500 giornalisti.
Dal 2016 esiste l’“Esercito della Gioventù”, con 40 miliardi di rubli di budget annuale (415 milioni di euro). L’obiettivo è l’educazione patriottica e l’addestramento precoce all’uso di armi e droni. Sebbene esistano resistenze, il progetto indica l’intenzione di preparare la popolazione a una guerra totale.
Nonostante le sanzioni, l’economia russa regge: dopo un calo dell’1,9% nel 2022, è cresciuta del 4,1% nel 2023 e 2024. Il debito pubblico resta basso (13% del PIL), e nonostante l’inflazione e il crollo del rublo, Mosca prevede un aumento del 25% della spesa militare nel 2025, a scapito del welfare.
Attualmente la Russia schiera 570.000 soldati in Ucraina su una popolazione di 140 milioni. L’Ucraina ne conta 880.000 su 22 milioni di abitanti. Le perdite russe – tra morti e feriti – superano il milione.
Secondo Marangé, “dietro il desiderio russo di de-occidentalizzare il mondo si nasconde un progetto di rimodellamento dell'ordine internazionale”. Putin e la sua cerchia sembrano pronti a prolungare una guerra identitaria, estendendola ben oltre l’Ucraina, fino a sfidare apertamente la NATO.