BELLINZONA - Da 135 a 23 comuni in sette anni: è questo l'obbiettivo ambizioso, come lo avete definito, che vi siete dati come Consiglio di Stato per ridisegnare la geografia comunale del Cantone. Forse troppo ambizioso viste le resistenze che siamo abituati a conoscere quando ci sono progetti aggregativi importanti?
"Penso proprio che la differenza fondamentale rispetto al passato, sia quella di fissare dei tempi stretti. Perché questa volontà dimostra la determinazione di procedere su questa visione, che è l'unica che permetterà di ridisegnare e consegnare alle future generazioni un Ticino forte e competitivo, sotto tutti i punti di vista, in grado anche di difendersi e di avere maggior potere contrattuale con la Confederazione e con l'Italia. Maggiori competenze, più qualità e prossimità nei servizi, tutto nell'interesse dei cittadini. Non possiamo andare avanti anno dopo anno con i comuni che chiedono soldi al Cantone per stare in piedi e il Cantone che chiede soldi ai comuni per risanare le finanze. Serve una svolta profonda".
L'epoca dei cerotti, è finita, insomma, dice lei. Ma dai cerotti a una riforma epocale, il passo è abbastanza lungo.
"L'epoca dei cerotti è finita da un pezzo, secondo me. Voglio solo ricordare, per dare un'idea ai lettori, che la struttura di questo nostro Ticino è ancora figlia dell'atto di Mediazione di Napoleone, e delle riforme fransciniane. In sostanza il cittadino ticinese vive nel 2'000 con strutture del 1'800. Dobbiamo fare in modo che anche il nostro territorio e la nostra organizzazione vadano di pari passo con il nostro tempo".
Lei politicamente si gioca molto con un progetto così ambizioso.
"Questa non è una riforma di Palazzo ma di Paese. E proprio per questo abbiamo voluto coinvolgere nella consultazione il Paese reale e non solo i Municipi. Ci sono diversi esempi di Esecutivi che si sono schierati contro l'aggregazione e per poi essere smentiti dal voto popolare: Cadro è l'ultimo esempio".
Quindi secondo lei i cittadini sono più pronti e disponibili ad accogliere il vostro proggetto rispetto ai Municipi?
"Secondo me sì, senza dubbio. Anche perché già oggi 4 cittadini su 10 vivono in una realtà aggregata e hanno potuto toccare con mano i benefici che porta un'aggregazione".
Per realizzare una riforma così strutturale occorreranno molti soldi. Li abbiamo?
"I costi saranno valutati nella seconda fase della consultazione, quando ci chiederemo concretamente come raggiungere gli obbiettivi che ci siamo proposti. Ma questo per il Ticino è un investimento strutturale. Si tratta di dare stabilità e forza al Ticino di domani, proprio per avere successivamente un ritorno anche dal punto di vista economico e di un’ottimizzazione delle risorse pubbliche".
Un'ultima domanda. Ovviamente lei e i suoi colleghi ci credete molto in questo progetto. Ma realisticamente quante possibilità vi date di riuscire a portarlo a termine nei tempi previsti?
"Voglio sottolineare con forza che questo obbiettivo ce le diamo come Consiglio di Stato. Non è un progetto di Norman Gobbi, anche se il mio dipartimento lo ha sostenuto e spinto molto, ma di tutto il Governo e anche degli altri dipartimenti che hanno collaborato in modo decisivo per la realizzazione del Piano. Voglio altresì aggiungere che quella che proponiamo è una visione dal basso, senza nessun tipo di dirigismo. È una visione dal basso dal punto di vista territoriale, della funzionalità, dei servizi, dell'economia. Perché tutto è pensato con l'idea di avere al centro il cittadino in modo da garantirgli, attraverso comuni più solidi e progettuali, migliori servizi in termini di quantità, qualità ed economicità. Quindi, per rispondere alla sua domanda, dico che indubbiamente sarà difficile, ma con altrettanta forza dico che è possibile".