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Politica e Potere
27.11.2015 - 13:360
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il PLR, il PPD e quella proposta di matrimonio che non piace a tutti. Cometta: “Un inatteso innamoramento quello del vertice liberale... Un’altra delle balzane idee di Cattaneo”

L’ex vicepresidente PLR contro l’idea dell’alleanza con gli azzurri

di Katya Cometta*

Qualche anno fa, quando il Plr svizzero decise di adottare il colore azzurro, i liberali ticinesi ebbero un sussulto. A sud delle Alpi, più che in qualunque altra parte della Confederazione il blu acceso era il simbolo per eccellenza del Ppd. La transizione dal bicolore rossoblù all’azzurro attuale fu, però, tutto sommato facilitata dal cambio cromatico dei popolari democratici stessi che optarono per l’arancione. Le divergenze storiche fra Plr e Ppd si sono forse un pochino stemperate ma, per dirla con la presidente della sezione di Lugano, «i principi fondanti dei due partiti non sono proprio identici», e non è un sentire di pochi “nostalgici” come lascia intendere il giovane segretario cantonale liberale radicale.

I tempi, certo, son cambiati: lo sono da che la Lega dei Ticinesi si è arroccata in Governo. Le dinamiche politico-partitiche non sono più quelle del Ticino governato dai tre partiti storici, non sono più quelle fondate su una concordanza che non ha mai fatto una piega consentendo al Cantone di crescere economicamente, culturalmente, qualitativamente. Il radicamento nell’elettorato della Lega, che da movimento di rottura è diventato l’unico partito con due Ministri in Governo, deve indurre gli schieramenti storici a rivedere il loro agire. L’avvento di un sistema maggioritario è inevitabile anche agli occhi di chi, come me, continua a credere fermamente nel proporzionale. E con un maggioritario (di qualunque forma esso sia) occorrerà che Plr, Ppd e Ps riuniscano le forze per concentrarsi su alcuni fondamentali obiettivi comuni. Riuscire ad avere un’unità di intenti su anche poche ma essenziali visioni per il futuro del Cantone è l’unica vera carta che i tre partiti possono giocarsi a fronte del declino più o meno controllato che li coinvolge ormai da anni.

Da qui a pensare a fusioni fra Plr e Ppd ce ne corre. Intanto questo, così come altri, è un tema che il Plr non avrebbe dovuto lanciare a mezzo stampa ad opera della coppia presidente-segretario. Merita, invece, di essere opportunamente discusso e sviscerato al proprio interno, ad iniziare dalla Direttiva, divenuta in questi ultimi anni, un’inutile appendice da riunire pro forma per ossequiare agli obblighi statutari. A maggior ragione l’esercizio di approfondimento andava fatto prima di paracadutare l’ipotesi “flirt” col Ppd sulle spalle delle sezioni confrontate con le prossime elezioni comunali. Perché ci sono Comuni in cui la contrapposizione fra i due schieramenti è tale da aver lasciato parte degli elettori eufemisticamente sorpresi dall’inatteso innamoramento del vertice liberale. Ma ci sono anche altre incognite che meritavano di essere discusse. Quella del futuro presidente Ppd è solo una di queste. Perché, diciamocelo guardandoci negli occhi, se alla testa del Ppd dovesse essere nominato un irriducibile alla Dadò o alla Regazzi i punti di incontro con il Plr sarebbero davvero pochini.

Rocco Cattaneo alle perplessità espresse sulle sue uscite a mezzo stampa reagisce sempre come se gli si fossero pestati i piedi: scalcia e tuona “o con me o contro di me”. O è tutto bianco o è tutto nero. Ma in politica, in Ticino, nel Plr le cose non vanno così: c’è la bellezza dei toni del grigio da scoprire. Riuscire a far conciliare quel che sembra inconciliabile è un’arte che dà un sacco di soddisfazioni. Riscoprire il dialogo interno, anche acceso, ridarebbe slancio al dibattito che è sempre stato la forza del Plr. Beh, mi si dirà che numericamente non siamo messi poi così male rispetto al passato e ciò nonostante le idee a tratti balzane e pensate solo dal presidente. Certo, ma i numeri non dicono tutto: i contenuti, lo spessore, l’entusiasmo delle retrovie sono essenziali per far crescere il Plr. Mi piacerebbe, molto, riprendere il discorso da lì, dalla direttiva, dal comitato cantonale, dai congressi, ma non da quelli autocelebrativi tutti gonfaloni, fiaccola e Riscossa: quelli dei dibattiti veri attorno al futuro del Cantone, un Cantone magari azzurro, ma azzurro liberale.

*ex vicepresidente Plrt, opinione comparsa su LaRegione

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