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30.04.2016 - 11:180
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Le pensioni dei ministri spiegate ai cittadini... Ecco come funziona il nuovo sistema. Dalla quota "virtuale" a carico del Cantone, alle opzioni in caso di divorzio, fino alla rendita finale

Il sistema non è legato alla Cassa pensioni cantonale. E la rendita a fine mandato non sarà basata direttamente sul primato dei contributi...

di Marco Bazzi

Abbiamo cercato di capire meglio come funzionerà il nuovo sistema pensionistico dei consiglieri di Stato e abbiamo scoperto che… 
Diciamo innanzitutto che, come tutti i sistemi previdenziali, anche questo è complesso. Ma è ancora più complesso in quanto esce dai canoni “classici”. Tanto che, per illustrarlo, nelle scorse ore si è discussso il tema nella seduta del Comitato della Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato, durante della quale sono stati chiariti termini e meccanismi.
Il punto centrale è che i consiglieri di Stato non sono equiparati a dipendenti cantonali, e non sono dunque assoggettati alle regole della Cassa pensioni, che oggi si chiama Istituto di previdenza del Cantone Ticino.
Rispetto alle ipotesi formulate ieri (leggi qui), e basate sull’articolo 11 del messaggio governativo, in particolare su un passaggio dello stesso – “Non è più previsto da parte dello Stato un contributo paritario, che costituirebbe un aggravio ingiustificato per le finanze cantonali, considerato come lo Stato sia già garante del pagamento delle prestazioni previste dalla legge” – abbiamo appurato che le “prestazioni previste dalle legge” non saranno erogate dalla Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato.
E da chi allora? Proviamo a spiegarlo. Il nuovo sistema previdenziale dei ministri sarà gestito direttamente dal Cantone e non chiamerà in causa la Cassa pensioni, che si trova in fase di risanamento finanziario (il Cantone contribuisce a questo risanamento con 40 milioni all’anno).
Non si tratta di un unicum a livello svizzero, dicono da Palazzo: con modalità e forme diverse, questo sistema è applicato da altri cantoni e dalla stessa Confederazione.
Rispetto al sistema attualmente in vigore c’è la novità del prelievo del contributo del 9% da parte dei ministri (e sta facendo discutere la loro decisione di compensare questo contributo con un aumento salariale).
Inoltre, sono state ridotte alcune prestazioni finora garantite, per esempio a chi entrava in Governo dopo aver lavorato nell’Amministrazione cantonale. Qualche vantaggio, o privilegio, in meno, insomma.
Ora veniamo al punto: chi versa il contributo di secondo pilastro a carico del datore di lavoro? Il Cantone, ma soltanto in modo “virtuale”.
Perché virtuale? Perché ci sarà un conteggio separato per i contributi, ma non un conto vincolato, come accade normalmente per ogni lavoratore associato a una cassa pensioni. E questo perché i ministri sono assoggettati al prelievo pensionistico ma non saranno iscritti all’istituto previdenziale del Cantone, come chiedeva la mozione della deputata Pelin Kandemir che ha dato il via alla revisione del sistema.

La scelta di non vincolare i consiglieri di Stato alla Cassa cantonale è stata fatta – dicono sempre da Palazzo – per semplificare le cose. Anche se, ammettono, non si tratta di un sistema perfetto.
Se il dato politico importante, contenuto nella mozione Kandemir, era quello di obbligare i ministri a pagare un contributo sul loro salario per garantirsi la pensione, sul piano delle rendite finali il sistema che il Governo propone è basato, in un certo senso, sul primato delle prestazioni. O meglio: non è basato direttamente sul primato dei contributi.
Nel senso – provate a seguirci – che la rendita pensionistica finale dei ministri, una volta terminato il loro mandato, dipenderà dagli anni di servizio e dalla loro età, ma non direttamente dai contributi versati.
I versamenti effettuati dai singoli consiglieri di Stato nel loro “fondo pensionistico” (compresa la quota a carico dello Stato) verranno attivati soltanto in due casi: se un ministro dovesse divorziare durante la carica, o se volesse prelevare la sua cassa pensioni per acquistare un’abitazione primaria. In caso contrario, il contributo cantonale resterà virtuale, mentre il 9% versato mensilmente rimarrà nelle casse cantonali. 
Al momento in cui il ministro cesserà la propria attività, se non ha “toccato” la sua cassa pensioni, l’importo versato (il 9% di contributo mensile) resterà dunque nelle casse dello Stato, mentre il ministro godrà di una rendita maturata sulla base di altri criteri: l’età e l’anzianità di servizio, come detto. Sotto forma di vitalizio (dedotti eventuali guadagni professionali) fino all'età della pensione.
Questo sistema dovrebbe ottenere, a quanto si percepisce negli ambienti politici, l’avallo del Parlamento. Anche se manca ancora l’ok della Commissione parlamentare della gestione.

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