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10.06.2024 - 18:070
Aggiornamento: 12.06.2024 - 18:32

Pino Sergi: "Ecco perché sapevo che avremmo perso"

Intervista al coordinatore dell'MPS, tra i pochi esponenti progressisti che, in tempi non sospetti, aveva previsto la sconfitta del referendum contro la riforma fiscale: "La sinistra ha perso la battaglia contro i neoliberisti"

di Andrea Leoni

BELLINZONA - Piccola confidenza per contestualizzare. Pino Sergi, già diversi mesi fa, dunque in tempi non sospetti, era tra i pochissimi esponenti di sinistra che, in camera caritatis, si diceva sicuro che il fronte contro la riforma fiscale avrebbe perso. Una posizione controcorrente rispetto alla stragrande maggioranza del mondo progressista che, grazie allo sgravio ai super ricchi, credeva che la vittoria non sarebbe stata scontata ma di certo a portata di mano. Ieri il popolo ticinese ha parlato, approvando in larga misura il pacchetto fiscale.

Pino Sergi, perché se l’aspettava?
“Già nel mese di novembre dell'anno scorso avevamo fatto una discussione nell’ambito del comitato “Stop ai tagli”. In quella riunione si erano ipotizzate diverse raccolte firme. Fu una discussione abbastanza surreale, dove ci fu anche chi propose di lanciare un referendum contro il taglio del 2% sui salari dei dipendenti pubblici....Consideriamo che in quel momento non era stato ancora stato cassato dal preventivo il taglio sui sussidi di cassa malati, ma già allora dissi che il referendum contro la riforma fiscale sarebbe stato quello più difficile da vincere. Se non ricordo male fui l’unico a dirlo. La maggioranza riteneva che sarebbe stata una vittoria agevole per via dello sgravio ai ricchi”.

Da cosa derivava questo scetticismo?
“Primo punto: la questione del pacchetto con più misure. Una trovata abbastanza furba e che storicamente ha sempre funzionato. Le grandi riforme fiscali in Ticino sono sempre passate attraverso pacchetti con all'interno misure in grado di allargare il consenso elettorale. Il mio primo referendum fiscale, parliamo di 30 anni fa, fu contro degli sgravi che favorivano le holding e le banche, ma nello stesso pacchetto erano presenti le deduzioni fiscali per le spese professionali (ma guarda un po’…) e dei vantaggi per chi coltivava gli orti e le vigne…e naturalmente lo perdemmo”.

Ha detto primo punto. Ce ne è un secondo?
“La questione dell’aumento generalizzato delle imposte è stato l’elemento centrale della campagna ed è stato decisivo. Io ero sicuro che avremmo perso quando ho visto il dépliant che il fronte del “sì” ha mandato a tutti i fuochi. Era tutto incentrato su questo aspetto ed era fatto veramente bene”.

Il PS ha provato a neutralizzare gli argomenti dei favorevoli, presentando delle iniziative parlamentari che miravano a salvare le misure condivise della riforma. Ma non ha presentato nulla per neutralizzare l’aumento generale delle imposte. Seguendo il suo ragionamento, questo è stato un errore tattico decisivo?
“Sì”

Altri errori?
“Premesso che il referendum andava fatto indipendentemente dal risultato, avremmo potuto combattere meglio se alcune questioni fossero state gestite in un altro modo. Lo strumento dei referendum dei comuni, ad esempio, sarebbe stato potente. Noi come MPS abbiamo sollevato questo tema, ma occorreva fare un lavoro sul territorio. Ad esempio i vari municipali del PS non si sono per nulla attivati in questo senso. Era un elemento che poteva cambiare la prospettiva”

Ma come mai la sinistra, soprattutto nella fase iniziale, era convinta di poter vincere questa battaglia?
“Perché non si è considerato il meccanismo chiave della nostra democrazia semi diretta, che è anche la sua principale stortura. In queste votazioni non conta il dettaglio, la gente vota sul principio. Tutto il meritorio e dettagliato lavoro che fa Ivo Durisch con le sue tabelle e i suoi grafici, non passa a livello di comunicazione. Si vota sui principi. E poi c’è un problema storico”.

Quale?
“Il giudizio storico è che la sinistra ha perso la battaglia contro i neoliberisti. Trent’anni di martellante campagna d’indottrinamento neoliberista, che ha messo al centro la questione fiscale, è passata nella popolazione. Per la stragrande maggioranza dei cittadini pagare le imposte è qualcosa di fastidioso. Le cito un aneddoto. Quando ero professore al liceo agli allievi di quarta davo un tema sulle prospettive future dopo i 18 anni. Quattro allievi su cinque ponevano il problema che raggiunta la maggiore età avrebbero dovuto pagare le imposte. Un dato abbastanza sintomatico”. 

Ma questa sconfitta storica è irrimediabile?
“La prospettiva deve essere quella di una resistenza. Ma si tratta di una resistenza che in Gran Consiglio non si può fare, perché la sinistra non ha i numeri. Bisogna mobilitarsi nella società e nelle piazze. L’esempio di Eredipi mi sembra interessante come spunto di riflessione”.

Qualcuno potrebbe dirle che le mobilitazioni di Erredipi per poco non facevano naufragare le misure di compensazione davanti al popolo.
“E io rispondo che senza quelle mobilitazioni non ci sarebbero state le misure di compensazione e neppure la maggioranza del popolo”.

Ma quindi Sergi, per finire, è stato un errore strategico definire il referendum contro la riforma fiscale “la madre di tutte le battaglie”, come avevano fatto i vertici del PS?
“Ma certo, ovvio. Le vere battaglie vanno fatte sul terreno sociale e non su quello fiscale. Possibilmente scegliendo degli obbiettivi sui quali si può vincere. La scelta degli obbiettivi è fondamentale”.

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