POLITICA E POTERE
"Caso Gobbi", ecco come e perché potrebbe profilarsi il favoreggiamento per gli agenti. Anche senza il "favorito"
Alla luce di quanto sappiamo finora, partendo dal comunicato del procuratore generale, proviamo a contestualizzare il caso dal profilo giuridico
TiPress/Alessandro Crinari

di Marco Bazzi

La domanda che tutti ci poniamo in queste ore è: com’è possibile che un agente venga messo in stato d’accusa per favoreggiamento - e un suo collega per correità nello stesso reato - senza che il favorito – il ministro Norman Gobbi - sia indagato? La risposta è sì, é possibile. Perché, secondo il procuratore generale Andrea Pagani, l’eventuale reato è stato commesso senza la provata partecipazione del "favoreggiato".

Partiamo dal comunicato di Pagani, che ieri ha prospettato alle parti le seguenti decisioni: “L’emanazione di un decreto di abbandono nei confronti dell'ufficiale della Polizia cantonale che era di picchetto la sera dei fatti (che non ha avuto alcun ruolo attivo nella vicenda); l'emanazione di un atto d'accusa dinanzi alla Pretura penale (per l'ipotesi di reato di favoreggiamento) nei confronti del sottufficiale superiore di Gendarmeria di picchetto la sera dei fatti e del capo gruppo in servizio quella notte. Per quest'ultimo l'ipotesi di reato viene prospettata in via principale nella forma della correità, subordinatamente in quella della complicità”.

I legali degli accusati hanno tempo 10 giorni per chiedere eventuali complementi d’inchiesta. Se non lo faranno, Pagani firmerà gli atti d’accusa, basandosi sul principio giuridico “in dubio pro duriore”, che tradotto dal latino significa “nel dubbio, per l’accusa”.

Insomma, se c’è anche un minimo dubbio che un imputato abbia commesso un reato, bisogna accertare la fondatezza di quel dubbio. Secondo il Tribunale federale, l’abbandono deve avvenire infatti in linea di principio “solo in caso di chiara inapplicabilità della pena o di evidente mancanza di requisiti procedurali”. Non solo: in casi del genere, il Ministero pubblico deve rinviare il dossier a un giudice. Ecco perché Pagani intende mettere i due poliziotti in stato d’accusa di fronte alla Pretura penale.

Ma in che modo i due agenti avrebbero potuto commettere il reato di favoreggiamento? Pur non conoscendo gli atti dell’inchiesta, è ipotizzabile che lo abbiano fatto non sottoponendo Norman Gobbi all’esame del sangue.

Sappiamo che dopo l'incidente stradale avvenuto il 14 novembre dello scorso anno poco dopo la mezzanotte sulla corsia Sud-Nord in zona Stalvedro, il ministro venne sottoposto al test alcolemico.

Sappiamo anche che il primo test, detto “precursore”, riscontrò un livello di alcolemia superiore al consentito, ma sappiamo anche che l’apparecchio non era completamente attendibile. Al momento dell’esame apparve infatti sul display la scritta “calibrazione scaduta”.

Ora, stando a nostre informazioni, la calibrazione degli alcol test va fatta annualmente, ma alcune aziende che li fabbricano raccomandano una verifica semestrale. Alla luce della inattendibilità del test, la polizia ha dunque deciso di sottoporre Gobbi a un secondo test, il cosiddetto “probatorio” che è stato eseguito ad Airolo e ha dato esito negativo: livello alcolemico nella norma.

Nel frattempo, però, erano trascorse oltre due ore dall'incidente (un lasso di tempo sforato di alcuni minuti). E la legge federale stabilisce che, se trascorrono più di due ore tra il momento in cui l'automobilista è al volante e il secondo test occorre sottoporre l’automobilista stesso all’esame del sangue, che accerta in modo preciso il tasso alcolemico anche a ritroso nel tempo.

Stando a quando ha dichiarato oggi al Corriere del Ticino l’avvocatessa Maria Galliani, legale di uno dei due accusati, “la prassi è chiara: se si sfora il test probatorio di qualche minuto, l’incidente viene liquidato e non si procede alla presa del sangue. E così è stato fatto”. Insomma, il presunto favoreggiamento nei confronti del ministro sarebbe ipotizzabile proprio in questa decisione di seguire “la prassi”, evitandogli il prelievo del sangue.

Galliani ha aggiunto che “il reato di favoreggiamento è un reato intenzionale. Ciò significa che chi agisce in questo modo, lo fa con l’intenzione - che però bisogna provare - di sottrarre qualcuno a un atto istruttorio. Non è insomma un atto che si compie per negligenza. E questo lo ribadiremo con forza in aula”.

Da parte sua, il legale di Norman Gobbi, Renzo Galfetti, ha affermato che a questo punto bisognerà capire se il PG Pagani intende profilare il reato nella forma del dolo eventuale o intenzionale.

In diritto, il dolo eventuale è un tipo di dolo (infrazione della legge) in cui il protagonista compie un’azione, che di per sé può essere lecita, accettando che le conseguenze della sua condotta possano configurare un illecito penale. Nel caso, invece, del dolo intenzionale il o gli agenti avrebbero dovuto avere l’intenzione (appunto) di evitare al ministro l’esame del sangue per metterlo al riparo da eventuali guai legati all’alcol.

L’avvocato Galfetti si è detto sorpreso dalla decisione di Pagani di prospettare l'accusa per il reato di favoreggiamento: “Deduco che si tratta di una assai ardita costruzione giuridica di dolo eventuale, ossia dell’ipotesi che gli agenti avrebbero dovuto considerare il rischio di favorire all’insaputa del favorito. Ma ciò mi pare assurdo, avendo tutti gli agenti intervenuti prestato la massima attenzione affinché tutto si svolgesse con rigore e attenzione”.

Ma qui, subentra il principio “in dubio pro duriore” di cui abbiamo parlato: l’abbandono di un procedimento penale deve avvenire in linea di principio “solo in caso di chiara inapplicabilità della pena”. E nel caso specifico Pagani ritiene che il reato possa essere stato in qualche modo commesso. Ma solo un giudice potrà sciogliere questo dubbio. Il caso si gioca, insomma, in una zona grigia, né bianca né nera. E, al di là della sua apparente semplicità, appare giuridicamente complicato.

Tutto il resto, è politica.

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