POLITICA E POTERE
Vannacci a Mendrisio. Tre domande a Piero Marchesi
Il presidente dell'UDC: "Nella forma mi sento diverso dal generale, ma le questioni che solleva sono reali e sentite anche qui"

Piero Marchesi, l'UDC ha sempre fatto un punto fermo della propria azione – in nome della neutralità elvetica – il fatto di non organizzare eventi con partiti o esponenti politici stranieri. Ora la sezione democentrista di Mendrisio ha organizzato un evento con l'eurodeputato leghista Roberto Vannacci, che si terrà in gennaio nel Magnifico Borgo. Una contraddizione? Lei è stato coinvolto come presidente cantonale?
"Come presidente cantonale sono stato informato anticipatamente della volontà della sezione UDC di Mendrisio di organizzare un evento con Roberto Vannacci, parlamentare europeo democraticamente eletto con oltre 500'000 voti preferenziali. Il partito cantonale non è coinvolto nell’organizzazione: è un’iniziativa autonoma della sezione, che ha tutto il diritto di offrire ai ticinesi un’occasione di confronto con un politico che dice apertamente ciò che pensa – un tratto ormai raro, e forse per questo così odiato da certa sinistra.
A proposito: il copione che gli organizzatori avevano immaginato, la sinistra moralista lo sta seguendo alla lettera, con una prevedibilità quasi commovente.
Prima fase: indignazione generale. Seconda fase: richiesta di boicottare l’evento. Terza fase, imminente: pressione sulle Autorità per vietarlo, perché si sa, la libertà di parola vale… finché parla chi piace a loro.
Quarta fase, finale: immancabile manifestazione per “impedire” che l’incontro si svolga.
Talmente scontati che non fanno più nemmeno notizia. Se posso dare un consiglio, un po’ più di creatività nel loro essere illiberali e antidemocratici non guasterebbe.
E mentre loro recitano, la realtà è semplice: nessuno sarà obbligato a partecipare. E infatti, in pochi giorni, si sono già iscritte molte persone. Segno che in Ticino c’è ancora chi non si fa dettare l’agenda dai moralisti professionisti di sinistra".

Cosa pensa delle posizioni radicali di Roberto Vannacci. Cosa condivide e cosa no del pensiero politico del generale?
"Sul piano dello stile, lo dico senza problemi, io sono diverso: preferisco toni più istituzionali e meno provocatori. Ma sulla sostanza, negarlo sarebbe ipocrita: molte delle questioni che Vannacci solleva sono reali e sentite anche qui.
Per esempio, il ruolo della famiglia come pilastro della società: non è una bestemmia, è buon senso. Oppure il fatto che, oggi, alcune – legittime – rivendicazioni delle minoranze si trasformano spesso in strumenti per limitare le libertà della maggioranza. Questo è un tema che interessa moltissimi cittadini, anche in Svizzera, e che non può essere messo a tacere solo perché dà fastidio a chi vuole riscrivere la società dall’alto.
In altre parole: nella forma con Vannacci siamo diversi, ma nella sostanza non trovo affatto scandaloso che qualcuno osi dire ciò che molti pensano e non hanno più il coraggio di esprimere. E poi, lasciamo che sia lui a parlare per sé e a difendersi dalle accuse: siamo in democrazia, non in un salotto dove si può intervenire solo se si usa il vocabolario approvato dalla sinistra moralista.
L’obiettivo è di offrire un momento pubblico dove chi partecipa non necessariamente debba condividere tutto quanto dice. Alcune persone che si sono iscritte hanno già dichiarato di voler partecipare pur condividendo poco o nulla delle sue tesi. Ripeto, siamo in democrazia e l’UDC è sempre stato e sempre sarà per non limitare la libertà di parola".

Non pensa che sia dannoso anche per l'UDC associare il proprio nome a una personalità così controversa e divisiva, che strizza apertamente l'occhiolino al ventennio fascista?
"L’UDC non si associa a nessuno, tanto meno a nostalgie autoritarie che non ci appartengono. La nostra identità è svizzera, democratica e profondamente legata alla Costituzione.
Accusare qualcuno di “strizzare l’occhio al fascismo” è la scorciatoia preferita della sinistra quando non sa più cosa dire. È l’equivalente politico del pulsante “panico”: appena qualcuno non la pensa come loro, lo etichettano. Funziona sempre? No. Fa sorridere? Parecchio.
Pericoloso, invece, è chi vorrebbe decidere chi può parlare e chi deve tacere. Quello sì che è un atteggiamento illiberale. E di solito proviene proprio da chi si autoproclama paladino della democrazia.
L’UDC non ha paura delle idee – nemmeno di quelle che non condivide. Altri, evidentemente, sì. E questo spiega molte delle polemiche degli ultimi giorni. Si ringrazia comunque la sinistra moralista per la pubblicità gratuita".

 

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