"La metafora che usai qualche anno fa oggi è evidente: si governa con il sorriso e con armonia interna, ma i risultati sono disastrosi..."

Piero Marchesi, lei alla Direttiva dell’UDC di martedì sera lei è tornato sul dissesto finanziario del Cantone parlando di “roulette ticinese”. Nel corso della riunione è stato presentato il piano elaborato da Sergio Morisoli che prevede tra risparmi e nuove entrate un miglioramento di mezzo miliardo annuo tra il 2027 e il 2029. Ritiene davvero realistico questo obiettivo, o è puro marketing politico?
"Se fosse marketing politico, avremmo presentato qualcosa di semplice e indolore, non avremmo proposto un piano di azione così chiaro e incisivo. Invece abbiamo scelto di affrontare la realtà: la situazione finanziaria del Cantone è gravissima e ci avviamo verso 600–700 milioni di deficit all’anno. Promettere soluzioni rapide sarebbe prendere in giro i ticinesi. Un risanamento serio richiede almeno quattro anni di interventi concreti, quantificati e inseriti in un piano strategico di medio termine. Non come fa il Consiglio di Stato riproponendo il preventivo dell’anno prima con qualche piccolo esercizio di cosmesi. Il nostro piano, elaborato da Sergio Morisoli e adottato dalla Direttiva e dal Comitato cantonale, indica con chiarezza dove intervenire e quali risultati sono realistici: circa 550 milioni l’anno dal 2027. Oggi in Ticino, a mia conoscenza, non esiste un’altra proposta così strutturata. L’UDC fa ciò che un partito serio dovrebbe fare, anche dall’opposizione: non solo denunciare, ma indicare una via d’uscita. Il Consiglio di Stato potrà valutarla e integrarla, ma almeno ora un piano c’è". (VEDI LE MISURE NELLA FOTO INTERNA ALL'ARTICOLO)
“Se tra 16 mesi saremo in Consiglio di Stato – ha detto anche – questo piano diventerà la nostra bussola per risanare davvero le finanze cantonali”. Pensa che basti davvero l’entrata in Governo di un vostro esponente (presumibilmente lei) per rivoltare il Cantone come un calzino?
"Nessuno da solo può risolvere problemi così complessi. Il punto non è l’ingresso di una persona, ma la necessità di portare finalmente una direzione chiara all’interno del Governo. Il Ticino non soffre solo di problemi finanziari: soffre di una mancanza cronica di visione e coraggio. La metafora del “Mulino Bianco” che usai qualche anno fa oggi è evidente: si governa con il sorriso e con armonia interna, ma i risultati sono disastrosi. La spesa è esplosa, il debito cresce e l’amministrazione è aumentata di 800 persone in cinque anni. Non è una critica personale: sono i numeri. Il Preventivo 2026 propone di non sostituire il 10% dei partenti, cioè 25 persone su 250. È un passo, ma dopo 800 assunzioni in cinque anni quella misura recupererà gli eccessi solo tra 32 anni. È la prova che serve un piano molto più serio e incisivo. Detto questo: se l’UDC avrà responsabilità di governo nel 2027, questo piano sarà la nostra bussola operativa. Non perché lo impone il calendario politico, ma perché il Cantone ha bisogno urgente di un metodo e di una direzione. E noi siamo pronti a metterli a disposizione, auspicando un lavoro comune con tutto il fronte borghese. Il cambiamento non arriva con slogan o con le date. Arriva con decisioni, con coraggio e con la capacità di costruire maggioranze attorno a una visione chiara. L’UDC questa visione ce l’ha, piaccia o meno, e ha la determinazione per tradurla in fatti".
In queste settimane la politica ticinese si sta occupando (anche) del caso Hospita e si profila l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta. Senza entrare nel merito della CPI, non pensa che questa vicenda politica rischi di compromettere ulteriormente la già difficile ricerca di soluzioni condivise sulle emergenze finanziarie?
"Sì, certo che rischia. Ogni volta che scoppia un caso del genere, l’attenzione si sposta dai problemi reali: risanare le finanze cantonali, affrontare la crescita dei costi della sanità, sostenere l’economia e il lavoro. Ed è un peccato, perché oggi servirebbe concentrare tutte le energie proprio lì. La CPI è uno strumento legittimo; sarà il Parlamento a decidere. Ma il punto è un altro: troppi scossoni istituzionali negli ultimi anni hanno minato la fiducia dei cittadini. E senza fiducia diventa difficile costruire soluzioni condivise, anche sui dossier più urgenti. Il Ticino ha bisogno di stabilità, serietà e responsabilità. Noi abbiamo scelto di muoverci in questa direzione: evidenziare in modo chiaro, magari anche duro i problemi e proporre soluzioni concrete. Questo è il momento di rimettere ordine nel Cantone, non di creare ulteriori tensioni".