SECONDO ME
Pietro Martinelli: "Non “ce l’ho su” con i ricchi, ma con quei miliardari che..."
"Chi sostiene che l’inchino fiscale ai più benestanti sia necessario per convincerli a venire in Ticino racconta una favola che trascura alcune importanti controindicazioni"
© Ti-Press / Alessandro Crinari

di Pietro Martinelli*

Non “ce l’ho su” con i ricchi (come potrei), ma piuttosto con quei miliardari che evadono (o anche solo eludono) il fisco. Spesso sono persone abili, ma avide, che inseguono il potere, non solo quello finanziario, ma tutto il potere e che, nei loro sogni, a volte inseguono (si comincia a parlarne) addirittura l’immortalità. Sono persone che non credono al patto sociale dal quale è nato lo Stato di diritto. Vogliono sostituirsi allo Stato impedendogli di perseguire quel “bene comune” che Schumpeter ha definito “il faro che dovrebbe illuminare la politica”.

Il bene comune anche nella nostra realtà cantonale è composto da socialità, lotta alla povertà e all’emarginazione, pari opportunità, sanità, educazione, paesaggio, traffico, giustizia, clima… Ruolo dello Stato al quale i liberali del passato, anche recente, credevano e nel quale assieme ad altri (conservatori, socialisti ecc.), spero credano ancora adesso.

Persone come quelle che, ad esempio, sottoscrissero questa frase contenuta nel Messaggio 2000 dell’11 settembre 1974 del Consiglio di Stato sulla “nuova legge tributaria”: “Tuttavia si avvertono vieppiù difficoltà nell’accertamento tributario, particolarmente per talune categorie di redditi, causate... anche ed avantutto dalle resistenze e riluttanze e sovente dalla mancanza di coscienza civica che si riscontrano in troppi contribuenti, i quali non vogliono vedere nel loro comportamento le caratteristiche di un delitto contro la collettività o, pur ammettendolo, non intendono rinunciare ai propri interessi materiali”.

Quel Messaggio era sottoscritto dal Presidente del Consiglio di Stato e anche responsabile del Dipartimento finanze Ugo Sadis a nome dei colleghi che erano Benito Bernasconi, Fulvio Caccia, Flavio Cotti e Argante Righetti. Non proprio degli estremisti di sinistra, ma solo dei democratici che, appunto, credevano nel ruolo dello Stato, che avevano sani principi morali anche in politica. Per quanto possa essere complesso il rapporto tra politica e morale l’obiettivo di qualsiasi politica deve pur sempre restare il “bene comune”.

Chi sostiene che l’inchino fiscale ai miliardari sia necessario per convincerli a venire in Ticino racconta una favola che trascura alcune importanti controindicazioni.

Primo: malgrado gli sgravi non saremo mai concorrenziali con Cantoni come Zugo o Nidvaldo ecc. che hanno minori costi legati al territorio e che godono gratuitamente dei servizi e delle infrastrutture pagati dai Cantoni urbani vicini (sarebbe come correre con un sacco di 20 kg contro uno vestito da maratoneta). Qui casomai il discorso dovrebbe essere spostato sulla compensazione intercantonale dove invece dell’“uno per tutti” siamo arrivati all’“uno (lo Zugo di turno) contro tutti”.

Secondo: per i ricchi stranieri residenti che non svolgono attività lavorativa è prevista la “tassazione globale” basata sul dispendio e indipendente dal reddito.

Terzo: per gli stranieri che svolgono una attività lucrativa indipendente il grande vantaggio, oltre la lingua se sono italiani, è la disponibilità di lavoratori frontalieri a costi inferiori, a parità di formazione, a quelli in uso in altri Cantoni svizzeri. Frontalieri che ringraziamo perché sono indispensabili per la nostra economia, per la sanità e per la socialità, ma che comportano svantaggi ingiusti nella compensazione intercantonale. La conseguenza è che tutti questi Cantoni ricchi o meno ricchi che siano (Basilea città, Ginevra, Ticino, Neuchâtel, Giura) sono tutti nella parte alta dell’indice di pressione fiscale.

Un’ultima osservazione riguarda la presentazione del decreto: mentre nel Messaggio del Consiglio di Stato il cambiamento era chiaro con la pubblicazione delle due tabelle delle aliquote prima e dopo la riforma e con un grafico che mostrava l’assurdità matematica, prima che politica, della curva delle aliquote il decreto uscito dalla Commissione (opera dell’astuto Pamini?) poi riportato, con errori, nell’opuscolo distribuito agli elettori, è poco chiaro soprattutto per chi ha poca familiarità con il fisco.

Ricordo che lo stesso Pamini qualche mese fa ha messo su Google un testo intitolato: “Riforma fiscale cantonale 2024: Una buona torta sulla quale mettere ora la panna e una ciliegina”.
Attenzione: se la riforma dovesse passare non si fermerà lì.

*già Consigliere di Stato PS

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