SECONDO ME
Gaza, "la Svizzera non ripeta l'errore. Dobbiamo convincere, non punire"
Piero Marchesi: "Solo così la Svizzera potrà davvero dire di aver fatto la sua parte per fermare lo scempio umano che si consuma sotto i nostri occhi, restando fedele al suo ruolo storico di mediatrice e costruttrice di pace"
TIPRESS

*Di Piero Marchesi

Il recente rapporto dell’ONU sostiene che a Gaza saremmo di fronte a un genocidio. Ciò che davvero conta è che siamo dinanzi a una tragedia umana di proporzioni immani, che interpella la coscienza di tutti, al di là delle definizioni. Non posso che esprimere profonda indignazione per l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, un massacro di civili innocenti compiuto da un gruppo di tagliagole che si ispira all’islam radicale e che, come l’ISIS, utilizza la violenza più brutale come arma politica. Israele aveva ed ha tutto il diritto di difendersi da un’organizzazione terroristica che rappresenta una minaccia diretta alla sua esistenza.

Allo stesso tempo, ciò che va condannato con altrettanta forza è la risposta del Governo Netanyahu, che ha trasformato la legittima difesa in una campagna di distruzione sproporzionata e sistematica. Non siamo più di fronte a un’operazione mirata, ma a una strategia che colpisce indiscriminatamente e sistematicamente la popolazione civile palestinese. Per me i morti israeliani del 7 ottobre e i morti palestinesi sotto le bombe hanno la stessa identica importanza: sono vittime innocenti di una spirale di odio e violenza che deve essere fermata. È proprio questa uguaglianza di dignità che ci impone di non chiudere gli occhi né da una parte né dall’altra.

La comunità internazionale, però, continua a rimanere immobile. Gli Stati Uniti, da democratici a repubblicani, restano uniti in un sostegno pressoché incondizionato a Israele, spinti da ragioni politiche, economiche e strategiche profonde. La Germania rimane prigioniera di un senso di colpa storico, mentre altri Paesi, come la Francia, hanno scelto di riconoscere lo Stato di Palestina più per calcolo politico interno che per reale volontà di pace.

E la Svizzera? Non deve cadere nell’errore delle sanzioni simboliche, inefficaci e dannose per la nostra neutralità, come quelle che la sinistra a Berna vorrebbe imporre a Israele, accusando chi non le ha votate di essere “sostenitori del genocidio”. La nostra esperienza recente dovrebbe insegnarci qualcosa: con la guerra in Ucraina abbiamo adottato in modo acritico tutte le sanzioni dell’UE contro la Russia - solo l’UDC si è opposta - sanzioni che si sono rivelate in larga parte inefficaci e addirittura controproducenti. Il risultato è stato che Mosca ci ha definiti “Paese ostile” e ci ha esclusi da qualsiasi possibilità di svolgere un ruolo di mediazione. È l’esempio concreto di come, scegliendo la via punitiva per ragioni prettamente morali, abbiamo perso credibilità e capacità di influenza.

Se vogliamo, e speriamo presto, essere considerati ancora un partner affidabile per la promozione della pace, dobbiamo evitare di ripetere lo stesso errore. La forza della Svizzera non è quella di punire, ma di convincere. È la nostra neutralità a darci valore aggiunto: essa ci permette di essere piattaforma di dialogo, interlocutore credibile, voce rispettata anche quando gli altri restano prigionieri delle loro alleanze.

La Svizzera deve usare questa voce diplomatica per spingere le grandi potenze – Stati Uniti in primis – ad assumersi le loro responsabilità. Deve operare in seno alle Nazioni Unite e nelle organizzazioni internazionali per imporre un cessate il fuoco, garantire l’accesso agli aiuti umanitari e ricreare le condizioni minime per un processo di pace vero. Serve però chiarezza: una Palestina guidata da Hamas non è possibile, perché organizzazione terroristica e perché chi usa i bambini come scudi umani non può avere legittimità politica. Ma, visto quanto sta accadendo nella striscia di Gaza, nemmeno un Israele guidato da Netanyahu può essere un partner credibile per la pace. Occorre lavorare per una nuova prospettiva, fondata su leader capaci di guardare oltre la vendetta e l’odio.

Solo così la Svizzera potrà davvero dire di aver fatto la sua parte per fermare lo scempio umano che si consuma sotto i nostri occhi, restando fedele al suo ruolo storico di mediatrice e costruttrice di pace. Non certo approvando mozioni inutili, buone solo a illudersi di essere i salvatori dei popoli, quando in realtà servono unicamente a farsi propaganda politica e a tagliare la Svizzera fuori dal suo vero compito: promuovere la pace.

*Consigliere nazionale UDC

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